Companion – La nostra recensione del nuovo film con Jack Quaid e Sophie Tatcher! (2025)
“Companion” è film fantascientifico/thriller del 2025 scritto e diretto da Drew Hancock. La storia segue i fidanzati Josh (Jack Quaid) e Iris (Sophie Tatcher) mentre trascorrono un weekend fuoriporta con amici, che ben presto si trasforma in una tragedia. Noi di Nerd Al Quadrato l’abbiamo visto e siamo qui per dirvi la nostra!
La recensione di “Companion” sarà strutturata in queste parti: recensione no-spoiler (per chi vuole un primo parere sul film, ma non l’ha ancora visto), recensione spoiler, analisi del finale e concludendo con l’opinione finale riassuntiva.

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Recensione No-Spoiler di “Companion“
“Companion” sfrutta l’elemento thriller/comedy ed il tema dell’intelligenza artificiale per raccontare qualcosa di più profondo, senza limitarsi a proporre una semplice versione aggiornata di “M3GAN“, in cui un robot senza sentimenti rappresenta la minaccia. Al contrario, il film utilizza la figura dell’IA per mettere in evidenza e sensibilizzare sul tema dell’oggettificazione delle donne. Parallelamente, mostra come chiunque sia in grado di sfruttare il prossimo e ridurlo a semplice oggetto, indipendentemente dal genere, per perseguire i propri scopi.
Si tratta di un film indubbiamente interessante, che sperimenta e gioca con elementi già esplorati in precedenza (ad esempio: il robot come nemico ed una black comedy violenta e leggermente sanguinolenta). Tuttavia, “Companion” mescola le carte in tavola: ribalta il punto di vista dello spettatore e ignora le etichette tradizionali attribuite ai personaggi di una storia del genere.
Un film che rischia, però, di perdere la sua capacità di saper coinvolgere a causa di una campagna di marketing completamente sbagliata, aspetto che verrà approfondito nella parte spoiler.
Voto: 7/10

Recensione Spoiler di “Companion“
Ricollegandoci a quanto detto sopra, il principale danno che il film subisce provenie dal trailer. Questo è stato montato in modo perfetto per suscitare curiosità e spingere il pubblico a vedere “Companion“. Tuttavia, chi lo ha guardato ha scoperto poi, con disappunto, che esso svelava gran parte della trama, compresi i colpi di scena più importanti, compromettendo così l’intera esperienza.
Primo esempio lampante è l’idea di rivelare, già nella pubblicità, che la protagonista fosse un robot. Sebbene questa informazione venga chiarita nei primi minuti del film, chi ha visto il trailer si è di fatto rovinato un colpo di scena. Anche se nel terzo atto la svolta poteva risultare prevedibile, parte del pubblico sapeva esattamente come si sarebbe conclusa la storia: il robot sarebbe sopravvissuto, avrebbe ucciso il fidanzato, risultando come vincitore della vicenda. Questo, purtroppo, corrisponde all’ultima scena del film, prima del “lieto fine” per il robot assassino.
Di conseguenza, la campagna di marketing ha finito per compromettere l’effetto sorpresa e l’impatto della storia. Alla prima visione della pubblicità si può sottovalutare l’importanza di queste scene, ma seguendo la vicenda, diventa chiaro che sono eventi cruciali per il coinvolgimento del pubblico. Il risultato è che il film perde gran parte della sua tensione narrativa.

A livello tecnico e registico, “Companion” si presenta come un’opera semplice e poco ricercata, priva di soluzioni visive particolarmente elaborate. Tuttavia, questa essenzialità si rivela funzionale alla storia, che oscilla perfettamente tra commedia grottesca e un thriller leggermente aggressivo; includendo scene di violenza ben dosate, che contribuiscono a mantenere alta l’attenzione dello spettatore.
Al netto della campagna di marketing, si tratta di un film estremamente godibile. Anche dal punto di vista attoriale, il cast è perfettamente in parte, a cominciare da Jack Quaid, già noto al grande pubblico per “The Boys”.
Qui riesce ad interpretare magistralmente un personaggio inizialmente goffo e apparentemente dal cuore gentile, che si trasforma gradualmente in uno degli individui più spregevoli e insopportabili della storia, pur mantenendo un’aura di “personaggio sfigato e vulnerabile”. La sua esperienza nella famosa serie potrebbe averlo aiutato a costruire questo ruolo, dato che nelle prime stagioni interpreta un personaggio per certi versi simile.
Anche Sophie Thatcher offre una grande prova nel ruolo del companion, la ragazza robot concepita come compagna emotiva e anche come sfogo carnale. L’attrice riesce a calarsi perfettamente nel personaggio, adattando in modo impeccabile il suo atteggiamento, quasi fosse davvero un automa.

