Speak No Evil – La Nostra Recensione! (2024)
“Speak No Evil – Non parlare con gli sconosciuti” è un film thriller/drammatico del 2024 di James Watkins, remake dell’omonimo film danese del 2022 di Christian Tafdrup. Il film racconta della vacanza da sogno di una famiglia americana che si trasforma in un incubo quando fanno la conoscenza di una particolare famiglia inglese. Noi di Nerd Al Quadrato l’abbiamo visto e siamo qui per dirvi la nostra!
La recensione di “Speak No Evil – Non parlare con gli sconosciuti” è divisa in due parti: una prima parte no-spoiler, con una recensione ed un parere generale sul film; seguita da una recensione spoiler, con analisi della conclusione e pensieri finali sul film.
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Recensione No-Spoiler di “Speak No Evil”
Riconosco che, probabilmente, non ha senso di esistere un film che risulta un remake di un prodotto vecchio solo di 2 anni rispetto a questa nuova versione, sta di fatto che questa moda, in generale, sta avendo sempre più successo, in Italia prima e, a quanto pare, anche in America adesso.
Tenendo conto che si sta valutando la pellicola senza aver recuperato ancora l’originale danese, il prodotto risulta essere molto buono nell’intrattenere pur non avendo una trama eccessivamente complessa.
È un film che non ricerca tecniche particolari o una fotografia ambiziosa, ha una regia semplice con dei guizzi molto intelligenti soprattutto nella seconda parte che permettono di ridurre alcune spiegazioni che avrebbero potuto rallentare molto il ritmo.
Il comparto attoriale è fantastico, da un James McAvoy sempre più brillante fino al ragazzino protagonista che probabilmente è un bimbo prodigio nel mondo del cinema.
Non sono stato in grado di trovare qualcosa che stona, con il ritmo o la caratterizzazione, sono uscito dalla sala estasiato da quel che avevo visto e colmo di curiosità per recuperare il prodotto originale da cui è stata tratta ispirazione.
Voto: 10/10
Recensione Spoiler di “Speak No Evil”
Premettendo, come già detto, di non aver mai visto la pellicola originale del 2022, devo ammettere di aver apprezzato tantissimo questo “Speak No Evil”.
Il film risulta per la prima metà divertente e piacevole, la recitazione dei personaggi in gioco fa sembrare di star vedendo un film leggermente bizzarro su una famiglia borderline che si scontra con un’altra che risulta essere completamente l’opposto: ordinaria, imborghesita e che rispecchia tutti i canoni del vivere in una metropoli.
La famiglia di McAvoy è stranissima, molto aperta mentalmente e fa sempre divertire, proprio per questo risulta ancora più amara la rappresentazione della famiglia protagonista quando rientra in casa.
Già soltanto nel vederla nella loro città di origine si evince che è una famiglia spenta, che arranca come si poteva già presumere da ciò che avevano detto presentandosi, una famiglia che cerca di sopravvivere facendo scorrere passivamente le giornate, piene di stress e frustrazione.
La bizzarria, invece, della famiglia campagnola viene immediatamente gettata in pasto allo spettatore, sin dalla prima scena in cui senza scrupoli (o cortesia per quel che vale) Patrick decide di prendere rumorosamente una delle sdraio dell’altra famiglia.
Quindi, una volta visto questo quadro disperato, lo spettatore desidera ardentemente che la famiglia vada a trovare nelle campagne rurali quel gruppo non convenzionale, con la speranza di vedere i protagonisti non solo ricaricarsi, ma magari trovare un’occasione di svolta per la propria vita.
La cosa, ovviamente, da elogiare maggiormente risulta la recitazione: ogni attore risulta splendere nella sua interpretazione, ma sul podio rimane ovviamente James McAvoy che, ancora una volta dopo “Split”, dimostra la sua bravura nel rappresentare atteggiamenti completamente opposti nello stesso personaggio.
Nella prima metà sembra una rappresentazione al livello degli ultimi personaggi di John Cena, un personaggio bizzarro e volgare, spericolato e che crea disagio e trambusto, ma che comunque risulta molto più divertente e risoluto di qualsiasi altra compagnia si può trovare in quel ritiro nei borghi italiani che, senza loro, sembrerebbe più un grande ospizio che una vacanza.
La sua schiettezza e l’essere apparentemente superficiale ed il suo atteggiamento così aperto alla vita, un tipo che pensa molto meno di quanto agisce, ma che già da subito dimostra qualche dettaglio che può far titubare se si legge tra le righe.
Alcuni momenti, infatti, il suo personaggio sorride, ma non con gli occhi che sembrano già emanare fulmini di eccitazione per le nuove prede trovate.
