Beetlejuice Beetlejuice – La Nostra Recensione! (2024)
“Beetlejuice Beetlejuice” è un film horror/comedy del 2024, sequel del famosissimo “Beetlejuice – Spiritello Porcello” del 1988 di Tim Burton, che torna alla regia. In questo sequel, tre generazioni della famiglia Deetz tornano a Winter River dopo una tragedia che colpisce la famiglia, quando chiamano lo spirito pervertito inizierà per tutti un’avventura esilarante e assurda! Noi di Nerd Al Quadrato l’abbiamo visto e siamo qui per dirvi la nostra!
La recensione di “Bettlejuice Beetlejuice” è divisa in due parti: una prima parte no-spoiler, con una recensione ed un parere generale sul film; seguita da una recensione spoiler, con analisi della conclusione e pensieri finali sul film.

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Recensione No-Spoiler di “Beetlejuice Beetlejuice”
Divertente, volgare, stupido, visivamente incredibile e onirico. Questi sono i primi aggettivi che vengono alla mente pensando al sequel del famosissimo film “Beetlejuice – Spiritello Porcello”, se qualcuno è in dubbio sul recuperarlo, farà meglio a cambiare idea il prima possibile.
Un sequel che rispetta il primo capitolo, ne incarna tutto l’amore e racchiude tutto il bizzarro e l’ambiguo tipico dei prodotti di Burton.
Il cast originale ritorna ed è quasi tutto una punta di diamante, ancora più bravo e nei personaggi che nel precedente.
Le new entry, tra stelle famose e nuove leve, arricchisce il comparto attoriale con alta qualità, seppur non sempre perfetto, ma che tutto sommato risulta gradevole e resta quasi tutto impresso nella testa e nel cuore degli spettatori, anche per chi ha solo pochi minuti in scena.
Regia, musiche e fotografia sono di altissimo livello, questo film non supererà completamente il precedente, soprattutto per un finale fin troppo affrettato, ma riesce comunque a rientrare tra i sequel che riescono a non rovinare un personaggio diventato un cult.
Voto: 9/10

