Harvest – La nostra recensione del nuovo film di Athina Rachel Tsangari! (2024)
Anche “Harvest“, film diretto dalla regista greca Athina Rachel Tsangari, che l’ha co-scritto insieme a Joslyn Barnes, ha ricevuto la sua anteprima mondiale all’ottantunesima Mostra del Cinema di Venezia. L’opera è un riadattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Jim Crace del 2013 e fa parte della selezione ufficiale in concorso a Venezia 81. Noi di Nerd Al Quadrato l’abbiamo visto e siamo qui per dirvi la nostra!
La recensione di “Harvest” sarà strutturata in queste parti: recensione no-spoiler (siccome il film uscirà prossimamente nelle sale), recensione spoiler, concludendo con l’opinione finale riassuntiva.
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Recensione No-Spoiler di “Harvest”
Ci troviamo in Scozia, negli anni vicini alla Prima Rivoluzione Industriale. La penisola britannica si sta preparando a una grande epoca di trasformazioni, mentre la modernità incombe nella storia dell’umanità. C’è solo un problema: come la affronteranno i contadini reazionari della campagna (in questo caso scozzese)? Questa si potrebbe anche tradurre con il quesito: noi, piuttosto, siamo pronti per l’arrivo dei cambiamenti o ci comporteremo come campagnoli reazionari? La domanda è interessante, così come la risposta che viene messa in scena in “Harvest” tramite l’arrivo di alcuni forestieri presso un non ben specificato villaggio rurale: dei migranti, un mappatore e un gentiluomo d’affari del tempo.
Gli abitanti sono molto legati alle proprie origini e mai accoglierebbero di buon grado un forestiero, eccezion fatta per il protagonista, Walter Thirsk, che sembra essere stato accettato dalla comunità.
Il punto di partenza della storia è un incendio appiccato da un piromane al fienile di Padron Kent, l’amato capo del villaggio. Quando si scopre l’esistenza di tre stranieri nelle terre vicine, subito la colpa ricade su di loro. Senza indugio, i nativi li attaccano e li accusano con grande decisione. Niente e nessuno gli può far cambiare idea. Così, il trio viene condannato a scontare delle gravi punizioni. La situazione degenera ancora di più nel corso del film, lasciando dietro di sé una scia di decisioni insensate e di violenza ingiustificata.
Athina Rachel Tsangari firma una regia di buon livello nella prima parte, salvo poi calare nella seconda risultando in una direzione piatta e senza molte idee. Si potrebbe fare un discorso simile anche per la scrittura, che parte da un’idea interessante, ma la sviluppa in modo scialbo e pesante, a tratti ridondante. Vista la durata di due ore e dieci, si prova a smorzare il dramma con qualche battuta, però i tempi comici sono tutti nettamente errati, così come la messa in scena di determinati momenti. L’unica cosa che si salva pienamente è il bel comparto fotografico, affascinante e convincente nella rappresentazione della Scozia preindustriale. Le interpretazioni, invece, nella norma. Tutti in parte, ma niente di eccezionale.
Voto: 4.5/10
Recensione Spoiler di “Harvest”
Negli anni precedenti alla Prima Rivoluzione Industriale, iniziata nel fatidico 1760, la penisola britannica si stava preparando a modernizzarsi e affacciarsi a una vita lavorativa devota più al guadagno che alla passione. Questo succedeva soprattutto nelle grandi città, come Londra, ma nelle sconfinate e verdi campagne? Come avrebbero potuto reagire i contadini campagnoli all’inesorabile marcia del progresso che rischiava di minare la loro idilliaca bolla di felicità?
Il presupposto da cui parte “Harvest“ ha la possibilità di rivelarsi un’analisi psicologica molto interessante. Ma andiamo con ordine. Tutto ha inizio quando viene appiccato un incendio al fienile di Padron Kent, l’amato capo del villaggio. Appena vengono scoperti tre stranieri nelle terre vicine, la colpa ricade seduta stante su di loro. Senza indugio, vengono catturati e i due uomini condannati alla gogna per sette lunghi giorni, mentre la donna al taglio dei capelli. Subito dopo c’è una sorta di sketch comico di pessimo gusto (per di più con dei tempi comici errati) in cui dei ragazzi prendono delle ciocche di capelli e le usano per fare delle gag tra di loro.