Il dettaglio, però, più inquietante che potrebbe già far provare timore per il personaggio è sicuramente quello presente nello scambio di battute durante la cena nel borgo per allontanare la noiosa famiglia tedesca.
Esattamente dopo la sua battuta sul come pulirsi dopo aver concluso i propri bisogni nel bagno e fatto scappare via disgustati suddetto gruppo, Ben si rivolge a Patrick affermando che quest’ultimo è tremendo.
Patrick, di tutta risposta, con una sola frase fa capire che non ci sono limiti a quel che sarebbe disposto a fare, con uno sguardo quasi bestiale che, anche se dura una frazione di secondo, è sufficiente a mettere i brividi.
Il suo atteggiamento psicopatico e bestiale che si sviluppa rapidamente nella seconda metà lo rende il Norman Bates della porta accanto adatto a far accapponare la pelle a chiunque, tanto da temere anche se si rischia di infastidirlo un minimo.
McAvoy è su un piedistallo anche per questa interpretazione, però non è il solo: a condividere la vetta bisogna porre sicuramente Dan Hough, il bimbo che interpreta il “figlio” di McAvoy, Ant.
Il ragazzo, pur non parlando per tutta la durata del film, riesce ad essere incredibilmente espressivo dando una credibilità non facile da interpretare per un bambino.
Il modo in cui costantemente cerca le attenzioni della bambina e di mandare messaggi anche ai genitori è un qualcosa che tiene tutti incollati allo schermo, presi da nervosismo e agitazione.
Sia quando resta accanto a Ben con la bocca aperta, probabilmente per cercare di mostrare che la sua lingua è stata tagliata e non ha un difetto fisico, sia quando, dipingendo le uova, mostra un biglietto per avvisare la bimba che prontamente mangia quando capisce che è in pericolo.
Soprattutto il modo in cui viene, poi, sciolto il mistero attorno alla famiglia, il concetto di probabile contrabbando di bambini e adescamento ed uccisione di famiglie.
Tutto il complotto risulterebbe lungo e piuttosto noioso da spiegare a parole, mentre il ragazzo con pochi semplici movimenti decisi è stato in grado di far collimare tutti gli indizi che aveva gettato lungo il film, fino alla soluzione.
Soluzione a cui si arriva con una esasperata interpretazione che culmina con il gesto che fa intendere che la sua lingua è stata tagliata perché probabilmente è un ragazzino astuto che creava non pochi problemi alla famiglia.
Quest’ultimo, però, risulta avere ben due picchi nella sua interpretazione, con la prima è sicuramente la già citata scena della spiegazione; mentre la seconda è il finale in cui sfoga tutta la sua rabbia e frustrazione per quel che ha dovuto subire distruggendo completamente il cranio del suo rapitore con un masso.
Paradossale e divertente è anche un’analogia che sembra esserci in due momenti del film: il bimbo, infatti, quando attacca McAvoy si lascia andare, con tutto il fiato che ha, in un bestiale e furioso urlo liberatorio, per poi restare in silenzio a piangere nell’auto dei Dalton.
Questo momento di sfogo, non può non ricordare un momento che accade precedentemente durante il film, ovvero quello in cui Patrick accompagna Ben accanto all’altare commemorativo dei caduti per spingerlo ad un urlo liberatorio per sfogarsi del tradimento della moglie e lo stress della sua vita.
La somiglianza è innegabile ed è divertente proprio perché, nel primo caso, è McAvoy che urla e spinge l’uomo a sfogarsi e, nel secondo caso, è il bimbo che lui teneva letteralmente legato a sé, prigioniero e costretto a fingere di volergli bene, che sfoga tutti gli abusi subiti su di lui.
La fotografia del film è semplice, non ha nulla di ricercato o particolare, semplicemente accompagna gli eventi permettendo una chiarezza di tutte le azioni che avvengono.
Per quanto riguarda la regia, si può certamente dire che è molto chiara e coerente con la storia, con alcuni momenti intelligenti che sfruttano i dettagli per non lasciare nulla al caso.
Questa cosa viene evidenziata principalmente nella seconda metà del film, dove il dettaglio della siringa che McAvoy vuole iniettare al padre di famiglia viene scaraventata via e recuperata dalla bambina.
La stessa siringa, infatti, viene poi utilizzata per tramortire sul gran finale l’uomo proprio quando sembrava che l’unica scelta possibile fosse il sacrificio del padre della ragazzina.
Un altro dettaglio interessante è l’uso dei riflessi che gioca con la percezione dei personaggi e dello spettatore, come ad esempio quando sembra che Louise Dalton (Mackenzie Davis) sia stata presa alla sprovvista dalla coppia, per poi rivelare che in realtà era solo il suo riflesso.
