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Monster – La recensione del nuovo film di Kore-eda! (2024)

Arriva finalmente nei cinema italiani “Monster” di Hirokazu Kore-eda, conosciuto dal pubblico giapponese come “Kaibutsu” o da quello italiano come “L’Innocenza”, presentato per la prima volta al 76esimo festival di Cannes e portandosi a casa il premio per la miglior sceneggiatura e la Queer Palm. Noi di Nerd Al Quadrato lo abbiamo visto e non vediamo l’ora di recensirvelo!

La recensione di “Monster” sarà strutturata in queste parti: recensione no-spoiler (per chi vuole un primo parere sul film, ma non l’ha ancora visto), recensione spoiler, analisi del finale e concludendo con l’opinione finale riassuntiva.

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Recensione No-Spoiler di “Monster”

Il motivo per cui mi riferirò al film con il suo titolo internazionale invece che con quello adatto è per preservare il senso del racconto, che ruota attorno alla parola “mostro”, un termine accusatorio che sfocia nel pregiudizio più estremo. “L’Innocenza” è un titolo che, in un certo senso, maschera i veri avvenimenti a cui assistiamo.

La trama narra infatti di Saori, una madre vedova che, accorgendosi dello strano e inquietante comportamento del figlio Minato, decide di affrontare il signor Hori, un professore sospettato di violenza e bullismo nei confronti dello studente. Una premessa già con forti tinte thriller e drammatiche, una storia non solo arricchita da personaggi caratterizzati alla perfezione e una scrittura eccellente, ma che omaggia anche uno stile narrativo che è tra i miei preferiti in assoluto: l’effetto Rashomon.

Per chi non lo sapesse, l’effetto Rashomon prende il nome dal celebre stile narrativo utilizzato dal maestro giapponese Akira Kurosawa nel suo omonimo film del 1950. In questo film, un caso di omicidio viene descritto da quattro testimoni in quattro versioni diverse. Questo approccio coinvolge lo spettatore in un gioco di soggettività e oggettività, mantenendo viva l’attenzione attraverso le varie prospettive che si alternano nel corso della narrazione.

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Intelligentemente, Yuji Sakamoto, sceneggiatore di “Monster”, utilizza l’effetto solo in parte: se lo stile adottato da Kurosawa serviva più per mettere in discussione la natura della verità, presentando versioni dei fatti esclusivamente soggettivi e senza avere la certezza di una verità assoluta, Sakamoto utilizza l’effetto Rashomon per approfondire le dinamiche interpersonali, i malintesi scatenati da pregiudizi e da prospettive annebbiate. Una scelta narrativa che confeziona una sceneggiatura tesa, sorprendente e che non annoia mai.

Kore-eda riesce a esplorare tematiche che non avrei mai immaginato di affrontare nel corso del film, e che non posso svelare per evitare spoiler gravi. Posso però assicurarvi che vi sorprenderanno, soprattutto perché vengono affrontate da due giovani personaggi, Minato e Yori, i veri protagonisti della pellicola. Non so come ci sia riuscito, ma il buon Hirokazu ha diretto magistralmente dei bambini molto “anonimi”, scoprendo e sviluppando il loro potenziale in modo incredibile.

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Due ore che, tra parentesi, sono volate. Kore-eda ha saputo raccontare, con grande attenzione, la turbolenta vita dei personaggi principali, i segreti che devono custodire per paura del giudizio sociale, e le bugie che sono costretti a dire per mantenere le loro amicizie o, da una prospettiva più adulta, per proteggere la propria carriera.

Una regia che collabora con la fotografia di Ritu’o Kondo perfettamente, rendendo paesaggi, inerni e i volti degli attori, più veri e profondi che mai. Una nota di merito anche alla colonna sonora, tesa e piena di momenti inquietanti, di Ryūichi Sakamoto, uno dei compositori orientali più importanti contemporanei, che ha continuato a lavorare al film mentre lottava contro un tumore, portandolo poi alla morte pochi mesi prima della prima proiezione del film a Cannes.t

Una pellicola eccellente da non lasciare semplicemente nelle proprie watchlist ma da recuperare il prima possibile!

Voto: 9/10

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Recensione Spoiler di “Monster”

Non è un caso che questo film abbia vinto il premio per la miglior sceneggiatura a Cannes: ogni scena, ogni battuta pronunciata dai personaggi è semplicemente unica. Sarà perché il nostro giudizio è influenzato dallo stereotipo del cinema orientale, culturalmente diverso da quello occidentale e quindi percepito come immune a critiche? No, il merito è di Yuji Sakamoto, un importante sceneggiatore televisivo giapponese, che è riuscito a trattare una storia così complessa nel modo più efficace possibile.

Kore-eda e Sakamoto giocano con noi per tutta la durata del film. Il primo ha curato anche il montaggio di “Monster”, mantenendo un ritmo costante, teso e preciso, e curando con attenzione chirurgica le diverse prospettive dei personaggi. Più precisamente, quelle di tre personaggi: Saori, Hori e Minato.

Giocano con noi perché, in ogni versione, noi spettatori cadiamo vittima dei nostri stessi pregiudizi, empatizzando esclusivamente con i soggetti che sappiamo essere innocenti e giudicando i “colpevoli”, che, con il proseguimento del film, si riveleranno completamente diversi, tirandoci così un pugno in faccia da soli. Un pugno in faccia che la società si meriterebbe.

