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ARMAGEDDON TIME – IL TEMPO DELL’APOCALISSE – LA NOSTRA RECENSIONE! (2023)

Presentato in anteprima alla 75esima edizione del festival di Cannes, ecco qui la nostra recensione del film “Armageddon Time“.

Diretto dall’acclamato regista americano, James Gray, “Armageddon Time” è un coming of age che va a distruggere l’ideale del sogno americano, della famiglia bianca perfetta e di come il razzismo negli anni 80 (pre-Regan) fosse un problema abbastanza persistente in quella società. Il film più personale per il regista e dopo l’insucesso del bellissimo “Ad Astra“ne aveva altamente bisogno. Come detto in precedenza il film oltre a distruggere il mito del sogno americano fa degli acceni sul razzismo che non sono sempre ottimi ma neanche sterili.

Chi ci segue sa già che la recensione di Armageddon Time sarà divisa in diverse categorie: ma attenzione, questa volta c’è un aggiunta! Infatti ho deciso di aggiungere per chi vuole un approfondimento sul cinema di James Gray, ma tranquilli che la parte no-spoiler, la parte dedicata ai personaggi e al cast, aspetto tecnico e l’opinione finale con voto rimarranno invariati.

Armageddon Time
Armageddon Time

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Recensione No-Spoiler

Siamo alla Public School 173 nel Queens, New York, ai nostri banchi nella classe del signor Turkeltaub. È il 1980 – forse anche voi avete l’età per ricordarlo – e due ragazzi stanno per finire nei guai, uno per aver parlato male durante l’appello e l’altro per aver fatto un disegno dell’insegnante (Andrew Polk) con il corpo di un tacchino. Sembra che se ti chiamavi Turkeltaub e insegnavi in prima media potevi essere in grado di accettare lo scherzo, ma d’altra parte, forse non essere in grado di accettare lo scherzo è il motivo per cui insegni in prima media.

Si tratta di un uomo, dopo tutto, il cui lavoro gli impone di pronunciare le parole “la palestra è un privilegio, gente” con una faccia seria. Armageddon Time non riguarda il signor Turkeltaub, anche se il suo disprezzo per i suoi studenti contribuisce a dare impulso alla trama. Non riguarda nemmeno la lezione di ginnastica, ma parla – in modo astuto, scomodo e alla fine tragico – di privilegi.

Le scene di famiglia, fatte di battute e amore soffocante, sono fantastiche. Anne Hathaway è una madre esaurita il cui status nell’associazione scolastica non è esattamente il gioco di potere che Paul crede che sia; Anthony Hopkins trasmette una saggezza scintillante come un nonno molto amato; Jeremy Strong è il padre disciplinatore con un temperamento da colpo di frusta. Il dramma preadolescenziale è amplificato da scelte musicali robuste e abbastanza ovvie, ma più interessante è il sound design: la città è dappertutto, brontolante e conflittuale, il suono di una miccia corta che si consuma. Un breve e infeltrito momento di silenzio permette alla potente battuta finale di Hopkins di colpire come un pugno.

Ogni film di Gray ha il potere di smuovere un nucleo di emozioni sepolte, di far venire a galla qualcosa che vorremmo tenere segreto, al riparo dallo sguardo degli altri, persino dalla nostra effettiva comprensione. Qualcosa che riguarda l’inettitudine di dare espressione e rendere realtà il flusso dei desideri e delle aspirazioni. La difficile necessità di scendere a patti con i limiti e le mancanze. Quelle ferite del nostro io più profondo che si aprono a ogni rinuncia e compromesso, tutte le volte che siamo costretti a misurare la distanza da un modello ideale o immaginario, che siamo presi nel groviglio conflittuale dei rapporti più intimi. Tutto ciò che vorremmo rimuovere e dimenticare.

Il film racconta un sacco di cose, ma soprattutto indaga l’educazione razziale” di un adolescente ebreo. Gray, lavorando sulla base di un evidente materiale autobiografico, capisce quello che Paul non aveva compreso. Sa come andranno a finire le cose quando Johnny perde la casa in cui vive e Paul, che vuole semplicemente aiutarlo da amico, lo accoglie nel capanno dietro casa sua senza dirlo ai genitori. E sa cosa succederà quando Paul viene mandato in una scuola privata composta da soli bianchi e da genitori che ovviamente non si definirebbero mai razzisti.