Tuttavia, alcune sbavature sono presenti a livello di sceneggiatura. Le incongruenze logiche del film rappresentano uno dei suoi punti più deboli e, sebbene alcune possano essere accettate per esigenze narrative, altre risultano difficili da ignorare.
Uno degli esempi più evidenti riguarda la scena in cui la protagonista riesce a studiare l’iPad che la controlla e a sbloccare completamente la sua intelligenza. Questo elemento richiama in qualche modo il film “Lucy” con Scarlett Johansson, in cui il personaggio principale sblocca il pieno potenziale del cervello umano.
Tuttavia, in “Companion”, questa svolta è sfruttata in modo molto meno efficace: la protagonista avrebbe potuto utilizzare le sue nuove capacità per studiare a fondo il dispositivo potenziarsi strategicamente (aumentando la propria forza, o riducendo l’intensità dei sentimenti per il suo compagno, sviluppando una strategia di fuga più elaborata). Se il film avesse esplorato meglio questa possibilità, però, avrebbe rischiato di diventare un cortometraggio di 40 minuti, ma comunque più coerente e soddisfacente dal punto di vista logico.
Un’altra grande incongruenza riguarda l’altro companion: inizialmente, viene stabilito che un reset di fabbrica, attivabile toccando la parte posteriore dell’orecchio, cancella tutti i dati acquisiti fino a quel momento. Tuttavia, successivamente il robot dimostra di ricordare perfettamente la sua relazione passata con il ragazzo che è stato ucciso, rendendo inutile il reset che dovrebbe aver sovrascritto questi ricordi. Questo va in netto contrasto con le regole stabilite dal film stesso.
La scena finale, in particolare, presenta diverse incongruenze che mettono a dura prova la sospensione dell’incredulità. Quando la protagonista è finalmente libera, invece di scappare e garantire la propria sopravvivenza, si sente spinta da un impulso a tornare dal suo ex proprietario per affrontarlo faccia a faccia. Questo comportamento appare illogico, dato che il suo obiettivo primario dovrebbe essere la fuga. Ancora più problematica è la sequenza in cui tenta inutilmente di sparargli ma bloccata dai sentimenti, salvo poi ucciderlo poco dopo utilizzando un apribottiglie automatico.

Questo porta a diverse domande: stava solo fingendo di non riuscire a sparare, lasciando che il compagno continuasse ad attaccarla? Oppure qualcosa si è danneggiato durante lo scontro, disattivando il blocco che le impediva di attaccarlo? Se quest’ultima ipotesi fosse vera, sorgerebbe un ulteriore problema di coerenza, dato che il film stabilisce che i dati di controllo e memorizzazione risiedono nell’addome, mentre il compagno l’ha colpita solo alla testa.
L’incoerenza finale più grande riguarda la scena in cui il companion di Sophie Thatcher prova ad attaccare l’altro automa con un taser, ma quest’ultimo le fa notare che, avendo subito un reset di fabbrica, non può più attaccare come prima. Questo contrasta con il fatto che la protagonista risulti ancora autonoma e cosciente, ricordando tutto ciò che è successo, ignorando ancora una volta del regole del reset.
Un’altra domanda sorge a questo punto: se la protagonista ha richiesto e ottenuto il controllo e l’autonomia totale, perché non è stata in grado di attaccare il suo compagno fin dall’inizio? Se il controllo totale non include la rimozione delle limitazioni imposte dal proprietario, allora che tipo di autonomia ha ottenuto? Questa è forse la più grande contraddizione del film, che lascia lo spettatore con più domande che risposte.

Analisi del finale di “Companion”
Il finale sembra voler offrire una sorta di lieto fine grottesco e bizzarro, fidele al ribaltamento della prospettiva su chi sia realmente il “cattivo” della storia. Se da un lato il robot dovrebbe rappresentare l’antagonista, il piano orchestrato dai protagonisti umani è effettivamente tanto meschino e manipolatore da rendere loro (o meglio Josh) il vero cattivo, in opposizione con Iris che cerca semplicemente di sopravvivere e difendersi.
Inoltre, la scena in cui l’automa saluta un suo pari può essere interpretato in due modi: da un lato, come una conclusione volutamente ironica e leggera, che si adatta al tono grottesco della pellicola; dall’altro, come un tentativo della protagonista di risvegliare l’altro robot, mostrandogli la realtà dei fatti. Tuttavia, questa seconda interpretazione sarebbe illogica: i companion, infatti, non sono consapevoli della loro natura artificiale e non possiedono una coscienza autonoma nel senso umano del termine. Di conseguenza, mostrare la propria mano meccanica all’altro automa non avrebbe l’effetto di “aprirgli gli occhi” sulla sua condizione, ma al massimo genererebbe in lui solo confusione.

Opinione finale con voto
In conclusione, nonostante alcuni passi falsi nello sviluppo della trama, “Companion” si rivela un film godibile e ben riuscito, capace di intrattenere in modo efficace. Uno dei suoi punti di forza è il contrasto visivo tra i colori pastello e le tonalità chiare e accese, in opposizione alla violenza e la crudeltà mostrate, non solo dall’automa, ma anche dagli stessi protagonisti umani. Questo contrasto cromatico amplifica l’effetto straniante della storia e contribuisce a creare un’atmosfera particolare.
Dal punto di vista comico, il film riesce a strappare almeno un paio di risate grazie alla sua ironia grottesca e assurda. Pur con le sue incongruenze, è sicuramente un titolo che merita di essere visto, capace di intrattenere anche in un’eventuale seconda visione. Purtroppo, come già detto, il suo potenziale è stato penalizzato da una campagna di marketing mal gestita, che ha sacrificato il mistero della trama per attirare spettatori, finendo per compromettere gran parte dell’esperienza.
Voto: 7/10

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