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Il seme del fico sacro – La nostra recensione del coraggioso film di Mohammad Rasoulof! (2025)

“Il seme del fico sacro” è il nuovo lavoro del regista iraniano Mohammad Rasoulof (“Lerd”, “Il male non esiste”): presentato il 24 maggio 2024 al 77° Festival di Cannes, è uscito nelle sale italiane il 20 febbraio 2025. Noi di Nerd Al Quadrato l’abbiamo visto e siamo qui per dirvi la nostra!

La recensione di “Il seme del fico sacro” sarà strutturata in queste parti: recensione no-spoiler (per chi vuole un primo parere sul film, ma non l’ha ancora visto), recensione spoiler, analisi del finale e concludendo con l’opinione finale riassuntiva.

Il seme del fico sacro - La nostra recensione (2025)
Il regista Mohammad Rasoulof e parte del cast de “Il seme del fico sacro” alla première mondiale al 77° Festival di Cannes.

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Recensione no-spoiler di “Il seme del fico sacro”

Il film, diretto e sceneggiato da Rasoulof, comprende un cast in gran parte femminile: Soheila Golestani, Mahsa Rostami e Setareh Maleki interpretano i ruoli principali rispettivamente di Najmeh, Rezvan e Sana, mentre l’unico personaggio maschile caratterizzato in profondità (Iman) è impersonato da Misagh Zare.

La qualità più encomiabile del film è in primis quella di riuscire a interpolare la finzione con la realtà sociale iraniana: mescolando il drammatico e il realismo, Rasoulof ritrae uno spaccato di vita brutale e di una condizione dalla quale sono i pochi quelli che ne escono illesi, compiendo uno studio psicologico il quale degenera in situazioni ad alta tensione e che tengono lo spettatore incollato allo schermo.

Girato in gran parte in interni per evitare la censura da parte del governo iraniano (il quale ha cercato di boicottare in tutti i modi il film), “Il seme del fico sacro” riesce a trasformare un ambiente in un personaggio tutto fuorché passivo: ogni quadro e stanza opprimono personaggi e spettatore, trascinandoli nelle quattro mura che diventano poi una prigione.

Il cast riesce in tutte e quattro le interpretazioni a sorreggere il film in maniera eccellente, nonostante la durata imponente del progetto (2 ore e 47 minuti): storia e sceneggiatura, al netto di qualche imperfezione nel terzo atto, riescono a comunicare messaggi di enorme importanza e soprattutto urgenza sociale per il mondo intero, ma soprattutto per l’Iran stesso.

“Il seme del fico sacro” è un film coraggioso, audace, grande: da molto non si vedeva un prodotto di tale portata tematica nel mondo contemporaneo, soprattutto con una denuncia così aperta e trattata con una delicatezza disarmante. Un grande plauso va a Mohammad Rasoulof e all’intero cast e troupe che hanno partecipato rischiando la loro vita: nonostante il film non sempre sia perfetto, è un prodotto il quale cuore e messaggio sono impossibili da ignorare nella straordinaria e allo stesso tempo atroce rappresentazione dell’essere umano.

Voto: 9/10

Voto:

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Il seme del fico sacro

Recensione spoiler di “Il seme del fico sacro”

La rappresentazione della contemporaneità è stata, fin dalla nascita del cinema come mezzo visivo e poi sonoro, uno dei motori principali per la creazione di storie da raccontare al pubblico: altrettanto in primo piano è stato invece il controllo della rappresentazione artistica da parte di chi la ritiene uno strumento fondamentale per veicolare idee ben precise.

Specialmente a livello politico, il cinema nei regimi totalitari era il mezzo di propaganda più malleabile per riuscire tramite immagini a tenere a bada le masse, riducendole al pensiero unico e dando loro la perfetta e artificiale rappresentazione di un mondo (il loro) ad hoc e che giovasse al potere in carica. Lo si è visto con Adolf Hitler e Leni Riefenstahl, Benito Mussolini e l’Istituto LUCE: nomi appartenenti a un passato nemmeno troppo lontano, i quali tratti principali si ritrovano ancora oggi in regimi autoritari come quello attuale in Iran.

Mohammad Rasoulof non è purtroppo estraneo alle conseguenze del suo lavoro di regista, in pieno conflitto con l’ideologia iraniana per ciò che i suoi film raccontano: Il seme del fico sacroè un lavoro girato in segreto, da remoto e che inserisce al suo interno avvenimenti che hanno scosso il mondo intero come la morte di Mahsa Amini. Un film talmente scomodo al punto da mobilitare la macchina burocratica iraniana e a impedire in tutti i modi a Rasoulof di partecipare alla première a Cannes, così come al cast.

