Kraven: Il Cacciatore – La nostra recensione in anteprima! (2024)
Oggi, 11 dicembre, esce in tuti i cinema Kraven – il cacciatore, ultimo film, per interruzione della produzione, del SSU, ovvero del Sony Spider-Man Universe. Noi di Nerd Al Quadrato l’abbiamo visto in anteprima grazie all’invito della Sony e siamo qui per dirvi la nostra!
La recensione di “Kraven – Il cacciatore” sarà strutturata in queste parti: recensione no-spoiler (“Un ulteriore tentativo”, per chi vuole un primo parere sul film, ma non l’ha ancora visto), recensione spoiler (“Una narrazione fragile”), e l’opinione finale riassuntiva con voto (“Kraven – Il cacciatore morto ancor prima della caccia”).

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Un ulteriore tentativo
Parliamoci molto chiaramente: Kraven – il cacciatore non è un brutto film in tutto e per tutto, come ci saremmo potuti aspettare, considerando l’universo condiviso nel quale è ambientato, ma anzi, riesce a differenza degli altri ad avere una pseudo-solidità. Nonostante ciò, pecca in numerose questioni che affrontiamo per bene nel discorso prossimo. Per citare velocemente: ci sono problemi, anche piuttosto gravi, nella narrazione del film, la quale occupa il corpus del prodotto, perciò “grave”.
Inoltre, i personaggi principali vengono introdotti fin troppo ampiamente lasciando poco spazio ai personaggi secondari, i quali non vengono proprio introdotti ma, bensì, buttati nella mischia nel corso della storia e non anticipatamente. Tutto ciò non funziona a pieno regime, poiché, ancora una volta, ci ritroviamo di fronte ad un film riuscito per metà.
Un ulteriore motivo di questa critica risiede non solo nella gestione dei personaggi e della narrazione ma anche nel complesso di ciò che si vede sullo schermo: funziona, a differenza dei precedenti titoli dello stesso universo, ma fino ad un certo punto. Il film diverte e cattura, volendo, alcuni spettatori, ma provoca anche noia o totale disinteresse per alcune cose vengono mostrare o raccontate.
Voto: 6/10

Una narrazione fragile
Il film si suddivide in ben tre parti con un distacco fra di esse definito e, quindi, ben visibile. Le parti in questione sono le solite, ovvero quelle che una produzione di una narrazione dovrebbe presentare a priori poiché da manuale. Stiamo parlando di una prima parte introduttiva, una seconda parte di svolgimento e un’ultima, la terza, parte conclusiva. Si sottolinea questo fatto, ovvero che il film segue il modello narrativo classico, poiché – e qui azzarderei un “purtroppo” – il SSC, il Sony Spiderman Universe, il quale, ricordiamo, è stato chiuso alla vigilia dell’uscita al cinema del suo ultimo film (ovvero il suddetto), non ha mai seguito la manualistica produzione di una storia come quella di Kraven o Venom.
In altre parole, ogni film di questo universo narrativo ha sempre presentato problemi consistenti sul piano narrativo. Per dire, Venom: The Last Dance non presenta una parte introduttiva iniziando sin dal primo minuto con la seconda parte, ovvero quella di svolgimento. O per meglio dire, considerando la brevità della lieve introduzione presente nel film, la prima parte si presenta ma si conclude dieci minuti successivi rispetto la sigla di apertura. Insomma, quel che qui si sta dicendo è Kraven ha tutti i valori prioritari che una produzione di questo genere dovrebbe avere in maniera scontata. Dunque, si parte bene!
Postulata la questione tecnica del modo banale in cui si produce una “narrazione”, e non “film” poiché è bene non entrare nel merito considerano che si tratta di una questione molto più complessa di un banale esercizio di storytelling applicabile anche ai banchi di scuola primaria, parliamo del film in sè!

