Terminator Zero – La Nostra Recensione! (2024)
“Terminator Zero” è è una serie televisiva animata in stile anime dal genere azione, thriller, fantascienza e mech giapponese-americana ideata da Masashi Kudō del 2024, che espande l’universo franchise di Terminator, collocandosi temporalmente dopo gli eventi di “Terminator 2 – Il giorno del giudizio” (1991). In occasione del suo debutto su Netflix, noi di Nerd Al Quadrato l’abbiamo visto e siamo qui per dirvi la nostra!
La recensione di “Terminator Zero” è divisa in due parti: una prima parte no-spoiler, con una recensione ed un parere generale sul film; seguita da una recensione spoiler, con analisi della conclusione e pensieri finali sul film.
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Recensione No-Spoiler di “Terminator Zero”
La serie riesce, seppur con alti e bassi, ad intrattenere bene e a regalare almeno due o tre colpi di scena non del tutto prevedibili. Ha dei problemi a livello grafico, per quanto riguarda le scelte in alcuni punti di usare la computer grafica che ha una resa davvero discutibile, ma porta a casa il compito di resuscitare, meglio di altri esperimenti simili, un universo quasi del tutto dimenticato ed affossato, come quello di Terminator.
Personalmente, inoltre, ho seguito la serie in Giapponese (lingua originale), in quanto i giapponesi sono bravissimi ad estremizzare le reazioni, cosa adatta ad una serie così drammatica e il doppiaggio inglese in prodotti simili, mi ha sempre lasciato un po’ con l’amaro in bocca.
I personaggi sono interessanti e ben caratterizzati, la trama riesce ad essere coinvolgente riprendendo alcuni punti dei film che la precedono, ma risulta allo stesso tempo anche godibile a sé stante, senza necessariamente conoscere l’intera lore dell’universo cinematografico di cui fa parte; questo, risulta sicuramente in uno dei suoi maggiori punti di forza, oltre al numero e alla durata degli episodi che permettono la creazione di una storia scorrevole, ben ritmata e che non ha mai momenti di stallo insopportabili.
Voto: 8/10
Recensione Spoiler di “Terminator Zero”
La serie è strutturata praticamente come un film: ogni episodio termina nell’esatto punto in cui il successivo riprende, ricorrendo al vecchio trucco di chiudere sempre con un colpo di scena celato o con un cliffhanger che crea quella giusta dose di dipendenza che ti spinge a fare una maratona dell’intera stagione.
Per prodotti che devono essere necessariamente altamente maturi come per il franchise di Terminator, la scelta dell’animazione in stile orientale è la via migliore: questo permette un uso massiccio di violenza, spietatezza e crudità nelle scene d’azione, elementi che in questa serie non mancano e sono, anzi, ben distribuite in maniera tale da avere almeno uno smembramento o sparatoria in ogni episodio, anche nel penultimo che risulta essere quello più introspettivo.
Una spietatezza degna di un T-100 che, dallo stringere un cranio di un poliziotto in una caserma fino a ritinteggiare le pareti, all’uso di una balestra celata (in stile Assassin’s Creed) per inchiodare a distanza le proprie vittime, regna incontrastato sullo schermo ogni volta che viene mostrato.
Insieme con il suo sguardo vacuo e la quasi completa mancanza di dialogo da parte sua (tranne per la spiegazione finale che vede il suo obiettivo cambiare e proteggere il figlio del protagonista), il Terminator di questo prodotto raggiunge il suo apice: ogni sua scena di violenza è disegnata in maniera eccellente, ogni uccisione è sporca, brutale e immancabilmente lascia pezzi (che siano occhi, arti o altro) delle vittime ovunque, come è giusto che sia.
Una nota negativa riguardante questo personaggio è sicuramente la “plot armor” data ai protagonisti, la cosiddetta armatura che permette ad un personaggio di non morire anche in situazioni in cui è davanti a morte certa, pur di far progredire la trama.