Voto: 8/10

Armageddon Time
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James Gray – Un focus sulla sua filmografia

Dalle stelle di “Ad Astra, con Armageddon Time  James Gray torna sui suoi passi e si depura dalle scorie accumulate da una produzione troppo impegnativa per le sue abitudini di autore appartato (I padroni della notte, Two lovers), cimentandosi con un’opera dalla dichiarata impronta autobiografica (già i connotati di Banks Repeta fanno – senza alcuna ombra di dubbio – pensare direttamente a lui).

Con Armageddon Time, distende, dipinge e spande un mosaico/magistero empatico e denso di richiami strettamente personali, tra parole (dai vari racconti emergono chiari riferimenti ad altri suoi film, in primis a Little Odessa e a C’era una volta a New York) e fatti che configurano un sostanzioso portfolio di esperienze.

Un romanzo di formazione che, diramandosi dall’innocenza di un bambino, è esente da qualunque tipo di artificio, di format classicheggiante, contraddistinto da cromatismi autunnali che vanno – felicemente – in controtendenza con il sentiment attualmente in voga.

Così, attiva le capsule del tempo e scucchiaia una sequela di aneddoti personali, con un pregevole ricorso all’arte oratoria che cuce, puntella e rammenda, con la stella polare assegnata alla sincerità, perseguita con nobile integrità, allineando un ragguardevole quantitativo di fattori dirimenti (addii dolorosi, scelte imposte) e altri secondari, delle toccate & fughe che lasciano – anche se in brevi assaggi – un evidente segno del loro passaggio.   

Armageddon Time
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Personaggi e Cast

Una delle parti fondamentali di Armageddon Time sono i personaggi, caratterizzati da un cast strepitoso; Banks Repeta molto bravo a creare quello che all’apparenza può sembrare un personaggio odioso ma invece è solamente un bambino che sta provando a capire cosa vuol dire diventare grandi in un mondo dove non verrà mai accettato realmente. L’interpretazione più memorabile all’interno della pellicola è quella di Anthony Hopkins, un uomo che ha sofferto sempre ma vuole essere un amorevole punto di riferimento morale.

Altra perfomance memorabile è quella di Jaylin Webb, in un ruolo che è stato criticato per essere troppo menscevico rispetto agli altri: una critica che ha il suo fondamento, ma che non toglie nulla alla profondità del personaggio (e del suo interprete). Il fatto puro e semplice – e anche per certi versi scomodo – è che, in quanto uno nero e l’altro ebreo, né Johnny Paul sono abbastanza bianchi, abbastanza privilegiati. Ed entrambi sentono tutto questo. Uno però ha la possibilità di fare qualcosa per riscattarsi; l’altro resta un danno collaterale del sistema.

Armageddon Time
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Aspetto Tecnico

Non mi perderò molto in questa sezione perché Gray come sempre crea dei film tecnicamente memorabili, un mestierante che sa sempre che tipo di messa in scena usare senza mai sbavare troppo. Un prospetto estremamente coeso, reso ancor più palese e pertinente dalla fotografia fluida, linda e asciutta di Darius Khondji (Seven, Delicatessen), un involucro raffinato in perfetta armonia con una scrittura euclidea, due assi portanti che rendono tutto il resto più facile, peraltro ulteriormente avvalorato dal contributo artistico fornito dalle interpretazioni. La colonna sonora non memorabile, ma attinente a tutte le situazioni soprattutto quando davanti alla telecamera c’è Anthony Hopkins dove la drammaticità arriva ai massimi livelli.

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Opinione finale con voto

Per la prima volta nella filmografia di Gray emergono i riferimenti a un “cinema dei padri, come quei continui rimandi a “I 400 colpi“, che funziona da specie di filtro immaginario al libero flusso dei ricordi personali. Ma non c’è, comunque, un’inquadratura che non abbia una sua importanza di forma e di senso, in cui non emergano tutte le stratificazioni di un pensiero e di una visione.

È solo il meraviglioso punto di congiunzione tra la semplicità e la densità. Dove la rabbia svanisce. Ma resta un senso dolente di frustrazione. Senza voler attribuire colpe a questo o a quello (perfino il padre, con le sue piccolissime ambizioni da borghese viene in qualche modo assolto) ma piuttosto per capire come una certa America ha voltato le spalle a se stessa. Proprio come fa Paul che impara a “dimenticare” anche l’amico Johnny.

Voto: 8/10

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Cosa ne pensate? Vedrete Armageddon Time?

Cliff

Amante della settima arte, cinefilo in tutto e per tutto ma sempre disposto a conoscere cose nuove. Amo particolarmente il cinema di James Gray e ascolto Taylor Swift, i cinecomic Marvel sono la mia kryptonite 👀

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