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Il Gusto delle Cose – La nostra recensione! (2024)

Circa un anno fa, il 24 maggio 2023, veniva presentato in anteprima “Il Gusto delle Cose” al 76esimo Festival di Cannes, concorrente per la Palma d’Oro e vincitore del premio per la Miglior Regia, curata dal regista vietnamita Trần Anh Hùng. Oggi noi di Nerd Al Quadrato vogliamo accompagnarvi all’interno della cucina del gourmand Dodin Bouffant, un luogo di creazione, di amore, di amicizia e di vita.

La recensione de “Il Gusto delle Cose” sarà strutturata in queste parti: recensione no-spoiler(per chi vuole un primo parere sul film, ma non l’ha ancora visto), recensione spoiler, e concludendo con l’opinione finale riassuntiva.

Il Gusto delle Cose
Il Gusto delle Cose | Benoît Magimel, Juliette Binoche

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Recensione No-Spoiler de Il Gusto delle Cose

Se “Perfect Days” e “The Bear” avessero avuto un figlio, probabilmente il suo nome sarebbe “Il Gusto delle Cose”: dal primo ha preso la sceneggiatura, che incarna la quiete, i ritmi lenti e pochi dialoghi ma significativi, che portano a far riflettere lo spettatore, e la fotografia, calda e piacevole; dal secondo ha preso la regia, sinuosa, ipnotica, che non perde un singolo dei dettagli presenti in scena, che sia un piatto o uno sguardo.

“Il Gusto delle Cose” non è semplicemente una pellicola, è una curata lettera d’amore verso la cucina e le sue ramificazioni. Anzi, più che lettera d’amore è un menù stellato, un percorso di degustazione dove ogni “piatto” è un aspetto della vita.

Il Gusto delle Cose
Il Gusto delle Cose

  

La trama segue le vicende romantiche del gourmand Dodin Bouffant (Benoît Magimel) e la sua cuoca Eugénie (Juliette Binoche) in una tenuta di campagna nella Francia del 1889 e intervalla scene di esplorazione dei personaggi e della loro vita e scene dove assistiamo alla preparazione di piatti incredibili, con il seguente assaggio, che riempie di gioia i volti di chi li assaggia.

Secondo me è proprio questo che funziona nel film: crea, come in un piatto, un equilibrio di tutti gli “ingredienti” di cui voleva parlare. Se prima assistiamo ad una sequenza di circa 30 minuti dove Dodin ed Eugénie preparano il carrè, il rombo, il soffritto, il burro e persino il gelato, successivamente approfondiremo il legame presente tra i due, un’amore quasi perfetto.

C’è un bellissimo dialogo (ma nel film ce ne sono a centinaia) tra i due innamorati dove esplorano il loro status relazionale: “Perché non ci sposiamo?”, “Perché dovremmo? Passiamo più tempo insieme di qualsiasi altra coppia: cuciniamo, studiamo, creiamo, viviamo sotto lo stesso tetto.Cosa cambierebbe se ci sposassimo se siamo già felici così”.

Probabilmente è uno dei dialoghi che riassumono al meglio il senso del film. “Il Gusto delle Cose” spinge lo spettatore, tra un menù e l’altro, a ragionare quanto l’arte della cucina sia importante: il cibo è  un messaggio, una conversazione, tra lo chef e il consumatore

Quest’ultima frase non solo viene detta esplicitamente verso l’inizio del film, con uno splendido monologo sul “come lo chef approccia i piatti”, ma verrà analizzata meglio verso la metà del film, dove un’intera cena sarà il momento più importante e intimo tra il cuoco e il suo degustatore.

Il Gusto delle Cose
Il Gusto delle Cose | Juliette Binoche

“Il Gusto delle Cose” è quindi una pellicola che culla lo spettatore, forse a volte troppo, ma che non rimane immune da imperfezioni. Ci sono stati molti momenti in cui, per uno spettatore comune, molti termini francesi venissero utilizzati a raffica, senza dare il tempo nemmeno di capire da quali lettere fossero formati. Per cercare di sistemare questo problema, alcune espressioni che non si conoscevano venivano poi spiegate successivamente da un personaggio, ma rendendo così i dialoghi molto macchinosi.