Come detto, il film parte con un’introduzione a dir poco ampia. Infatti qui, già dall’inizio, sorge una problematica: l’introduzione fin troppo prolissa con alcune scene non solo di poco conto ma del tutto superflue. Ciò, però non significa che la cosa non venga apprezzata dal grande pubblico. Infatti, lo scopo di una parte introduttiva così ampia risiede nel fatto che bisogna conoscere approfonditamente i personaggi primari così da capirne le azioni in momenti successivi.
Per quanto riguarda quel che accade di preciso, e quindi rinnoviamo l’attenzione agli spoiler che verranno di seguito esposti, la parte introduttiva ci presenta non solo un odierno Kraven, chiamato così dell’ambiente sociale in cui opera il nostro cacciatore, alle prese con un boss della malavita in un carcere di massima sicurezza, dal quale, tra l’altro, Sergei Kravinoff (questo il nome reale del protagonista) riesce sia ad entrare che ad uscire piuttosto facilmente attraverso i suoi poteri legati al mondo animale.
L’obiettivo di Sergei, che non ci è sin da subito chiaro, è colpire uno dei boss che provocava tanti fastidi ad una, per cosi dire, amica “futura“. Infatti, ci vengono sin da subito presentati quattro personaggi: Sergei, il protagonista, e suo fratellastro minore Dimitri Smerdyakov (cognome con tutta probabilità ereditato dalla madre), Calypso, un avvocato, e Nikolai Kravinoff, il padre dei due ragazzi.
Ora, il padre di Sergei ci viene presentato come un uomo di dura educazione che, in maniera severa e maldestra, cerca di insegnare alla propria progenie, legittima o meno, la retorica con la quale esso affronta l’ambiente in cui lavora, ovvero la malavita, e anche, ed è qui che nasce la negatività del nucleo familiare che risale agli occhi dei spettatori in maniera anche cruda, con la quale affronta la sua stessa esistenza.

In altre parole, più coincise, Nikolai vede il mondo come un luogo dove la dinamica darwinista del “vive il più forte, il predatore” risiede al centro dei suoi scopi. La grandezza, ai danni dell’altrui economia e benessere, è ciò che il padre di Sergei più desidera a questo mondo.
Durante un diverbio, nato dalle conseguenze dell’introduzione del quarto personaggi (che a breve vedremo), il protagonista, allora giovane e vulnerabile, decide di andarsene da casa e trovare un luogo sicuro al di fuori delle quattro mura, le quali oramai è portato a vedere e considerare con odio e rabbia. Ciò, però, a discapito del fratello, il quale rimane in casa Kravinoff poiché fin troppo piccolo per partire, rimanendo recluso ad un futuro con una carriera nel mondo criminale come sottoposto del proprio padre.
Prima di continuare con la famiglia Kravinoff, però, bisogna spiegare per bene il motivo per cui Sergei è portato ad andarsene da casa. Calypso, personaggio senza alcun minimo contesto che ci viene presentato come una ragazzina con un contatto col mondo mistico ereditato dalla nonna, possiede un unguento in grado di far guarire, “in modo inimmaginabile” una persona dalle proprie ferite e addirittura dalla morte stessa, citando le parole della nonna.
Evento narrativo piuttosto scontato ma tant’è: durante una battuta di caccia perpetrata da Nikolai ai danni del leggendario leone che governa quel territorio, il figlio, ovvero Sergei, finisce gravemente ferito e, mentre il gruppo riesce a salvare dalle grinfie animali Dimitri, la bestia leggendaria porta con sé il piccolo Sergei in un cespuglio. Cespuglio nel quale, casualmente appena dieci secondi dopo, ci finisce Calypso con l’unguento che cura tutte le ferite, anche la morte stessa, dando al beneficiario anche maggiore forza e qualcosa di “inimmaginabile”.

