Memoir of a Snail – La nostra recensione del nuovo film animato di Adam Elliott! (2025)
Sedici anni dopo l’acclamato “Mary and Max“, Adam Elliot torna alla regia di un lungometraggio animato in stop motion con “Memoir of a Snail“, candidato agli Oscar 2025 come miglior film d’animazione. Noi di Nerd Al Quadrato l’abbiamo visto e siamo qui per dirvi la nostra!
La recensione di “Memoir of a Snail” sarà strutturata in queste parti: recensione no-spoiler (per chi vuole un primo parere sul film, ma non l’ha ancora visto), recensione spoiler e concludendo con l’opinione finale riassuntiva.

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Recensione No-Spoiler di “Memoir of a Snail”
Il film ripercorre la storia della vita di una giovane ragazza, Grace Pudel (Sarah Snook), alle prese con una tragica sfortuna sin dall’infanzia, contraddistinta e rovinata da un labbro leporino, da una serie di lutti familiari e dal bullismo. Ciononostante, la piccola Grace si fa forza e, grazie alla sua smisurata passione per le lumache e al supporto del suo fratello gemello Gilbert (Kodi Smit-McPhee), tira avanti. Piccoli momenti di gioia e barlumi di speranza ne costellano l’adolescenza, che passa in modo relativamente veloce. Ma anche quando tutto sembra essersi indirizzato per il meglio… la malasorte non la abbandona e, come un burattinaio dalle mani ossute e scheletriche, riprende a metterle i bastoni fra le ruote.
“Memoir of a Snail“ è un potente inno alla vita che ci ricorda quanto essa sia folle, dura e alle volte persino cinica, ma allo stesso tempo meravigliosa e sorprendente. L’opera di Elliot ci porta a riflettere sulla bellezza nascosta dell’esistenza umana, sulle piccole e semplici gioie che tendiamo sempre più a denigrare, a relegare a esperienze di serie b, nonostante siano il nucleo fondante di una vita felice, come ci insegna il personaggio di Pinky.
Le avventure folli sono parte integrante del nostro viaggio su questo pianeta e impreziosiscono il nostro vissuto, ma è sbagliato cercare sempre la spericolatezza e la sregolatezza per inseguire quella tanto agognata felicità che sogniamo: sia un’eccessiva chiusura in sé stessi sia una ricerca sfrenata dell’estremo finiscono per crearci delle gabbie, delle prigioni dell’anima da cui è difficile uscire.
Siamo circondati da video che celebrano la bella vita e il lusso, ma la realtà non è sempre rosa e fiori, non è sempre incantevole e sontuosa: solo imparando a godere di ogni singolo momento, di ogni piacere, piccolo o grande, rapido o duraturo, potremo abbracciare l’enorme flusso di eventi, farlo nostro e amarlo senza condizione.
Elliot riesce a trattare dei temi “eterni” con estrema sincerità e originalità, grazie a dei personaggi particolari (dai character design alla caratterizzazione) e a una sceneggiatura arricchita da diverse punte di ironia, un po’ gratuite e sfrontate in alcuni punti, anche se non risultano mai pienamente fastidiose. Al contrario, l’australiano calca troppo la mano sulle disgrazie della famiglia Pudel, soprattutto nella prima parte, rallentando eccessivamente il ritmo della narrazione e diventando a tratti ripetitivo.
Infine, il film è supportato da uno stop motion perfetto e da una bella colonna sonora, composta da Elena Kats-Chernin, contenente alcuni brani notevoli e memorabili.
Voto: 8.5/10

Recensione Spoiler di “Memoir of a Snail”
“Memoir of a Snail“ di Adam Elliot è uno splendido racconto di formazione che riflette in particolar modo sulle gabbie che, come delle piccole lumache, ci creiamo da soli, pensando che ci servano da scudo, per proteggerci dal dolore e dalle ingiustizie della vita. In realtà, in questo modo, finiamo per farci ancora più male, per causarci ancora più sofferenza, dal momento che ci impediamo di vivere davvero.
La vita è un gran casino, uno spaventoso treno che corre veloce verso l’ignoto, ma, allo stesso tempo, è tremendamente bella e affascinante; perciò, per quanto possa fare paura, l’errore più grande è semplicemente quello di non viverla. Il film diventa così un vero e proprio inno, un’esaltazione dell’esistenza in ogni sua forma, un’incoraggiamento a uscire dalla propria comfort zone e fare più esperienze possibili, piccole o grandi che siano, per ricercare la felicità e la gioia.
Anche il passato, allo stesso modo, può diventare una gabbia, un rimorso costante che ci imprigiona con i suoi traumi, ragion per cui, come dice il personaggio di Pinky, la vita può essere compresa guardando all’indietro, ma deve essere vissuta con gli occhi proiettati al futuro; in altre parole, il passato è ciò che ci contraddistingue, ci forma e ci caratterizza, ma – contemporaneamente – può divenire un “guscio” pericoloso, un involucro che ci blocca e ci appesantisce, se vi rimaniamo attaccati per troppo a lungo.
Un altro esempio di “guscio” in grado di rovinarci la vita è il fanatismo religioso, impersonato, all’interno del lungometraggio, dagli Appleby, la famiglia adottiva di Gilbert. Nella loro immensa tenuta agricola dominano l’austerità e l’oppressione, che minano le libertà personali di ciascuno e appiattiscono i sentimenti e l’umanità, fino a trasformare le bellissime sfumature di colore della vita in un monotono grigio. L’esistenza condotta dagli estremisti, seguaci di un qualsiasi culto, non è più un “bellissimo arazzo”, bensì uno scadente tappetino da quattro soldi. Dietro questo messaggio si cela una sottile critica al potere e al pericolo della religione, che può manipolare, modellare e comandare il pensiero degli uomini.
Elliot riesce a trattare questi argomenti così complessi e sfaccettati con grande freschezza, grazie all’ironia pungente e irriverente della sua scrittura, e originalità, grazie a dei personaggi bizzarri e stravaganti – dalla stessa Grace alla più volte nominata Pinky, passando per il padre Percy e per Ken -, a dei modellini di plastilina dal design unico e ricercato e all’ambientazione inusuale. La perfezione dello stop motion è solo il coronamento, la ciliegina sulla torta.
Ciononostante, la sceneggiatura risente di un sarcasmo alle volte un po’ troppo gratuito e fuorviante e di una certa pesantezza, soprattutto nella prima parte del film: Elliot calca talmente tanto la mano sulle sciagure dei protagonisti da risultare “noioso” e “scocciante”.

Opinione finale con voto
“Memoir of a Snail” è un canto d’amore per la vita, presa sia nei momenti alti sia in quelli bassi, che tratta con estrema sincerità e delicatezza l’introversione, la paura sociale e tutte quelle tendenze che ci portano a formare dei “gusci protettivi”, come quelli delle lumache. Quello che pensiamo sia un meccanismo di protezione, però, non fa altro che rovinarci l’esistenza e danneggiarci più dei dolori della vita stessa.
La pellicola, divertente e toccante, fa del mix tra ironia pungente e dramma il suo punto forte, insieme allo stile fortemente personale e singolare del suo autore, Adam Elliot.
Voto: 8.5/10

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E voi avete visto “Memoir of a Snail”? Fateci sapere nei commenti cosa ne pensate!