Un gatto e un robot: cosa ci insegnano i protagonisti degli ultimi grandi film Dreamworks? (2024)
La Dreamworks è una delle case produttrici più amate di sempre, specialmente per quanto riguarda la divisione votata all’animazione, che nel corso degli anni ci ha regalato film e franchise come “Shrek“, “Dragon Trainer“, “Kung Fu Panda” e “Il principe d’Egitto“, giusto per nominarne alcuni… Negli ultimi tempi, però, due pellicole sono state particolarmente in grado di attirare gli elogi unanimi del pubblico e della critica: “Il Gatto con gli stivali 2 – L’ultimo desiderio” e “Il Robot Selvaggio“. Il primo diretto da Joel Crawford, insieme al co-regista Januel Mercado, è uscito nei cinema ormai tre anni fa; mentre il secondo, diretto dall’esperto Chris Sanders, è stato rilasciato solamente lo scorso autunno.
Con un’animazione colorata, fantasiosa e originale, entrambe le opere portano sullo schermo delle straordinarie riflessioni sulla vita, adattandole alle esperienze del pubblico moderno. I rispettivi protagonisti, un gatto e un robot, sono due esseri fortemente empatici e umani che insegnano ad abbracciare l’esistenza in ogni sua forma e a non averne paura. Ma com’è possibile che un animale e una macchina possano parlarci a cuore aperto di un argomento tanto complicato?

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Cosa ci insegnano i due film DreamWorks?
Tra le varie tematiche trattate da Chris Sanders ne “Il Robot Selvaggio“, vi è senza dubbio anche la ricerca del senso della vita.
A seguito di un incidente, Roz, la protagonista, si ritrova catapultata su un’isola sperduta, popolata esclusivamente da animali perennemente in conflitto tra di loro. Chiaramente non è il posto che più si addice a un robot, specialmente a un’unità dolce, comprensiva ed empatica come un Rozzum; tanto che, in un primo momento, quest’ultima si trova spaesata e impotente di fronte alla natura selvaggia. Ecco che, per vivere e adempiere ai propri compiti, dando così uno scopo alla propria esistenza, la macchina si trova costretta a riscrivere più e più volte il proprio codice, scoprendo continuamente nuovi lati di sé.
Anche il senso di appartenenza a una famiglia, piccola o grande che sia, è un altro tema fondamentale del film. Beccolustro, senza l’aiuto materno di Roz, sarebbe certamente morto e anche una volpe scaltra come Fink sarebbe potuta incappare nello stesso destino; un discorso analogo vale anche per il resto degli animali, costretti a formare una nuova comunità per passare l’inverno. D’altronde, il calore e l’affetto famigliare sono degli aspetti fondamentali per vivere una vita felice e piena.
La meravigliosa scrittura di Chris Sanders ci ricorda che la vita è un grande, imprevedibile viaggio ricco di eventi, a volte molto belli, altre terribilmente brutti, ed è splendida proprio per questo. Il dolore e la felicità fanno ugualmente parte della vita umana e, prima o poi, siamo destinati a fare i conti con entrambi. Ma il nostro cammino nel mondo non termina necessariamente dopo un periodo infelice o in seguito a un momento particolarmente piacevole, continua ad andare avanti e noi con esso, migliori di prima. “Il robot selvaggio” rimarca il fatto che dovremmo imparare a proseguire il nostro viaggio e a vedere l’esistenza come un dono, piuttosto che come una condanna perenne.

Dal canto suo, anche “Il Gatto con gli stivali 2 – L’ultimo desiderio“ trasmette un forte sentimento di amore e di attaccamento alla vita, la quale viene rappresentata come una sorta di dono prezioso.
Il gatto con gli stivali ha sprecato sei delle sue sette vite tra imprese pompose e stupide, pensando a lungo di essere immortale, in grado di scampare per sempre alla morte. Solo una volta giunto al cospetto del triste mietitore (qui rappresentato intelligentemente come un lupo) capisce il grande errore da lui commesso. Per la prima volta, deve fare i conti con la paura di morire, di abbandonare prematuramente la Terra. Già in questi primi frangenti si intravede un profondo legame con il vissuto mondano, un travolgente desiderio di rimanere in piedi.
A ogni modo, solo quando guarda per la prima volta dentro di sé, facendo i conti con le sue paure e ansie, il felino ha finalmente modo di vedere la voglia di vivere che arde in lui. In quel momento si rende conto di quanto anche l’esistenza più semplice e tranquilla porti con essa molte gioie, soprattutto se condivisa con i propri amici e cari. Persino la canzone dei titoli di coda, “La Vida Es Una”, dell’artista colombiana Karol G ribadisce il discorso e le riflessioni fatte in “Il Gatto con gli stivali 2 – L’ultimo desiderio“ , fortificando quanto appreso poco prima.
Il finale porta con sé una morale sorprendente e alquanto poetica: dalla morte non si può scappare, l’unico modo per non averne paura è vivere a pieno e con coscienza, costruendo momenti felici con i propri affetti.

In un periodo di profonda crisi come quello attuale, dove tutto sembra non avere più senso e il mondo appare sempre più sull’orlo del collasso, due film come “Il Robot Selvaggio“ e “Il Gatto con gli stivali 2 – L’ultimo desiderio“ sono una boccata d’aria fresca e un toccasana, sia per coloro che stanno perdendo la speranza sia per le nuove generazioni che stanno crescendo.
I due lungometraggi di casa DreamWorks, quindi, condividono molto di più di un adorabile protagonista non umano e di una semplice cornice fiabesca. Si tratta di veri e propri manifesti, che in futuro potrebbero diventare dei grandi classici, sulla bellezza della vita, sulla sua irrazionalità e unicità. Sono due opere che spingono il pubblico a riprendere in mano la propria vita e godersela finché gli è possibile, mostrando che è ancora possibile scorgervi un barlume di magia e di incanto al suo interno, anche se tutte le cose stanno andando a rotoli. Mostrano il lato positivo della nostra presenza sulla terra, ricordandoci che non è e non deve essere un supplizio, bensì una magnifica occasione.

E voi, avete visto “Il Gatto con gli stivali 2 – L’ultimo desiderio” e “Il Robot Selvaggio”? Cosa ne pensate? Fatecelo sapere qui sotto con un commento!