In seguito, durante la festa del raccolto, la gente inizia a dubitare anche del mappatore, un uomo di etnia molto diversa, che viene ritenuto portatore di una maledizione. L’unico a non dubitare granché di lui è Walter Thirsk, la voce principale del racconto e anche, forse, l’abitante meno antipatico del villaggio. Proprio per questo, Padron Kent, che si fida di lui, gli chiede di portare l’uomo a esplorare i territori della comunità, per agevolarne il lavoro.
L’indomani della festa, viene reso noto a tutto il villaggio un fatto tristissimo: uno dei due uomini alla gogna è morto a seguito di una grave ferita alla gamba causata dal morso di un maiale (il che era abbastanza prevedibile). Tutti si dimostrano preoccupati e scioccati. Ma, scusate, se vivono costantemente accanto alla natura e agli animali, com’è possibile che non abbiano minimamente pensato a una conseguenza del genere, quando hanno gettato gli scarti per i maiali sul patibolo?!
A ogni modo, la mattina stessa arriva al villaggio un altro forestiero, il cugino di padron Kent, chiamato padron Jordan. Dovrebbe trattarsi di una sorta di colpo di scena, poiché il suo arrivo è improvviso e inaspettato; tuttavia, la sua presenza non aggiunge pepe alla storia e non fa altro che allungare inutilmente le vicende. Athina Rachel Tsangari non fa altro che ribadire nuovamente e inutilmente la morale della storia.
Dalla comparsa del nuovo amministratore, il cui intento è sfruttare il potenziale economico dalla terra, tutto va a rotoli. Veniamo trascinati una spirale di violenza insensata che culmina con la morte del mappatore per mano della donna estranea dell’inizio, la quale prima orina su di lui e poi lo soffoca con i genitali. Una scena decisamente evitabile, che fa quasi ridere per come è messa in scena, nonostante, in realtà, dovrebbe essere abbastanza drammatica.
Al contempo, padron Jordan tiene prigioniere una bambina (apparentemente sospettata della morte della cavalla di padron Kent, poiché le è stato trovato addosso uno scialle sporco di sangue, che aveva precedentemente trovato in giro e indossato per il bel colore viola) e due ragazze che si sono opposte alla sua cattura, tra cui figura l’amante di Walter. Purtroppo, il rapporto tra questi giovani non è né chiaro né scritto bene. Cosa sono davvero loro due, se lui prima non la vuole per paura dei giudizi e poi, nemmeno dopo esserci andato a letto, non mette il cuore oltre l’ostacolo e tenta di salvarla?
Spetta agli abitanti inferociti il salvataggio delle donzelle, anche se vengono calmati facilmente dalla parola di padron Jordan. Promesse che, però, non vengono mantenute, dato che gli uomini e le relative famiglie se ne vanno prima, poiché una coppia, in preda all’ira, aveva finito per uccidere uno dei seguaci del nuovo “governatore”. Quindi, alla fine, tutti scappano e Walter rimane solo, in attesa dell’arrivo delle nuove pecore e dei pastori. Si pone come difensore del prossimo raccolto, ma finisce, chissà perché, a bruciare tutto quello che era rimasto del villaggio.
Opinione finale con voto
Alla luce di tutto, “Harvest” di Athina Rachel Tsangari parte da una premessa interessante e degna di attenzione. Il film sarebbe potuto rivelarsi un affascinante studio sociologico ricco anche di analisi filosofiche. Ciononostante, si perde clamorosamente nella realizzazione. La regia, inizialmente di buon livello, piano piano diminuisce di intensità e finisce per diventare vuota e priva di idee come la scrittura, eccessivamente ridondante e prolissa. L’aspetto migliore del film è sicuramente la fotografia di Sean Price Williams, che almeno rende i 131 minuti piacevoli per gli occhi.
Voto: 4.5/10
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E voi, cosa ne pensate di questa recensione? Siete in hype per il “film“Harvest”? Andrete a vederlo una volta rilasciato? Fatecelo sapere qui sotto con un commento!