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Taxi Driver – La recensione di uno straordinario capolavoro del Cinema! (2024)

Il 4 settembre è approdato ufficialmente nel catalogo di Prime Video uno dei capolavori indiscussi della storia del cinema: “Taxi Driver” di Martin Scorsese. Noi di Nerd Al Quadrato cogliamo l’occasione per portarvi in un viaggio nella retrospettiva di questa pietra miliare, un’opera che ha segnato l’evoluzione del cinema e continua a influenzare registi e spettatori di tutto il mondo.

La recensione di “Taxi Driver” sarà strutturata in queste parti: una veloce prefazione sulla sua storia, recensione spoiler, analisi del finale e concludendo con l’opinione finale riassuntiva.

Taxi Driver
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Storia della produzione

Fresco del successo di “Alice non abita più qui” (1974), Martin Scorsese non si ferma, e da lì a poco pone le basi per un nuovo e ambizioso progetto: il Musical “New York, New York”. La realizzazione però fatica a procedere, portando il lavoro ad un brusco stop (il progetto vedrà la luce soltanto 3 anni dopo, nel 1977).

Fortunatamente da lì a poco, il regista e grande amico di Scorsese, Brian De Palma, presenta a Martin un giovanissimo Paul Schrader, sceneggiatore esordiente di grande talento il cui nome aveva attirato l’attenzione di molti dopo aver scritto la sceneggiatura del film di Sydney Pollack: “Yakuza” (1974).

Il sodalizio prende vita, e Schrader presenta a Scorsese una sceneggiatura scritta nel ’72 e che teneva nel cassetto da troppo tempo. Un dramma esistenziale a tinte Noir e Western (ispirato proprio in parte al capolavoro di Ford: “Sentieri Selvaggi”).

I produttori Julia e Michael Phillips prendono in mano il progetto, al quale si aggiungeranno poi altri grandi nomi come il montatore Tom Rolf, l’addetto alla fotografia Michael Chapman e infine uno dei più grandi compositori della storia del Cinema: Bernard Herrmann. Al cast prendono parte Robert De Niro, Jodie Foster, Cybill Shepherd e Harvey Keitel.

Taxi Driver
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Analisi di “Taxi Driver”

Il fumo dilaga per le strade di New York, e da esso ne fuoriesce un cinico Taxi giallo. Inizia così l’opera di Martin Scorsese. Ad osservare l’inferno terrestre è Travis Bickle, il nostro protagonista, un veterano del Vietnam la cui insonnia lo costringe ad esiliarsi all’interno di una vera e propria bara mobile, la cui corazza lo protegge dai pericoli circostanti.

Soffocato dalle calde luci al Neon della città, Travis assiste ogni notte alla vera New York, a quella malattia che piano piano logora la Grande Mela dall’interno. Una malattia che Scorsese conosce molto bene e a cui avrebbe dovuto far parte, ma rifiutato in seguito dalle gang di zona a causa di problematiche dovute all’asma e alla statura, per poi trovare rifugio nella chiesa e nel cinema.

L’interesse per la sottocultura delinquenzale ha sempre fatto parte del regista, diventando quasi un marchio di fabbrica riconoscibile in molti altri suoi film (“Mean Streets”, “Quei Bravi Ragazzi”, “Al di là della vita”, “Fuori Orario”…).

Travis dunque, si ritrova in un mondo non molto distante da quello vissuto in Vietnam. Passa dalla guerra vera e propria, a quella urbana. L’America si è disunita, la società è assente, la violenza dilaga per le strade e gli abitanti meno privilegiati vengono abbandonati al loro destino. Succube della propria incomunicabilità, Travis si ritrova a perdere anche una delle poche gioie di quel periodo, ovvero l’impiegata Betsy, definita come un Angelo in mezzo a tutto quel sozzume”.

Taxi Driver
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Dopo averla portata a vedere un film a luci rosse al primo appuntamento, Betsy tronca il rapporto e se ne va, lasciando il nostro protagonista a riflettere. Per lui il porno è normalità, routine. Ad evidenziare ancora di più l’alienazione del personaggio ci pensa Scorsese, con una delle carrellate più belle e concettualmente potenti della storia del Cinema: mentre Travis dialoga al telefono con Betsy, piano piano la telecamera si sposta verso destra, inquadrando per qualche secondo un corridoio profondo e vuoto, lasciando fuori campo la discussione e fotografando la solitudine del personaggio in maniera innovativa.

Come in molti film di Martin Scorsese, il protagonista è una figura ormai persa, alla ricerca di sé stesso. Travis ha bisogno di uno scopo, di un obbiettivo da portare a termine, esattamente come in guerra. Allora prende di mira il Senatore Charles Palantine, considerato da lui l’autore del degrado urbano e di tutto ciò che di brutto gli era capitato. Compra delle armi e organizza l’assassinio, il tutto presentandosi al fatidico giorno con l’iconico taglio alla moicana.

Il piano va a monte, e ora l’unico obbiettivo di Travis rimane salvare la piccola Iris, una prostituta 13enne che entra subito nei pensieri del protagonista, attratto forse anche in maniera intima, vedendo in lei una donna diversa da quelle che lui definiva “tutte uguali: fredde e insensibili“.

Testa rapata, pistola alla mano e fotografia desaturata: Travis entra nel palazzo dove si trova Iris e mette in atto una vera e propria carneficina per salvarla, uccidendo ogni singola persona che gli si pone davanti. Finiti i proiettili si butta sul divano, e davanti ai poliziotti appena entrati nella stanza, si punta il dito contro la tempia mimando un suicidio, in una delle scene più iconiche della storia del Cinema.

Voto: 10/10

Taxi Driver
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Analisi del finale di “Taxi Driver”

Pur essendo una sceneggiatura iper-realistica, Paul Schrader non si fa problemi ad inserire letture oniriche sul finale. Scorsese non è mai stato chiaro sul finale, lasciando allo spettatore libera interpretazione. Travis durante la sparatoria era stato colpito al collo, eppure eccolo ancora vivo e vegeto, intento a leggere la lettera di ringraziamento dei genitori di Iris per averla salvata.

È vivo? È morto? È tutto un sogno? La bellezza del finale di “Taxi Driver” è anche questa. Ma la cosa che colpisce di più, oltre all’interpretazione soggettiva dello spettatore, è la grande critica sociale che si cela nel gesto compiuto dal nostro protagonista: per tutti è un eroe, pur avendo assassinato svariate persone dentro a quel palazzo. Alla massa non interessa se uccidi, ma interessa chi uccidi.

Se per loro va bene sei un eroe, altrimenti sei un assassino. E se Travis avesse ucciso Palantine, sarebbe stato ettichettato come quest’ultimo. Anche Betsy lo considera un eroe, provando a riallacciare in maniera falsa un rapporto ormai chiuso da tempo. Ma lui non abbocca, e con in sottofondo la malinconica colonna sonora Jazz di Herrmann, e i primissimi piani su De Niro, il film si chiude, ricollegandosi alla scena iniziale come simbolismo di un ciclo che si ripete e che non finisce più.

Taxi Driver
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Opinione finale con voto

Martin Scorsese con il suo “Taxi Driver” è come se avesse creato un genere. Non solo per la mole di citazioni che possiamo trovare in tanti altri film, ma anche per gli stilemi che lo caratterizzano. Un film cardine della New-Hollywood, che rappresenta alla perfezione la situazione sociale e politica dell’America anni ’70 e delle conseguenze del Vietnam. Un film che parla di guerra senza mai mostrarla realmente. Un capolavoro che rimarrà per sempre nella storia del Cinema.

Voto: 10/10

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