Questo è molto evidente soprattutto nella scena in cui Reiko, la figlia di Malcom Lee, inseguendo il gatto robotico incontra per la prima volta il Terminator (Episodio 2). È una scena indubbiamente carica di tensione ed orrore, vedendo soprattutto il comportamento del robot che passa da macchina vuota ad essere in grado di esprimere emozioni (in maniera quasi perfetta) sia con il tono che con i movimenti facciali, ritornando poi ad essere spaventosamente vacuo.
Al netto di questo, però, il ritrovarlo immobile davanti alla bambina per quel che sembra un tempo troppo lungo, fa scadere molto il fascino del villain; capisco il voler enfatizzare il senso di assoluta superiorità di un essere in metallo gigantesco contro una fragile bambina, ma non ha senso che, una volta riconosciuto l’obiettivo, la macchina temporeggi così a lungo invece di catturarla e adempiere alla missione.
Seconda scena in cui una situazione si presenta è senza dubbio lo scontro all’interno della centrale di polizia (Episodio 4): viene prima mostrato il Terminator che, nel giro di quel che sembrano una manciata di secondi, qualche minuto al massimo, stermina praticamente chiunque presente sul piano e, quando riesce ad afferrare i bambini, se li lascia scappare senza nemmeno provare ad utilizzare parte della velocità mostrata poco prima per ricatturarli.
Un punto indubbiamente a favore del nostro metallaro preferito, è la decisione di alternare sequenze con tecniche di animazione tradizionali e in computer grafica. Più precisamente, s’intendono le scene in cui il Terminator perde il “rivestimento di carne” mostrando il metallo sottostante sono molto più affascinanti con una resa in CGI, rendono il personaggio molto più inquietante ed è decisamente sensato la scelta di usarlo in quel contesto.
Infatti, la scena successiva all’esplosione durante la battaglia finale, quando il Terminator fuoriesce con il suo scheletro in bella vista, è sicuramente di grande impatto e visivamente, da quel momento in poi, è una bellezza per gli occhi vederlo scontrarsi con i personaggi disegnati in stile classico, quasi come se fosse uscito da uno dei film.
Altra scena visivamente eccezionale è lo scontro tra il villain, ormai non più villain perché in quel momento è in veste di protettore di Kenta, e gli 1NNO, i robot meno evoluti controllati da Kokoro. L’inquadratura inclinata che da lontano mostra lo scontro nel corridoio, con i robot che si ammassano, il tutto illuminato soltanto da scintille e gli occhi rossi del Terminator, credo sia una delle scene visivamente più appaganti di questa stagione.
Ed anche qui, come nella scena successiva in cui una valanga di robot si ammassa nella stanza con l’IEM, la computer grafica è decisamente ben realizzata e non esistevano alternative migliori per la messa in scena di questi momenti. Visto, però, che come ho anticipato nella parte no-spoiler, sono presenti alti e bassi, un altro punto a sfavore è sicuramente l’uso della CGI a sproposito.
Riconosco che ho appena finito di tessere le lodi su quanto la scena dell’uso della computer grafica per le sequenze con i robot sia azzeccata e visivamente stupenda; però questo vale solo per i robot appunto.
La drammaticità che avrebbe dovuto trasmettere, e che in parte comunque trasmette, il discorso filosofico tra Kokoro e Malcom, oppure la breve conversazione tra l’uomo e suo figlio Kenta a cui chiede scusa per non salvarlo e in generale le inquadrature larghe usate nelle scene di maggiore intensità e di rivelazione rovinano tutta l’atmosfera.
Rovinano l’atmosfera a causa di una CGI utilizzata senza un motivo preciso, in quei momenti non enfatizza nulla, e soprattutto la resa visiva è abbastanza orripilante, considerando che tutto il movimento risulta parecchio rigido, tanto da dare una sensazione di “movimento a scatti” che fa a pugni con le scene immediatamente successive se disegnate tradizionalmente.
