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Joker: Folie À Deux – La nostra recensione spoiler e l’analisi del finale del film! (2024)

Joker: Folie À Deux“, proprio come il suo predecessore del 2019, è stato finalmente presentato in anteprima mondiale alla Mostra del Cinema di Venezia. Joaquin Phoenix torna sul grande schermo nei panni di Arthur Fleck, accompagnato, questa volta, dall’amata Lady Gaga, interprete dell’iconica Harleen Quinzel, semplicemente “Lee” nel nuovo film di Todd Phillips. L’attesa di cinque lunghi anni sarà valsa, almeno per i fan del primo lungometraggio? Noi di Nerd Al Quadrato l’abbiamo visto in anteprima a Venezia 81 e siamo qui per dirvi la nostra (con spoiler. Per la recensione no-spoiler vi lasciamo qui il link)!

La recensione sarà strutturata nel seguente modo: una prima parte spoiler (per chi, anche se l’opera non è ancora uscita, vuole sapere tutto), concludendo con l’analisi del finale del film.

Joker: Folie À Deux
Joker: Folie À Deux

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Recensione Spoiler di Joker: Folie À Deux

Joker: Folie À Deux si apre con una sorta di cortometraggio animato in stile Looney Tunes con protagonista Arthur, che potrebbe sembrare un po’ il riassunto del film. Una volta terminata, eccoci finalmente all’interno dell’Arkham Asylum ideato da Phillips. La branca dell’ospedale che ci accoglie è un ambiente tetro, pauroso e ansiogeno, caratterizzato da un clima generale di soprusi e violenze. Poco dopo vediamo l’altra parte, quella “pulita”, dove risiedono i malati mentali con “disturbi più leggeri”, come Lee (Lady Gaga), la versione di Harley Quinn di questa dilogia.

È qui che gli occhi del nostro amato Arthur e della ragazza menzionata poc’anzi si incrociano per la prima volta, presso una lezione di canto. Qualche secondo dopo, Lee mima il famoso gesto della pistola, dimostrando una certa connessione tra i due, che poi viene, in un certo senso, spiegata durante le presentazioni, anche se quella di Lee si rivelerà essere fasulla (come potrebbe essere pure la relazione, ma ci arriveremo nella parte di analisi).

In queste prime scene, però, abbiamo già visto un protagonista che è regredito di venti passi rispetto al primo film. Il finale, infatti, ci lasciava mostrandoci Joker. L’identità del pagliaccio aveva preso il sopravvento e Arthur era divenuto malvagio. Peccato che, in questo film, si dimostra quasi un cucciolo indifeso. Manca di carisma, di carattere, è un uomo nuovamente depresso e niente altro.

Andando avanti, Jackie (Brendan Gleeson), un poliziotto abbastanza amico di Arthur, riesce a introdurlo nel corso di canto nell’altra ala del manicomio, dove riesce a interagire e discutere per la prima volta con Lee e dove apprendiamo che è stato girato un film su Arthur. Di nuovo ci scontriamo con l’idealizzazione della figura del Joker, visto ancora come un eroe da alcuni cittadini di Gotham City.

Un po’ di tempo dopo il primo incontro, durante la proiezione di un film, Lee – che, stando alle sue parole, aveva dato fuoco alla palazzina dove viveva – sfrutta dei fiammiferi per appiccare un fuoco nella stanza e andarsene via, accompagnata dal suo cavaliere. Via, lontani da quel mortorio. Proprio durante questa “scappatella romantica”, i due si baciano amorevolmente per la prima volta. Tentano la fuga ma vengono beccati. Arthur viene spedito in isolamento, ma Lee lo raggiunge di lì a poco grazie alla prima delle molte forzature del film, che crea veri e propri buchi logichi per far entrare in scena il personaggio interpretato da Gaga.

Fatto sta che ora si trovano insieme, in una cella angusta. Due giovani innamorati, reietti della società, che si intendono a meraviglia… L’attrazione e il livello degli ormoni sono alti, altissimi, e culminano con una scena di pessimo gusto in cui Arthur e Harley fanno gentilmente “l’amore“. Ora, io capisco la distanza dai fumetti, ma il bello dell’iconica relazione è proprio la critica che fa alla tossicità, all’abuso, alla violenza domestica. Tutta la poetica si perde e, in questa rivisitazione, il rapporto viene ridotto a una semplice e banale storiella d’amore.

In seguito, ha finalmente inizio il processo di Arthur, condizionato a lungo andare sempre più dalla sua storia con Lee, tanto che decide di darle ascolto e smettere di prendere i farmaci, facendo uscire la personalità di Joker. Tutto quanto inizia ad andare a quel paese precisamente da questo momento: la trama, che regala alcuni momenti no-sense davvero divertenti; il rispetto verso il primo film; l’utilità già dubbia di Lee. Fa male vedere uno dei personaggi così iconici della cultura pop relegato a un ruolo di scarsa importanza, praticamente solo di amante.

