Cinema

CORRENTI TEMPESTOSE – IL NEOREALISMO ITALIANO (2023)

Distruttivo, polemico e assolutamente rivoluzionario, il Neorealismo italiano, il fenomeno che dominò per quasi un decennio sulla nostra penisola e che cambiò il modo di vedere il cinema per sempre.

La proposta di quest’oggi, è un approfondimento su una delle correnti artistiche, se non La corrente, dalla portata più vasta che sia mai stata espressa nel cinema italiano, il Neorealismo. Un movimento che ha rappresentato un Italia sconfitta e piegata, ma pronta a rinascere e rivoluzionare se stessa, con diniego, quasi disperato, di un ideologia che aveva portato l’Italia stessa alla rovina. Bentornati a tutti su Nerd al Quadrato.

Neorealismo, Roma città aperta
Roma città aperta – Roberto Rossellini, 1945

Il cinema d’evasione, l’alba del Neorealismo

Ci troviamo nel 1941, con l’Italia fascista ormai in declino, in questo periodo di guerra e incertezze, al contrario di quanto si possa pensare, vennero prodotte moltissime pellicole, in particolare bisogna citare la casa di produzione semi-governativa Cines, che solo nel biennio del 41′-42produsse 206 film; Il fascismo, al contrario di altri governi totalitari dell’epoca, permise molte libertà agli autori e questo, unito ad un forte protezionismo nei confronti dei prodotti italiani, favorì una grande crescita del cinema italiano e portò molti produttori esteri a investire in pellicole made in Italy.

Oltre ai famosissimi cine-giornali di propaganda, curati dall’istituto Luce, il panorama italiano subì molte influenze dall’estero e la richiesta maggiore di pellicole proveniva dal genere delle commedie, di fatti non era raro trovare nelle sale commedie leggere come Gli uomini, che mascalzoni… (Mario Camerini, con interprete Vittorio de Sica, prodotto dalla Cines nel 1932) o Campo de’ fiori (di Mario Bonnard, con Anna Magnani e Aldo Fabrizi nel 1943); l’umorismo dialettale fu il punto di partenza delle future evoluzioni verso il Neorealismo, poiché il dialetto avvicinava gli spettatori nelle sale, molto più degli innumerevoli film di propaganda, che al contrario, promuovevano un linguaggio aulico, di difficile comprensione e soprattutto, particolarmente “vuoto”.

Fin dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, il regime continuò a proseguire una politica poco stringente nei confronti del cinema, e grazie alla legge Alfieri emanata nel 1938 (legge che prevedeva un aiuto diretto da parte del regime ai produttori, commisurato in base alla vendita dei biglietti), il cinema italiano continuò la sua espansione aprendo le porte ad un realismo molto simile al movimento nato in Francia negli anni 30′, di cui potremmo parlare in un altro articolo.

Bisogna precisare, in un Italia ancora dominata dal fascismo, che gli svariati registi e autori che si approcciarono a questo nuovo genere di cinema, furono gli stessi che successivamente sarebbero stati per gli storici del cinema gli autori del “manifesto Neorealista“, come: Luchino Visconti, autore della pellicola più emblematica del Realismo, Ossessione (1943), ma anche Roberto Rossellini, l’iniziatore del Neorealismo italiano con il film Roma città aperta (1945), si cimentò precedentemente nella direzione di un cinema Realista, in particolare con la pellicola La nave bianca (1941), e infine il già citato Vittorio de Sica, che nei panni del regista nel 44′, girò I bambini ci guardano, pellicola dalla forte critica sociale raccontato dalla prospettiva di un bambino.

