M: Il Figlio del Secolo – La recensione della serie TV di Joe Wright con Luca Marinelli! (2025)
“M: Il figlio del secolo” con protagonista Luca Marinelli nei panni di Benito Mussolini è l’adattamento del primo dei cinque libri di M scritti da Antonio Scurati, la serie è stata presentata in anteprima mondiale all’81esima edizione del Festival di Venezia e racconta dell’ascesa di Mussolini dal 1919 fino all’omicidio Matteotti nel 1924.
La produzione dietro è immensa, dal lavoro di ricostruzione e accuratezza storica fino alla interpretazioni del cast e dal richiamo internazionale che si farà sentire nella stagione dei premi 2026. Ma quindi com’è effettivamente “M: Il figlio del secolo”? Noi di Nerd Al Quadrato l’abbiamo vista e siamo qui per dirvi la nostra!
La recensione di “M: Il figlio del secolo” sarà strutturata in queste parti: recensione no-spoiler (per chi vuole un primo parere sul film, ma non l’ha ancora visto), analisi del finale e concludendo con l’opinione finale riassuntiva.

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Recensione di “M: Il figlio del secolo”
Si aspettano che dica qualcosa, ma io non ho nulla da dire. Da qui comincia questa recensione, così come comincia nella primissima pagina dell’immensa opera di Antonio Scurati. Un’opera che non si limita ad analizzare il fascismo attraverso la documentazione storica – lo fa, sì – ma sceglie una strada diversa, più inquietante: a raccontare il fascismo è un fascista, il fascista per antonomasia, Benito Mussolini.
Come più volte ama ricordare al pubblico – il suo pubblico, quello da ammaliare e ingannare – lui è una bestia che sente quando il suo tempo è giunto. E il suo tempo è arrivato. Lo vediamo insinuarsi nella mente e nell’opinione dei vari personaggi della serie, anche di coloro che si credono immuni al suo sortilegio. Un esempio è Cesare Rossi, interpretato da Francesco Russo, che, pur convinto di mantenere una propria lucidità politica, finisce inevitabilmente attratto dalla gravità del nuovo ordine che sta nascendo.
Luca Marinelli nei panni di Mussolini è immenso. La sua interpretazione è complessa, stratificata, quasi ipnotica. Porta in scena un uomo che, pur ignorante, sa fingersi l’opposto. Ogni gesto, ogni parola, ogni modulazione della voce sono studiati per creare consenso, per alimentare la paura e il culto della sua persona. L’ex socialista espulso e tradito dall’ideale che credeva definitivo trova un nuovo credo: il potere, a qualunque costo. E per raggiungerlo, si fa scaltro nell’individuare gli ultimi, i reietti, i reduci umiliati dalla guerra. Capisce che il carburante del suo movimento non è la ragione, ma la paura.
Oltre a Marinelli è da citare tutto il grandissimo e vastissimo cast, da Francesco Russo nei panni di Cesare Rossi, fenomale a dir poco, Barbara Chichiarelli nei panni di Margherita Sarfatti è straordinaria e vale lo stesso per Benedetta Cimatti nei panni di Rachele Mussolini, spiccano poi Lorenzo Zurzolo come Italo Balbo, Gaetano Bruno come Giacomo Matteotti, Paolo Pierobon come Gabriele D’Annunzio che nonostante la poca presenza l’interpretazione lo rende un personaggio iconico e leggendario, come nella realtà.
Vincenzo Nemolato nei panni di Vittorio Emanuele III si presta in un’interpretazione particolare e all’apparenza minore, ma si va avanti e più dimostra una capacità unica.
La colonna sonora dei Chemical Brothers è stordente, senza una buona parte della serie non avrebbe lo stesso mordente. Può sembrare assurdo accostare musica elettronica all’ascesa di Benito Mussolini, ma in qualche modo ci sono riusciti! E nel modo migliore possibile.
La regia di Joe Wright si muove con audacia e intelligenza, avvicinandosi più all’estetica del cinema d’autore che alla classica narrazione da serie tv storica. Le scelte stilistiche, ispirate all’arte futurista e al cinema espressionista, sottolineano il ritmo incalzante con cui la democrazia può sgretolarsi. La fotografia, densa di chiaroscuri e contrasti, restituisce visivamente le tensioni interiori del protagonista e del suo tempo. Le inquadrature, a tratti intime e soffocanti, a tratti grandiose e spettacolari, rendono il racconto visivamente magnetico.
“M: Il figlio del secolo” non è solo una cronaca dell’ascesa del fascismo. È un monito. Una storia che non racconta solo il passato, ma che ci costringe a guardare il presente con occhi diversi.
Voto: 10/10