Il seme del fico sacro - La nostra recensione (2025)
L’attrice Golshifteh Farahani e Mohammad Rasoulof tengono in mano le foto rispettivamente di Soheila Gholestani e Misagh Zare, assenti alla première del film Il seme del fico sacro.

Passaporto revocato e una sentenza di otto anni in carcere hanno costretto il regista a lasciare clandestinamente l’Iran per volare al festival, così come le attrici più giovani (per aver recitato senza l’hijab) e alcuni membri della troupe: alla data in cui si sta scrivendo la recensione, Soheila Gholestani e Misagh Zare sono stati trattenuti in Iran per aver recitato nel film (clicca qui per leggere l’intervista in inglese a Mohammad Rasoulof sulla realizzazione del film e qui per saperne di più sull’odissea della sua partecipazione a Cannes).

Il seme del fico sacro già dai primi secondi induce un’atmosfera pesante tramite una spiegazione del perché venga utilizzata una pianta come il fico sacro:

Il Ficus Religiosa è un albero con un insolito ciclo di vita. I suoi semi, contenuti negli escrementi degli uccelli, cadono su altri alberi. Le radici aeree spuntano e crescono fino al terreno. Poi, i rami si avvolgono attorno all’albero ospite e lo strangolano. Alla fine, il fico sacro si regge in piedi da solo.

È interessate notare come un albero riconosciuto come sacro, specialmente nella cultura induista e buddhista (secondo quest’ultima il Buddha era seduto sotto un albero di fico quando ebbe la massima rivelazione) abbia un comportamento così brutale nell’attuare la sua sopravvivenza. Il parallelismo con il regime iraniano, di fatto una teocrazia la quale si inserisce in ogni aspetto della vita pubblica e privata tramite le sue ideologie che sfociano nel fanatismo, è lampante e soprattutto terrificante (clicca qui per leggere l’intervista in inglese al regista per approfondire le tematiche trattate nel film).

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Da sinistra: Mahsa Rostami (Rezvan) e Solheila Gholestani (Najmeh) in “Il seme del fico sacro“.

Il film poi introduce Iman (Misagh Zare), il quale dopo vent’anni di lavoro come avvocato è stato finalmente promosso come giudice istruttore del Tribunale Rivoluzionario a Tehran: un’occasione di riscatto per il servizio onesto che ha prestato al Paese e allo stesso tempo un’opportunità per migliorare il suo status sociale e della sua famiglia, composta dalla moglie Najmeh (Soheila Gholestani), e dalle due sorelle Rezvan (Mahsa Rostami) e Sana (Setareh Maleki).

Ciò che sembra un nuovo e brillante inizio sfuma nell’accrescersi delle proteste per la morte di Mahsa Amini contro il regime iraniano: Iman scopre che non è stato assunto propriamente per le sue capacità lavorative, quanto per firmare i giudizi presentati dai suoi superiori anche in mancanza di prove che sostengano le accuse. L’uomo inoltre deve mantenere segrete lavoro e identità, oltre che a venirgli fornita una pistola d’ordinanza per proteggere sé stesso e la sua famiglia.

È proprio la vita famigliare che ruota attorno a Iman come pianeti attorno alla loro stella, tutto è detto o fatto in funzione del padre e marito: le figlie e la moglie diventano astri che incapsulano ruoli ben precisi ma allo stesso tempo tridimensionali. Se Najmeh è la moglie completamente devota al merito e la sua più grande sostenitrice, Rezvan è la figlia maggiore razionale e dotata di una propria voce, la quale viene di continuo soffocata soprattutto dalla madre. In un clima così acceso, è Sana la figlia più silenziosa e pacata, ma non per questo non in grado di avere opinioni proprie, come si vedrà nel corso della pellicola.

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Da sinistra: Misagh Zare (Iman) e Solheila Gholestani in “Il seme del fico sacro“.

Col passare del tempo i legami famigliari vengono messi a dura prova, mentre sempre più persone vengono arrestate o peggio, uccise durante gli scontri: a un’amica di Rezvan, Sadaf, le viene sparato in un occhio ma poco dopo le cure di Najmeh e Rezvan la ragazza viene arrestata e le sue tracce vengono fatte sparire. Iman è sempre più paranoico e rabbioso nei confronti delle figlie e della moglie, completamente immerso nella macchina propagandistica iraniana, la quale elude ciò che accade davvero per le strade di tutto l’Iran ma specialmente nella capitale.