Se siete appassionati di cucina o se vi piace sbavare alla vista di piatti food-porn, “Il Gusto delle Cose” è il film perfetto da guardare durante una piacevole serata, facendovi uscire dalla sala con un senso di estasi (e tanta fame).

Voto: 8.5/10

Il Gusto delle Cose
Il Gusto delle Cose | Benoît Magimel

Recensione Spoiler de Il Gusto delle Cose

Recentemente mi ero dilettato nella visione di video su YouTube dove dei creator rendevano video di cucina estremamente “cinematografici”. Avevano una qualità, una regia e una fotografia a dir poco ottimi, facendomi letteralmente sbavare. “Il Gusto delle Cose” mi ha ricordato esattamente quello. 

Ricordo pochi altri film sulla cucina che avessero una cura visiva così elevata. Ma qui non solo la vista viene soddisfatta: oltre a vedere, sentiamo lo sfrigolio del soffritto mentre il carrè viene adagiato sopra, riusciamo a distinguere i sapori dei piatti che assaggiano gli amici di Dodin sulla nostra lingua, percepiamo i profumi, delicati e forti, grazie alle spezie che vengono aggiunte e alle salse che vengono preparate, e per finire riusciamo ad immaginarci la morbidezza della carne, del pesce e delle creme preparate in modo impeccabile.

Queste sono sensazioni che proviamo solo quando dietro ad un film c’è un amore ed un impegno immensi. Informandomi, ho scoperto che a supervisionare ogni piatto c’era Pierre Gagnaire, chef 14 stelle Michelin che ha istruito gli attori a diventare dei cuochi di altissimo livello, e devo dire che questa preparazione si è sentita tutta.

Trần Anh Hùng confeziona una pellicola che parla di come godersi le piccole cose, gioire del presente o come cita Dodin: “la felicità è desiderare quello che si ha”. Lo si nota molto bene quando Eugénie racconta agli amici di Dodin di come lei sia stata più felice di loro mentre preparava il rombo per il pranzo, e il modo in cui descrive i suoi passaggi sono pura poesia: si percepisce la gioia che ha provato nel cuocerlo e nel pulirlo, la sua emozione per una cosa così banale che riesce a trasmettere a noi spettatori, facendocene innamorare.

Concentrandoci invece su una delle scene più commoventi e romantiche del film, la cena preparata per Eugénie simboleggia l’inizio di due percorsi, oltre che evidenziare l’amore incondizionato di Dodin per lei: l’inizio di una “nuova vita” e l’inizio di un matrimonio. “Il matrimonio inizia col dessert” è una battuta che Dodin fa ad Eugénie quasi con l’intento di invitarla (per l’ennesima volta) a sposarlo, e poi “Adamo ed Eva, i primi uomini, hanno iniziato dalla frutta”

La fine della cena è quindi un dessert, con una pera cotta adagiata su un prato di fiori, che scopriremo nascondere un anello, dando un senso più concreto e romantico a quelle frasi. Ma le battute e i dialoghi sopra citati trattano solo dell’inizio, mai della fine di una coppia, e pensare a come di lì a poco Eugénie morirà a causa di una malattia, è una botta amara.

Il Gusto delle Cose
Il Gusto delle Cose

Una botta così amara da togliere la passione a Dodin, un dolore che non lo fa mangiare. Perché il cibo è anche segno dello stato d’animo di una persona, dice tutto su di essa. E l’elaborazione di un lutto porta ad uno degli stati d’animo più forti che abbiamo. 