Neorealismo
Ossessione – Luchino Visconti, 1943

Dal Realismo al Neorealismo

A questo punto dell’articolo è doveroso fermare la narrazione storica, e concentrarsi su quella analitica fra questi due movimenti apparentemente identici. Com’è stato già detto, il Realismo si sviluppa, all’incirca, all’inizio del secondo conflitto mondiale, non esiste una data precisa, come invece si fa ricadere per il Neorealismo con l’uscita di Roma città aperta, questo poiché il Realismo non fu mai una corrente riconosciuta totalmente dai contemporanei, ma piuttosto si riferiva a cambio di interessi dell’intera cultura italiana.

Il passaggio dalla commedia dialettale, che si concentrava sulle classi sociali più agiate e con una leggerezza tematica molto spinta, al Realismo che al contrario si preoccupava di tutto ciò che rimaneva il più possibile ai margini della società, con trame che si intrecciano in uno spazio-tempo a volte indefinito, non è un caso, ed anzi riesce a spiegare molto chiaramente i cambiamenti sociali, culturali e politici che vi furono dagli anni 30′ fino al 1945.

La narrazione spinta dal regime, di un Italia economicamente e militarmente influente, si frantumò in maniera violentissima con i primi fallimenti delle campagne italiane, come ad esempio in Albania. Con la guerra vennero a galla tutti quei problemi che il fascismo aveva abilmente nascosto. Contadini e operai vivevano in condizioni precarie ben prima dell’inizio della guerra, ma con essa la povertà raggiunse livelli mai visti. Furono questi problemi sociali, che era possibile osservare di persona già dalle periferie delle grandi città, e a volte anche al loro interno, che spinsero il cinema verso la critica sociale.

Non bisogna pensare che la censura non fosse presente; continuando a citare Ossessione di Visconti, è giusto ricordare che la pellicola fu censurata e fatta rimuovere dalle sale, diventando comunque un punto di riferimento per ciò che sarà il Neorealismo un paio di anni dopo. Il regime non aveva alcun interesse nel mostrare tragedie, abusi e tutti i lati oscuri italiani, ma ormai questo processo era stato innescato e il declino del fascismo ormai alle porte aveva mosso letterati e artisti verso la rivoluzione.

La nave bianca – Roberto Rossellini, 1941

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La bellezza della realtà

Si è parlato all’infinito, per decenni, e tutt’oggi si continua a studiare cosa fu e cosa ci ha lasciato Roma città aperta, quindi in queste righe ci limiteremo a dare un frammento di quell’impressione che lasciò, nella speranza che coloro che non hanno mai avuto il piacere di vedere questa pellicola lo facciano il prima possibile.

In tutti i manuali di storia, nel capitolo del Neorealismo, la pellicola di Rossellini è il pilastro da cui ha inizio uno dei movimenti più affascinanti della storia del cinema mondiale. Il film esce a Roma alla fine del Settembre del 45′, riscuotendo un successo clamoroso diventando immediatamente l’emblema di un Italia rivoluzionaria, antifascista e rinascente.

Ispirata da eventi realmente accaduti nell’inverno tra il 1943 e il 1944, la trama si fa portavoce della stregua resistenza e dell’alleanza fra comunisti e la comunità cattolica in difesa della popolazione. Alternandosi con molto realismo in momenti comici e tragici a distanza di poche sequenze, girando la maggior parte delle scene all’aperto, in una capitale bombardata e semi distrutta, si diede inizio a quello che sarà uno degli elementi cardini del Neorealismo: il set a cielo aperto. Molto rapidamente la pellicola venne distribuita all’estero e nei vari festival, cementificando il suo successo e iconicità davanti a tutto il mondo.

Neorealismo
Ladri di biciclette – Vittorio De Sica, 1948

Nel 1944, alla fine della guerra, tutto era distrutto in Italia. Il cinema come ogni altra cosa. Quasi tutti i produttori erano spariti. […] Si poteva godere di un’immensa libertà, l’assenza di un’industria organizzata favoriva le imprese più eccezionali. Qualsiasi progetto andava bene. Fu questo stato di cose a permettere lavori a carattere sperimentale: ci si accorse ben presto, d’altronde, che i film, malgrado tale carattere, diventavano opere importanti tanto sul piano culturale che su quello commerciale. È in condizioni simili che cominciai a girare Roma città aperta di cui avevo scritto la sceneggiatura con alcuni amici al tempo dell’occupazione tedesca.