Il particolare più inquietante è uno che può essere sfuggito ai più, che accade nel momento in cui Patrick e Louise discutono di notte, facendo risalire a galla la questione del tradimento di lei.
Durante questa conversazione, infatti, si può notare l’ombra della testa del personaggio di Patrick che sta spiando tutta la discussione dietro la porta della camera da letto della coppia, senza che nessuno dei due se ne renda conto!
I dettagli più impattanti sono sicuramente quelli che riguardano Ciara ed Ant, i quali nel secondo tempo soprattutto, vengono inquadrati in modi che parlano molto più degli attori stessi.
Basti pensare ai lividi sul corpo della donna e del bambino o a come l’espressione del viso della donna viene posto in primo piano quando il marito sta dormendo dopo aver sgridato il figlio per la coreografia eseguita male, delle espressioni che raccontano tutta la sofferenza racchiusa nella sua vita.
Analisi del finale di “Speak No Evil”
Il finale del film chiude, personalmente, con armonia l’evoluzione al cardiopalma della seconda metà della storia. Il culmine della furia di McAvoy che diventa quasi una bestia infuriata, con l’occhio iniettato di sangue per la ferita dell’acido e quelle urla furiose usate per richiamare la famiglia.
Alternato da quella piccola parentesi di apparente tranquillità e sofferenza, dovuto alla visione della compagna morta che non fa altro che ricalcare l’inquietudine del momento.
I suoi occhi vitrei, mentre spiega le sue intenzioni di rapire la ragazza per farla diventare la sua nuova compagna, lo mostrano con una inaspettata vulnerabilità, quasi bisognoso di una donna al suo fianco che lo tenga a bada, ma che al contrario di intenerire, ne aumenta il timore.
Per chiudere con la scena di sfogo definitivo, come già illustrata poco fa, con il bimbo che sembra inizialmente confuso, ovviamente preso dall’adrenalina e dalla paura del momento, che appena vede il masso istintivamente fa l’unica cosa che è giusto fare in quel momento.
Segnare una sentenza definitiva, il ragazzo è giudice, giuria e boia condannando definitivamente all’infermo l’uomo, come è giusto che sia, a seguito delle ripetute cattiverie e torture inflitte al ragazzo e ai bimbi che lo hanno preceduto.
Il ragazzo per un momento perde la sua fanciullezza, diventa non un uomo, ma un animale che finalmente sfoga la repressione della cattività in cui è stato rinchiuso, superando la barriera della disabilità impostagli e scoppiando in un urlo disumano.
Affascinante, poi, analizzare il dettaglio del cambio repentino, da animale rabbioso al ritorno del fanciullo che è stato privato ingiustamente dell’innocenza, momento che traspare nel primo piano con il ragazzino in lacrime nella macchina della famiglia che lo ha salvato.
Le sue lacrime sono, allo stesso tempo, manifestazione di sollievo e dolore cocente: ripensa alla famiglia che ha perso sperando di ritrovarla in qualche modo, ricorda i soprusi continui che ha subito e le innumerevoli vittime di cui i suoi occhi sono probabilmente stati testimoni.
Ricorda l’apice della furia di un momento prima e sente un senso di libertà mista a terrificante smarrimento per il futuro, consapevoli che, anche se tornasse alla sua vita precedente, lui non potrà mai essere lo stesso, fisicamente e soprattutto mentalmente.
Opinione finale con voto
Il film risulta essere molto coinvolgente, dividendo l’atmosfera in una buona prima parte piuttosto rilassante e piacevole con momenti di ilarità, che portano a legare molto con i cattivi in qualche modo, ed una seconda parte in cui ci si ricrede di ogni singolo apprezzamento fatto provando ansia ed orrore crescenti ad ogni momento di evoluzione della storia.
Indubbiamente gli attori, come già detto, sono di una bravura indiscutibile e sicuramente ha stimolato la curiosità di recuperare (o rivedere) la pellicola originale del 2022 per notare le differenze o, eventualmente, i difetti che qualcuno sembra attribuire a questo remake.
In conclusione, “Speak No Evil” è un film che, personalmente, preso da solo senza tener conto dell’opera di partenza, funziona bene, non presenta incongruenze e rispetta tutti i dogmi di un buon prodotto con una regia non ricercata ma ben studiata quando bisogna essere poco didascalici nel raccontare lo sviluppo, arricchita da un comparto attoriale di professionisti e bambini prodigio.
Non c’è molto di più da dire, in quanto la trama è veramente semplice, ma visto che si è fatto un buon lavoro ed è davvero ben interpretata, è una storia che attacca lo spettatore e non risulta danneggiata dalla durata inferiore alla media dei film contemporanei.
Voto: 10/10
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