Dopo avergli mandato di nascosto una nuova apprendista a casa, cacciata poi da un Dodin infuriato, gli amici del gourmand gli proporranno una lista di cuoche che potrebbero sostituire il posto vuoto lasciato da Eugénie. Seppur rifiutando all’inizio, lo chef inizierà a mettere alla prova tutte le cuoche della lista, assaggiando insieme a lui anche Pauline, dal “palato assoluto” e con un futuro roseo nella cucina, e Violette

Il regista non lo vuole far mai dire esplicitamente, ma prima del finale, secondo me Dodin prende in considerazione di scegliere proprio Pauline come sua nuova assistente ufficiale e cuoca. Ella simboleggia non solo l’inizio di un nuovo legame, ma anche il futuro dell’alta cucina, viste le sue doti incredibili che aveva dimostrato elencando quasi ogni singolo ingrediente della salsa bourguignonne. Prepareranno quindi insieme un pot-au-feu, uno dei piatti che avrebbe preparato con Eugénie per il Principe d’Eurasia, prima di essere interrotti dalla scoperta di una possibile nuova chef. Dopo la morte di sua moglie, è la prima volta che vediamo brillare gli occhi a Dodin, affamato della scoperta e della ricerca di una nuova assistente.

Il finale, un flashback, ci mostra un momento intimo dopo il matrimonio della coppia, dove Eugénie pone una domanda particolare a suo marito: “Sono la tua cuoca o tua moglie?”. Parafrasando la domanda il significato diventerebbe: ““Il nostro amore deriva dalla cucina o dal nostro matrimonio?”. Dodin, sapendo che il loro amore è composto da ingredienti semplici, da piccole cose, risponde “La mia cuoca”, sottolineando ancora una volta come la cucina, sia ambiente che concetto, possa far innamorare due persone per l’eternità, rendendo la sequenza finale il dessert perfetto per la pellicola.

Il Gusto delle Cose
Il Gusto delle Cose | Benoît Magimel, Bonnie Chagneau-Ravoire

Opinione finale con voto

“Il Gusto delle Cose” è quindi un’opera ricca di riflessioni, ricca di sequenze che spero vi facciano innamorare, minuto dopo minuto, di un mondo così banale ma così complesso. Anche se non amate la cucina, anche se non amate i film romantici, fatevi un favore e spendete quella decina di euro per godervi un film tranquillo e rilassante, che vi cullerà per 2 ore e 15 minuti e vi farà uscire dalla sala (spero) soddisfatti e affamati di scoprire quale sia il vostro personale gusto delle cose.

Voto: 8.5/10

Il Gusto delle Cose
Il Gusto delle Cose | Benoît Magimel, Juliette Binoche

E voi che ne pensate? Vi è piaciuto o non vi è piaciuto? Scrivetecelo nei commenti.

Ward

Nel tempo libero recito il ruolo di critico cinematografico per NerdAlQuadrato. Attore di teatro, doppiatore, nerd a 359° ma soprattutto, fin da bambino, amante del cinema. Sono onnivoro di generi, è facile accontentarmi ma difficile farmi cambiare idea da quanto son testardo. L'egocentrismo del cinefilo alla fine presuppone che abbiam ragione su tutto. P.S. Non son cristiano, ma le sceneggiature di Tarantino son la mia Bibbia.

One thought on “Il Gusto delle Cose – La nostra recensione! (2024)

  • Nella mancanza di un’ampia conoscenza di film di tal genere, posso comunque dire che questo mi ha colpito tantissimo per il tempo che prende nel descrivere per immagini il “culto del cibo”. Qualcuno ha associato a questa pellicola il termine “porn food” (un giornale e un gruppo di prim’ordine in Italia, andate a cercare su google), ma dal mio punto di vista vale sempre la distinzione che aveva dato il mitico don Marco quando ero ancora alle medie all’erotismo rispetto alla pornografia. La seconda è la componente mercificata e di consumo del primo. E perciò mi limiterei a descrivere con attenta cautela questo film come uno spettacolo di erotismo culinario, dal momento che prevale molto di più la preparazione, la visione e la discussione sul cibo che non il suo consumo, anche se vi è certamente rappresentato anche quest’ultimo aspetto.

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