Recensione Spoiler di “Beetlejuice Beetlejuice”
Il film risulta nel compito difficile di creare un sequel all’altezza della pellicola originale, obiettivo reso ancora più arduo dagli anni passati tra i due capitoli. La sensazione che si percepisce, però, è che non siano passati tutti questi anni, se non fosse per l’evidenza sui volti degli attori, si potrebbe dire che siano usciti a distanza di pochissimo tempo.
La vecchia leva risulta incredibilmente fresca e perfettamente a loro agio nei ruoli che riprendono, tranne magari per la Ryder che dipinge una Lydia praticamente opposta a quella del primo film.
Se nel precedente capitolo sembrava una ragazza sveglia, spigliata e con un forte carattere nonostante la grande depressione che l’attanagliava.
In questo sequel sembra una parodia di sé stessa, non riuscendo a sostenere lo stress che le porta la capacità di vedere i morti arriva ad essere terrorizzata nel vederli.
È comprensibile il terrore di rivedere palesarsi Beetlejuice, ma risulta poco credibile spaventarsi per l’essere perseguitata dagli spiriti, anche se può risultare stressante una vita con una capacità del genere, considerando che dovrebbe essere cresciuta tra loro, è poco credibile la paura che esprime.
Tutt’altro discorso è da farsi con Catherine O’Hara, la madre di Lydia, che risulta particolarmente nel personaggio ancor più di come viene mostrata nel primo film.
È incredibilmente irritante e riesce a pensare solo a sé stessa risultando eccentrica ed egoista allo stesso tempo, regalando siparietti comici che funzionano e momenti cui desideri che sparisca dalla tua vista; quindi, è ottima nella sua interpretazione!
Menzione di nota è il suo rapporto con il nuovo compagno della figliastra, Richard, per il quale prova un palese disgusto e lo ripudia come membro della famiglia.
Basti pensare al siparietto comico di quando la O’Hara cerca di “recuperare l’urlo primordiale” per la celebrazione del lutto del marito, quando improvvisamente arriva l’uomo che fa per avvicinarsi per consolarla e lei di tutta risposta lancia dei gridolini allontanandosi inorridita, come se le si fosse avvicinato un ratto!
Sono rimasto leggermente dispiaciuto per l’assenza del padre della Ryder, ho trovato sicuramente molto divertente ed interessante l’idea di raccontare attraverso una sequenza in stop-motion gli avvenimenti che hanno portato alla sua morte.
Consapevole della passione di Burton per questa tecnica, non mi stupisco che abbia cercato di inserirla il più possibile e, oltre a regalare un effetto sorpresa gradevole (in quanto lo stacco nella scena non è per niente anticipato) risulta funzionale per accompagnare il racconto superficiale e sconclusionato della morte dell’uomo narrato dalla O’Hara.
Un grande plauso va anche a tutta la scenografia che, dall’inizio alla fine, quando si tratta dei paesaggi dell’aldilà, risultano incredibilmente onirici e con richiami a stilemi classici del cinema.
Basti ricordare il famoso corridoio della sala di accettazione nell’aldilà che, esattamente come nel primo film, ricorda il cinema espressionista tedesco con tutte geometrie distorte, disorientanti, con colori freddi ed inquietanti.
Altra scena incredibilmente onirica è il deserto che ritorna anche stavolta, che ricorda a metà le ambientazioni di “Dune” e un quadro di Salvador Dalì, con il verme che è un chiaro riferimento a quelli proprio dei film di Villeneuve, in questo più che nel precedente con la terra che trema al suo arrivo.
Una nuova ambientazione che non stanca e non stona per niente è decisamente il Soul Train, gioco di parole tra un treno di anime destinate all’oblio e il fatto che nel treno e nella banchina si ballano sempre ed unicamente canzoni soul classiche.
Una scena bizzarra quanto divertente che, incredibilmente, non stanca o dà noia nonostante pare sia uscita direttamente da un musical.

Ma passiamo al pezzo da novanta: Micheal Keaton nei panni di Beetlejuice sembra che ci sia nato; avendo rivisto poco prima del sequel la pellicola originale, la sensazione risulta come se l’attore non fosse mai uscito dal ruolo in tutti questi anni, ancora una volta anche in questo caso, sembra che l’attesa sia stato di un lasso di tempo ridicolmente piccolo.
Anche se è stato affermato che il personaggio avesse un minutaggio molto ridotto nella pellicola, così come è stato nella precedente, la sua mancanza non si avverte e, anzi, sembra quasi che sia presente dall’inizio alla fine. La sensazione che ci sia “poco” Beetlejuice non viene mai percepita e riesce a far divertire ogni singola volta che è su schermo, rubando completamente la scena.
Rinforzato anche dalla tenera e bizzarra spalla “Bob” probabilmente l’uomo con la testa rinsecchita accanto a cui si siede al termine del primo capitolo.
In qualche modo, seppur bizzarri, questi uomini dalla testa rimpicciolita riescono a far breccia nel cuore e sono sicuro che tutto il pubblico è d’accordo sul fatto che si arriva ad amare così tanto un personaggio come Bob, anche se non proferisce parola, che rimaniamo tutti distrutti dalla sua morte.
È incredibile come risulti così realistico un personaggio del genere e così espressivo pur non avendo alcuna espressione! Anche il solo tremare e sudare dal terrore lo rende molto più espressivo della Bellucci e fa divertire con il minimo sforzo. Ancora una volta, quindi, lode agli effetti speciali.
Inutile, direi, lodare l’interpretazione di Willem Dafoe, in quanto non ho ancora trovato un ruolo in cui non eccelle e ne massimizza la caratterizzazione.
Il suo personaggio, un detective che, in realtà, è un attore bloccato nel ruolo di ispettore nel momento della morte e che, quindi, è a metà tra investigatore professionista e macchietta, è decisamente ben riuscito, considerando soprattutto che è un personaggio decisamente lontano dalle recenti interpretazioni di Dafoe.
Pur avendo un minutaggio veramente ridotto e risicato, la bravura dell’attore permette di far sì che il suo personaggio rimanga ben impresso nonostante tutto.