Roberto Rossellini

Potendo spendere decine di migliaia di parole per descrivere la realizzazione e le volontà dietro Roma città aperta, nessuno di noi potrebbe mai avvicinarsi alla concretezza dello stesso Rossellini intento a raccontare le circostanze in cui fu realizzato questo pilastro di cinematografia.

Da Rossellini in poi, tantissimi altri autori si cimentarono alla scoperta di questa nuova corrente, sperimentando e aggiungendo tasselli di un puzzle a tratti confusionario, poiché il Neorealismo non fu propriamente una corrente stabile e basata su regole precise, ma fondata su impressioni di film precedenti presi come modelli.

Basti vedere l’eterogeneità presente all’interno del gruppo di pellicole definite neorealiste, per scoprire che i temi trattati non necessariamente si trovavano in accordo fra di loro. Esempio lampante è Ladri di Biciclette (1949) di Vittorio De Sica, racconto che non ha nulla a che fare con i temi della resistenza portati avanti da Rossellini anche in Paisà (1946) o in Germania anno zero (1948), pellicola si concentra sulla vita degli operai disoccupati dalla guerra e dell’impotenza delle istituzioni davanti alle ingiustizie. Una storia che ruota attorno al viaggio di un padre e suo figlio, alla ricerca del mezzo che aveva assicurato uno stipendio alla famiglia, a fare da sfondo una Roma caotica e in piena ripartenza.

Germania anno zero – Roberto Rossellini, 1948

Il declino dell’impulso neorealista

All’inizio degli anni 50′ la forza prorompente che aveva caratterizzato il Neorealismo nel dopoguerra, si era ormai quasi del tutto esaurita. Nel 1953 al Congresso di Parma neorealista, autori e giornalisti discussero sull’essenza attuale del movimento. Senza un manifesto scritto, si cercava di spronare i cineasti ad un maggior realismo e concentrare i propri temi sulla classe operaia. A questo congresso però emersero svariate polemiche poiché le posizioni contrastanti di alcuni gruppi di persone presenti, proponevano letture diverse: alcuni spingevano su un neorealismo impegnato politicamente e attivo nell’informazioni delle classi sociali meno agiate, mentre altri preferivano concentrarsi sull’aspetto morale delle opere, suggerendo un universalità dei problemi individuali applicata all’intera società.

Ciò che comunque si percepì fu l’inevitabile dissoluzione. Anche il pubblico stesso, una volta svanito lo shock iniziale che fu questo movimento, iniziò a perdere interesse verso la povertà e i temi troppo impegnati del neorealismo, ricominciando a ricercare la commedia com’era accaduto negli anni 30′. Il neorealismo rosa, così è stato nominato dagli storici poiché vi si trovavano elementi tipicamente neorealisti (come le riprese all’aperto, attori non professionisti e talvolta affrontava temi sociali) e la commedia rosa, grazie al successo di Pane, amore e fantasia (1953); ad esso seguì una lunga stagione di commedie appartenenti al filone della commedia all’italiana, un era dominata da grandiose figure del cinema, come: Totò, Sophia Loren, Alberto Sordi e Marcello Mastroianni.

E così lentamente, il Neorealismo lasciò il posto ad un cinema sempre più leggero e frizzante. Il movimento che aveva smosso un intera nazione e innovato il settore cinematografico si chiuse senza una data definitiva, verso la prima metà degli anni 50′.

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Alessandro Ierna

Redattore di Nerdalquadrato. Studio Teatro, Cinema e Media alla Sapienza. Amante della critica cinematografica, dell'arte, della letteratura e aspirante regista. Mi piace il caffè lungo.☕