Analisi del finale di “M: Il figlio del secolo”
L’ultima puntata di “M: Il figlio del secolo” si impone come uno dei momenti più alti mai raggiunti nella serialità contemporanea, un epilogo di straordinaria potenza narrativa. Il delitto Matteotti segna un punto di non ritorno: Mussolini, pur mantenendo il controllo, inizia a voltare le spalle ai suoi fedelissimi, mentre la moglie, in un gesto che assume un valore quasi simbolico, lo tradisce con un uomo semplice, un campagnolo. Tutti sanno, eppure tutti fingono di ignorare la verità: l’assassino di Matteotti è proprio lui, il Duce.
Nel frattempo, Cesarino si fa portavoce di una realtà che in pochi hanno il coraggio di affrontare, mettendo a nudo i meccanismi del potere e le macchinazioni di Mussolini. Eppure, nonostante la crisi, nonostante il crollo di ogni certezza, nessuno osa sfidarlo apertamente. Mussolini stesso lascia al governo la possibilità di esporlo alla gogna, ma nessuno si muove. Dopo Matteotti, il terrore ha paralizzato le coscienze: c’è chi piange, chi si smarrisce, chi non sa come reagire. E poi c’è chi resta indifferente, perché finché il dramma non tocca direttamente la propria esistenza, il resto non ha importanza.
Eppure, in questa puntata finale, c’è una presenza silenziosa che finisce per sovrastare perfino la figura del Duce: una mosca. Invisibile e persistente, il suo ronzio è un’ombra inquietante che aleggia su Mussolini e il suo ufficio, un simbolo della decadenza e della putrefazione non solo fisica, ma morale e politica. È un monito sottile e implacabile: la morte è sempre stata accanto a lui, ma questa volta, con l’assassinio di Matteotti, il fetore della violenza non potrà mai più dissolversi.
A chiudere la stagione, un’unica parola: “Silenzio”. Un comando che è anche una condanna. Mussolini sa che i suoi demoni non lo abbandoneranno mai, ma finché il silenzio gli concederà di agire indisturbato, continuerà a sentirsi onnipotente.

Opinione finale con voto
“M: Il figlio del secolo” rappresenta uno dei punti più alti mai raggiunti nella storia della serialità contemporanea. Un’opera che si distingue per la qualità straordinaria della scrittura, per interpretazioni potenti e originali, per una regia e un montaggio che rifiutano qualsiasi omologazione alla monotonia tipica di molte serie storiche. Ogni scelta stilistica sembra mirata a scardinare le convenzioni del genere, restituendo una narrazione densa di tensione, capace di sorprendere e coinvolgere. Ciò che viene mostrato in scena è una realtà scomoda, spesso dimenticata, ignorata o, peggio ancora, distorta da letture parziali e strumentali.
Non ha senso girarci intorno: sotto ogni punto di vista, “M: Il figlio del secolo” è un prodotto privo di difetti. Il grottesco, dosato con intelligenza, funziona alla perfezione, alleggerendo la narrazione e rendendo gli episodi ancora più scorrevoli di quanto già non siano – un elemento, questo, che manca nei libri di Scurati e che qui trova invece una dimensione perfettamente equilibrata.
Il cast è eccezionale, con Luca Marinelli che regala l’interpretazione più intensa e stratificata della sua carriera, confermandosi come uno degli attori più talentuosi della sua generazione. Joe Wright, dal canto suo, firma quello che forse è il suo progetto più maturo e ambizioso: se ne “L’ora più buia” emergeva già una notevole sensibilità nella rilettura della Storia, qui il racconto si spinge ben oltre la semplice ricostruzione biografica, trasformandosi in un’opera di rara complessità e profondità.
Per non parlare poi del finale di stagione, un passo che riprende il libro di Scurati: “nella storia moltissimi personaggi di spicco hanno avuto la possibilità di mettere a tacere Mussolini: … Ma nessuno ci è mai riuscito, forse perché a conoscenza che una persona del genere in un modo o nell’altro sarebbe comunque riuscito a eludere la legge, e loro non era veramente in grado di poter gestire “il nuovo”. Non sappiamo perché Vittorio Emanuele III non fece mai qualcosa verso la Marcia su Roma, ma è proprio in questo “non fare”, “non scegliere”, che si dimostra la vera natura del fascismo e di Mussolini“.
Che vengano realizzate altre stagioni tratte dai successivi volumi di Scurati o meno, poco importa: anche se dovesse restare un’opera unica, questa serie ha già lasciato un segno indelebile.
Voto: 10/10

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