Uno dei più grandi colpi di scena, lo abbiamo praticamente a inizio film: l’inserviente zombie che beve il sangue, interpretato da Danny De Vito, è sicuramente una sorpresa deliziosa e divertentissima.
È vero che è una comparsata molto veloce, però è comunque d’effetto e fa ancora molto ridere solo a pensarci!
Bisogna, infine, fare un gran giro di applausi per il genio di Tim Burton: consapevole, infatti, delle scarse doti disponibili della compagna, Monica Bellucci, riesce intuitivamente a sfruttare i suoi punti di forza (l’intramontabile fascino) per renderla una perfetta femme fatale che a tratti ricorda Morticia Addams.
Peccato che debba per forza di cose parlare almeno una volta, fortuna che le sue battute sono ridotte all’osso!
Passiamo alle noti dolenti: ho apprezzato, nonostante non sia un suo grande fan, l’interpretazione di Jenna Ortega, che qui riesce ad essere sufficientemente brava nel caratterizzare la figlia di Lydia, ereditandone in parte la sfacciataggine e l’essere critica, caratteristiche della madre nel primo capitolo.
La ragazza riesce benissimo a coinvolgere e risulta simpatica quando mostra fastidio e apatia nei confronti di Richard, soprattutto quando soffre per la visione imbarazzante dell’uomo che propone a sua madre di sposarla nel bel mezzo del funerale del nonno!
Ora vi starete chiedendo perché, allora, l’ho inserita come primo punto della parte negativa, perché comunque non risulta sempre efficace.
In alcuni momenti, vedi lo scontro verbale con la madre circa il fatto che quest’ultima non riesce a vedere suo padre morto nonostante il suo potere è vedere TUTTI i morti indistintamente, la sua interpretazione non sembra completamente convincente risultando molto inespressiva e stonando, in questo caso, con il lavoro di doppiaggio che si sforza più del necessario per caratterizzarla un minimo.
Così come anche per la scena della risoluzione finale, in cui la Ortega chiede scusa alla madre riconciliandosi.
Seppur mostrandosi in lacrime risulta sempre “piatta” a livello di espressività facciale, sembra soltanto che le abbiano messo la soluzione salina negli occhi per farla lacrimare e subito dopo si sia girata per fare quel take in fretta e furia.

Bisogna dire che l’attore che interpreta il ragazzo morto, Jeremy, è incredibilmente bravo e, in opposizione alla sua collega, decisamente espressivo.
Purtroppo, in questo caso, c’è da dire che di negativo non si ha nulla da attribuire alla sua interpretazione ma alla gestione del personaggio: ho trovato incredibilmente telefonato il fatto che lui era un fantasma.
È una coincidenza troppo grande l’incontro tra i due, poco tempo dopo che la Ortega parla con la madre circa il momento in cui dovrebbe iniziare a vedere gli spiriti, e soprattutto è incredibilmente perfetto il tempismo con il quale lui si affaccia dalla casetta esattamente dopo che lei ha sbattuto la testa.
Avrebbe potuto affacciarsi mentre lei urlava cercando di riprendere il controllo della bici oppure quando gli ha distrutto la staccionata, giustificando il risveglio della sua capacità dietro ad un momento di forte stress piuttosto che ad un trauma cranico, che sicuramente ha subito ma che non viene mai curato.
Bisogna, però, riconoscere che questa piccola pecca si può perdonare a Burton, perché il colpo di scena più grande ha comunque fatto il suo effetto.
Anche se di certo la non comparsa immediata dei genitori, legata al fatto che Jeremy afferma che gli stessi non si accorgerebbero mai del trambusto creato, considerando l’universo narrativo di cui stiamo parlando, rende quasi ovvio pensare subito al fatto che anche loro sono morti.
Al netto di questo, però, sicuramente gli spettatori sono colti di sorpresa scoprendo che il ragazzino sia in realtà un brutale assassino che ha ucciso, anche in modo molto violento, i genitori.
Proprio perché, come già detto, l’attore interpreta magistralmente il ruolo di ragazzo solare, sorridente che accoglie piacevolmente la bizzarria della Ortega, sembra quasi perfetto, ma siamo abituati a personaggi del genere in film in cui si vuole inserire la componente teen a tinte romantiche.
Quel che più mi ha infastidito e che, quindi, ha rovinato l’esperienza del film, è sicuramente la risoluzione finale.
Riconosco che bisogna rimediare al problema Bellucci, ma non accetto nemmeno che l’intero film si costruisce sulla caccia all’uomo perpretata da Delores, dipinta come brutale e pericolosa, che fa una strage ovunque vada pur di raggiungere Beetlejuice, per poi concludersi così.
Poco più di 2 ore di film montate anche su questa trama, per arrivare ad un breve scambio di battute comico e ad un serprente del deserto che la divora insieme a quell’inutile Richard pochi minuti dopo che appare in chiesa. Questo uccide decisamente il pathos di quel che sarebbe dovuto essere uno scontro finale.
Si poteva perlomeno pensare di mettere in leggero pericolo il personaggio di Keaton prima di riuscire a distrarla e colpirla come poi viene mostrato.
Cosa ancora più irritante è che solo in questo momento, la Ryder ricorda il carattere che il suo personaggio aveva nel primo film, giusto in tempo per limitarsi a cacciare lo spirito e quindi arrivare ad un lieto fine.