Rezvan e Sana tramite i loro cellulari diventano strumenti di informazione per lo spettatore sulla realtà del momento, mentre il film stesso interpola filmati reali che non si tirano indietro a mostrare la violenza della polizia e del regime: ragazze uccise per strada per aver lottato per la loro libertà ed emancipazione da un Paese che le mette in angolo in partenza da secoli. La tensione cresce di continuo e Rasoulof tramite la sua regia contribuisce a rendere la casa di Iman una prigione soffocante, un microcosmo dove piano piano il tutto viene inglobato dalla cortina di ferro dell’oppressione iraniana.

È in un clima di alienazione tale che la pistola di Iman sparisce in casa all’improvviso: l’uomo nella sua ormai follia accusa le figlie di avergliela rubata quando queste ultime nemmeno sapevano dell’esistenza dell’arma. L’uomo porta le due ragazze e Najmeh da Alireza, collega e amico di famiglia: quest’ultimo svolge però il suo lavoro senza sconti, portando Rezvan e Sana in stanze separate e interrogandole bendate. Rasoulof anche qui rende l’atmosfera pesante grazie anche all’ambientazione spenta e agli abiti scuri indossati dalle ragazze, in un clima sospeso di quieto terrore che colpisce lo spettatore come un pugno nello stomaco.

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Il seme del fico sacro

Successivamente però le foto di Iman vengono rese pubbliche sui social tramite una fuga di dati, così come la sua professione e il suo indirizzo di casa: tutto ruota attorno all’uomo come se fosse l’unico che conti davvero e per il quale vale la pena vivere, in una personificazione estrema del regime che si fa strada silenzioso nella vita quotidiana. Tutta la famiglia è in pericolo e dopo aver preparato i bagagli partono verso la casa natale di Iman per nascondersi qualche giorno, mentre l’uomo ora ha una nuova pistola prestata da un collega.

Durante una sosta però Iman viene riconosciuto in volto e comincia un rapido inseguimento in macchina da parte dell’uomo nei confronti dei due identificatori, mettendo a rischio la sicurezza della sua famiglia: dopo averli fermati e legati per non farli scappare il viaggio continua e, prima di arrivare a destinazione, Sana rivela a Rezvan di aver rubato lei la pistola del padre e di averla portata con sé fino a quel momento.

Analisi del finale di “Il seme del fico sacro”

Dal momento in cui la famiglia si sistema nella casa del padre, quest’ultimo sottopone tutte e tre le donne sotto interrogatorio, riprendendole con una videocamera: Najmeh si prende la colpa mentendo, in quanto era l’unica a sapere della pistola, ma Iman non le crede. Rezvan successivamente prende il posto della madre per proteggere lei e la sorella, ma nemmeno stavolta il padre le crede: rinchiude entrambe in due celle sotterranee, ma Sana riesce a scappare ancora con la pistola in pugno.

La ragazza riesce a tendere una trappola all’uomo tramite alcuni vecchi video di famiglia e riesce a rinchiuderlo in un casolare, per poi ritornare a liberare la madre e la sorella: tutte e tre scappano in cerca di salvarsi, mentre Iman nel frattempo si è liberato e dà la caccia alle donne. L’inseguimento tra le rovine finale è estenuante ma tiene incollato lo spettatore allo schermo, in una svolta thriller dove una famiglia è ormai diventata una rappresentazione cruda di come il regime iraniano (Iman) distrugga con le sue ideologie (la pistola) i legami e gli affetti (Najimeh, Rezvan e Sana), coinvolgendo chiunque nella sua furia brutale.

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Il seme del fico sacro

Iman riesce a raggiungere Najimeh e le sue urla conducono le due sorelle da lei e il padre: Sana punta la pistola verso l’uomo, ma esita nel premere il grilletto. Tuttavia, appena Iman fa per avanzare verso di lei la ragazza spara verso terra, la quale si apre sotto i piedi dell’uomo inghiottendolo.

Le tre si abbracciano, mentre il film, Il seme del fico sacro, si conclude su una nota agrodolce tramite filmati che ritraggono donne che protestano per la strada, gli hijab al vento e i capi scoperti: il fico sacro avrà piantato i suoi semi e ucciso l’albero, ma ci saranno sempre centinaia di nuovi germogli che lotteranno per non fare la sua stessa fine e sperare in un futuro migliore.

Opinione finale con voto per Il seme del fico sacro

Il seme del fico sacro è un’opera imponente sia a livello filmico che a livello tematico: il runtime leggermente troppo lungo e alcune imperfezioni a livello di trama lo fermano dall’essere un trionfo su tutti i fronti, ma davanti alla regia di Rasoulof, le interpretazioni principali e una messa in scena talmente realistica da sembrare vera, certi difetti impallidiscono senza intaccare nemmeno di troppo il risultato finale.

Voto: 9/10

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Il seme del fico sacro

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