L’ultimo giorno del processo, il protagonista psicotico sceglie di cambiare direzione e dirci che non c’è mai stato nessun Joker. È sempre stata una recita di Arthur Fleck. Contemporaneamente svaniscono la crescita del personaggio e tutti gli scenari interessanti che potevano essere creati. È una vera e propria mazzata per il film, che si dimostra nuovamente privo di coraggio e originalità. Poco più di due ore quasi inutili, che potevano persino essere riassunte in un mediometraggio. A ogni modo, in mezzo a questa “timidezza” nella scrittura, ci sono anche dei segnali interessanti mandati da Phillips, come l’abuso dei prigionieri nelle carceri, il maltrattamento e una percezione lontana lontana della giustizia.

La trama, comunque, non è finita. La giuria deve ancora emettere il verdetto, ormai scontato. Lo fa il giorno dopo: Arthur è colpevole di tutti i capi di accusa. Proprio in quel momento, l’aula del tribunale viene fatta esplodere con un’autobomba e una CGI scadente. Il protagonista viene tratto in salvo, per poi finire nuovamente nelle grinfie dei poliziotti. Ma la realtà è che tutto questo melodramma sul processo è probabilmente tutto frutto dell’immaginazione di Arthur. Una scelta dettata più dalla convenienza che da ragioni puramente narrative.

Nonostante tutti questi difetti, il film offre anche lati positivi, soprattutto visivamente. La regia di Phillips è molto buona, dinamica e con tanti movimenti di camera come quella del primo film. La fotografia di Lawrence Sher è la cosa migliore di Joker: Folie À Deux ed è in grado, con dei bei giochi di colore, di regalare scene emozionanti e suggestive. Tuttavia, il cinema non è solamente bella estetica e pane per gli occhi. Prima di tutto deve esserci una storia da raccontare, cosa che, forse, Joker: Folie À Deux non ha.

Il lungometraggio è troppo lungo, due ore e venti per le vicende narrate sono davvero eccessive. Come ho già detto, tutto si poteva riassumere in un mediometraggio di un’oretta. E, difatti, finisce per annoiare a lungo andare. Questa è colpa anche dei nuovi personaggi, poco incisivi, senza carattere, blandi, insipidi. Harley e Harvey Dent non funzionano, sono scritti male.

I due interpreti principali hanno realizzato un ottimo lavoro, peccato che siano stati un po’ sprecati. Entrambi potevano dare di più, ne sono capaci. Il livello raggiunto nel primo capitolo da Phoenix qui è abbastanza lontano. Una sorprendente Lady Gaga, invece, meritava un minutaggio maggiore e una scrittura più profonda. Un applauso, però, va fatto alla trasformazione fisica di Joaquin. Impressionante.

Concludiamo parlando della musica, un aspetto importante per un film pensato per essere un musical. L’idea di integrarla alle parole dei due protagonisti, sfortunatamente, non è riuscita a pieno. La scelta delle canzoni è, per me, da rivedere in certi punti, dato che spesso si amalgama ben poco al contesto. Oltre a questo, Phillips sembra quasi voler rinnegare l’aver fatto un musical. Non si capisce bene cosa voglia essere e finisce per realizzare una pellicola vuota e priva di identità. La colonna sonora della Guðnadóttir, vincitrice dell’Oscar nel 2020, è tanta roba, carica di pathos e di ansia.

Voto: 5-/10

Joker: Folie À Deux

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L’analisi del finale di Joker: Folie À Deux

Nella scena finale assistiamo all’omicidio di Arthur Fleck per mano di un detenuto dell’Asylum. Il protagonista, però, è tutto pulito e lindo, senza un graffio. Com’è possibile? Insomma, dopo quel casino in tribunale… Pensandoci, l’unica spiegazione plausibile è che Arthur si sia immaginato quasi tutta la storia.

Dopo il primo incontro con Lee, la sua mente potrebbe essersi fermata, aver iniziato a vagare e costruire una vicenda dopo l’altra. Così, l’interità della sua relazione va in fumo. Si sgretola. Ecco perché lo riprendiamo davanti alla televisione, tutto tranquillo e sorridente. Pochissimo degli “orrori” visti a schermo in Joker: Folie À Deux è reale.

Joker: Folie À Deux

E voi, cosa ne pensate di questa recensione? Siete in hype per “Joker: Folie À Deux”? Andrete a vederlo una volta rilasciato? Fatecelo sapere qui sotto con un commento!

Davide Citterio

Amante del cinema e dei fumetti, adoro follemente Richard Linklater, Hayao Miyazaki e la DC Comics. Nel tempo libero sono uno scrittore amatoriale e un aspirante sceneggiatore.

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