Analisi del finale di “Beetlejuice Beetlejuice”
Devo dire che quel che sembrava il vero finale lo stavo decisamente detestando, non apprezzavo tantissimo l’idea di vedere il proseguire così velocemente la vita di Lydia con la figlia, nonostante apprezzavo il punto per il quale la Ryder abbandona la “morte” per godersi meglio la “vita”.
Fortunatamente era tutto falso e quindi possiamo perdonare questa piega che si stava prendendo, anche solo per l’apparizione di baby Beetlejuice al momento del disturbante parto.
La vera conclusione mi ha un po’ confuso: significa che Beetlejuice è ancora nei paraggi e continua a tormentare la Ryder? Avremo un terzo capitolo a breve invece di aspettare altri 30 anni? Burton ha ammesso che con il secondo la questione è chiusa, il che lo apprezzerei; quindi, quella scena è solo un siparietto comico ed una sorta di presa in giro? Mi andrebbe anche bene, in tal caso.

Opinione finale con voto
In conclusione, questo “Beetlejuice Beetlejuice” riesce in un’impresa piuttosto delicata: essere un sequel che funziona bene tanto quanto il primo capitolo, non risultando ripetitivo, ripresentando dopo decenni vecchi personaggi che non sono invecchiati per niente.
Introducendo, inoltre, nuovi personaggi che, in qualche modo, possono essere tutti apprezzati per un motivo o un altro.
Come già detto, è un peccato che ci sia un finale così tanto superficiale e frettoloso, ma è comunque divertente e intrattiene molto bene.
Gli effetti speciali, come promesso da Burton e Keaton, sono principalmente pratici con un ricco uso della stop motion così come fu per il primo e il risultato è incantevole.
Dal racconto della morte del padre di Lydia fino al verme del deserto finale, passando per Bob e le vittime della Bellucci, tutte scene visivamente eccezionali che dimostrano che gli effetti pratici non sono superati e possono dimostrare ancora tanta forza.
Gli unici effetti probabilmente in computer grafica o con tecnica mista, sono comunque ben realizzati e non stonano con l’intera messa in scena, basti pensare alla gigantesca e disgustosa cascata sulla torta nunziale sul finale o la sequenza della Bellucci che si ricompone pezzo per pezzo lentamente.
Quindi, per chiudere, è sicuramente un film che vale la pena vedere, soprattutto al cinema per tutta la sua affascinante e particolare estetica che richiama molto lo stile classico di Burton.
Voto: 9/10

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