Ora, in questo modo Sergei sopravvive e finisce in ospedale portando con sé parte del sangue della bestia, il quale, successivamente all’assunzione dell’unguento, si fonde col sangue di Sergei e ne potenzia le abilità. Il portare a casa e appendere la testa del leone leggendario da parte di Nikolai provoca in Sergei, che rimane ferito emotivamente dalla notizia della morte dell’unico essere vivente, ovvero il leone, che si è preso cura di lui, quel poco di odio e rabbia in più a sufficienza per giungere al punto massimo di sopportazione, motivo per cui scappa di casa lasciando il fratello, temporaneamente, col padre.
Ebbene, abbiamo fino ad ora parlato solo della parte introduttiva! Ricollegandoci al discorso iniziale, qui c’è un evidente problema narrativo: una parte iniziale fin troppo sostanziosa che, poi, lascia poco spazio al resto. Il che non è necessariamente un lato negativo del prodotto, ma rimane una nota dolente considerando che è possibile liquidare facilmente il resto della narrazione.
Infatti, il resto del film si sviluppa sulla base di quanto detto precedentemente: Sergei, ormai “Kraven“, è diventato un cacciatore di criminali, mosso dall’odio che prova per le azioni del padre. Dimitri, invece, gestisce un locale nel quale canta e suona sfruttando la sua incredibile abilità “camaleontica” che consiste nell’imitare la voce delle celebrità perfettamente. Calypso, la cui importanza fino ad ora è pari a zero assoluto, è ora un avvocato con le mani immerse nel mondo criminale in cui risiede anche il dominio della famiglia Kravinoff.
In tutto ciò, un vecchio sottoposto di Nikolai ha conosciuto un dottore che lo ha “cambiato“, oltre che aiutato per risolvere il suo problema con sé stesso. Ovvero, Aleksei, la cui introduzione risulta inesistente, ora ha un’abilità trasmutativa acquisita attraverso un siero: l’abilità di rafforzare la propria pelle a tal punto da renderla una vera e propria armatura di colore grigio. Sì, parliamo di Rhino. Personaggio che il pubblico attende dai tempi di Amazing Spider-man 2. Senza alcuna introduzione del personaggio, Rhino viene buttato nella mischia narrativa a metà film e con esso si conclude.
Infatti, la terza e ultima parte di Kraven si presenta come uno scontro finale fra predatori: Rhino e Kraven, ognuno per i propri motivi. Rhino vuole il potere e la notorietà posseduta da Nikolai, poiché “l’uomo che uccide la leggenda, diventa la leggenda” (parole pronunciate dallo stesso Nikolai poco prima di cacciare il leone leggendario), mentre Sergei intende difendere sé stesso e chi gli sta più a cuore, ovvero Dimitri. Per infine scoprire che suo fratello, il quale è stato protetto da Sergei con tanto ardire, possiede la stessa ambizione che ha messo contro Kraven il rinoceronte umano: potere e notorietà.

Kraven – Il cacciatore morto ancor prima della caccia
Kraven – Il cacciatore è un film che muore ancor prima di nascere, non solo per la recente notizia della chiusura dell’universo in cui è ambientato ma anche per l’inefficienza di una produzione che, vuoi o che non vuoi, ancora una volta, non riesce a fare un passo in avanti, nonostante la sufficienza che questo titolo raggiunge. Infatti, ci sono alcune questioni che rendono questo film, dopotutto, godibile. Si parla della fotografia, la quale è costante e amplifica l’impatto che le scene provocano sullo spettatore. Si parla di una colonna sonora non “degna di nota” ma, bensì, neutralmente corretta e correlata al resto nel complesso.
Per quanto la narrazione sia fluida, e quindi decisa, e ben scandita, risulta problematica sul piano introduttivo riferendosi ad alcuni personaggi e sull’importanza di alcune scene o banalmente scelte narrative (alcune decisamente superflue). Forse la domanda che, a questo punto, ci si pone maggiormente riguarda gli effetti visivi. Considerando il fatto che i film che hanno preceduto Kraven sono stati, al netto di tutto, circa tutti Flop, il budget per questo ultimo, potenzialmente fallimentare, titolo sarebbe potuto essere fin troppo basso. Invece, sorprendentemente, a livello visivo appare come minimamente guardabile, per quanto possa essere guardabile un umano grigio con un corno di cheratina nel bel mezzo della fronte.
Voto: 6/10

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