All’inizio del film, Minato si presenta come un ragazzo problematico, depresso, che rivela alla madre di essere stato attaccato dal suo insegnante, il signor Hori, che gli ha detto di avere “il cervello di un maiale”. L’immagine che ci facciamo dell’insegnante diventa sempre più inquietante quando Saori lo affronta, insieme alla preside e ad altri docenti, che si dimostrano incredibilmente freddi. L’interpretazione di Sakura Andō nel ruolo di Saori è magistrale: è una madre protettiva, quasi più ingenua del suo stesso figlio, disperata nella sua ricerca della verità.

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Dal punto di vista di Hori, invece, lo vediamo come un insegnante dolce e premuroso con i bambini, distruggendo completamente l’immagine che ci eravamo creati. Scopriamo invece che è Yori vittima di bullismo e che il sospettato principale non è altri che Minato stesso, prevedibile già dalla precedente prospettiva di Saori. Vediamo la vita del professore andare in frantumi dopo una falsa confessione per proteggere l’integrità della scuola, un sacrificio che lo porta quasi al suicidio, salvandosi però scoprendo un segreto tra Yori e Minato.

Infine, l’ultima prospettiva, quella di Minato, completa il quadro, rivelando una verità molto più romantica e drammatica di quanto ci si potesse aspettare. Yori e Minato sono innamorati, ma Minato non riesce a gestire questo sentimento di fronte ai compagni di classe, comportandosi talvolta come un bullo.

Kore-eda e Sakamoto hanno saputo affrontare con maestria la difficoltà di accettare la propria omosessualità attraverso gli occhi di un bambino, una scelta inaspettata che trasforma il terzo atto in una trama filoromantica. In questa parte del film, i due ragazzi si isolano nella natura per parlare di “rinascita”, di amicizia e dei problemi da cui vorrebbero fuggire.

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Yori, ad esempio, è continuamente picchiato dal padre alcolizzato, mentre Minato desidera essere forte e mascolino come il padre, come per fare un favore a sua madre, ma si rende conto di essere un ragazzo sensibile che sta scoprendo la propria sessualità. Per difendere l’amico, Minato sacrifica la sua posizione, la maschera che ha indossato per tutto il tempo.

Una maschera simile a dei muri sociali che tutti i personaggi utilizzano: chi per sfuggire a una condanna per omicidio, chi per evitare che la scuola venga macchiata, chi pensa di avere una malattia per giustificare il proprio orientamento sessuale, considerandosi un mostro.

Il vero mostro che il film vuole evidenziare, secondo me, è la nostra società. Tossica, piena di pregiudizi, omofoba, una vipera pronta a mordere chiunque si apra agli altri, portandolo alla sofferenza e alla degenerazione. La stessa degenerazione di cui forse parlano i due protagonisti, “la grande crisi”, il momento in cui l’universo smetterà di espandersi e inizierà a contrarsi, riportando tutto all’origine.

Una rinascita, un tema che viene esplorato nella sequenza finale di “Monster”.

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Analisi del finale di “Monster”

Minato e Yori, scappati dalla città durante un diluvio, si precipitano nella loro “oasi segreta” all’interno della foresta, nel vagone abbandonato dove hanno condiviso momenti intimi e divertenti. Ma a causa del forte vento, una valanga di fango travolge il loro nascondiglio, sotterrandolo. Poco più tardi, riescono ad uscirne illesi. Sono sporchi di fango, bagnati, ricordano un cucciolo quando rompe il guscio per nascere, e infatti ora possono vivere. Sono liberi, ora si accettano veramente per quel che sono. E non piove più, è come se fossero in  una nuova dimensione, come se, accettando se stessi, ora riescono a vedere il mondo diversamente.

Il film si conclude con le grida gioiose dei ragazzi mentre stanno per esplorare un sentiero, prima inaccessibile, ma che ora li accoglie tra le sue enormi distese di verde.

C’è chi teorizza che loro son morti con la valanga, e ora vivono tranquillamente in paradiso, e c’è chi pensa siano riusciti a sopravvivere, finalmente accettando se stessi e cambiando le carte in tavola. Io sono tra questi ultimi, mi piacciono di più i finali felici.

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Opinione finale con voto di “Monster”

Kore-eda e Sakamoto portano in sala un film più toccante che mai, avvolgendo lo spettatore con una narrativa tesa, scritta magistralmente, e  con una morale romantica. In questi scenari, resi impeccabili da una fotografia straordinaria, emergono degli attori che brillano di luce propria e che alzano il livello del film, sia emotivamente che qualitativamente.

Voto: 9/10

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E a voi è piaciuto “Monster”? Fatecelo sapere nei commenti!

Ward

Nel tempo libero recito il ruolo di critico cinematografico per NerdAlQuadrato. Attore di teatro, doppiatore, nerd a 359° ma soprattutto, fin da bambino, amante del cinema. Sono onnivoro di generi, è facile accontentarmi ma difficile farmi cambiare idea da quanto son testardo. L'egocentrismo del cinefilo alla fine presuppone che abbiam ragione su tutto. P.S. Non son cristiano, ma le sceneggiature di Tarantino son la mia Bibbia.

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