Soprattutto, le scene che hanno più infastidito, risultano quelle rese in questo modo nel momento della rivelazione delle origini di Malcom (Episodio 7) che, mentre racconta di provenire dal futuro e si alternano scene “presenti” e scene “flashback”, sono presenti scene in cui il protagonista è in movimento reso in CGI (come l’intera stanza) per poi passare a dei primi piani o a dei dettagli, con il protagonista ancora in movimento, in stile tradizionale che stonano per resa visiva e fluidità di movimento.
Un altro elemento negativo, seppur ne farò un breve accenno perché non è la cosa peggiore che si riscontra in questa serie, è l’iniziale gestione di Misaki: nei primi 4 episodi ci sono un bel po’ di ammiccamenti al fatto che c’è qualcosa che non va nella donna, dopo almeno 2 o 3 di questi, quasi tutti immagino abbiano capito che lei è un robot in realtà.
Personalmente, se dopo l’interrogatorio carico di suspance avessero ancora insistito sul mistero, mi sarei irritato parecchio.
Il dubbio che lei poteva essere un robot, dato il contesto (vedi Malcom che è un programmatore, il figlio prodigio che è già bravo con l’ingegneria ed un mondo come quello di Terminator che è sempre pieno di robot in qualsiasi anno e situazione) già dopo essersi tagliata con il coltello e aver notato che aveva un segno sul collo senza nemmeno una goccia di sangue, la situazione iniziava a puzzare non poco, soprattutto perché la donna non ha avuto alcuna reazione all’ovvio forte dolore che avrebbe dovuto avvertire.
Qui arriva il punto più brutto di questa parentesi: è fastidioso notare che Misaki non reagisce con dolore ai tagli che si procura immersa nei suoi pensieri, prima, ma sembra urlare sofferente quando il Terminator le afferra il braccio e lei si sforza di sfuggirgli.
Inizialmente, inoltre, avevo trovato dubbia anche la reazione di shock che la donna ha nel guardare i cavi uscirle dal braccio, elemento che però viene giustificato dal reset di memoria della donna, visto verso la fine, sacrificatosi per la creazione di Kokoro.
A livello di trama, l’idea di creare un loop temporale è interessante, seppur purtroppo è una trovata già vista in molti prodotti di fantascienza, anche se, ormai, la speranza di trovare qualcosa di innovativo e mai visto, in prodotti in cui si parla di viaggi nel tempo, è quasi del tutto defunta.
Va comunque riconosciuto il fatto che è stato provato a raccontare una storia nuova, che comunque si discosta dalla classica struttura dei film sui Terminator, pur essendo fedeli al percorso già intrapreso e sfruttando, allo stesso tempo, anche elementi classici del franchise.
Come quasi tutti i prodotti di animazione giapponese per adulti, anche in questo caso l’inserimento dei concetti di etica e filosofia sono un must che fanno probabilmente godere tutti coloro che lavorano a prodotti del genere.
Battute a parte, questo spinge il franchise di Terminator ad un livello di maturità superiore che ben funziona nel contesto, spingendo addirittura ad abbandonare completamente elementi di ilarità che, invece, sono quasi sempre presenti nei vari capitoli (seppur in minima parte e praticamente assente negli ultimi film).
Il discorso tra Kokoro e Malcom circa l’essere degna l’umanità di salvezza risulta essere tanto profonda quanto inquietante: è inquietante perché, Kokoro, nell’essere oggettiva e un essere senziente collegata all’intera rete internet mondiale, fa effettivamente notare che i fatti dimostrano principalmente la mostruosità dell’essere umano, piuttosto che, paradossalmente, la sua umanità.
E questa è una cosa che, riflettendoci, dovremmo ammettere anche noi, ogni anno, per televisione e su internet, viene mostrato ogni tipo d’atrocità: guerre, violenze domestiche, omicidi spinti da raptus d’ira o, ancor peggio, immotivati, irrazionali e istintivi.
L’IA porta quasi Malcom a dubitare sulle sue scelte, un uomo che ha tradito ed ucciso la sua specie, solo perché convinto che la sua strada sia la scelta migliore per fermare Skynet senza eccessivi spargimenti di sangue e sradicando il male alla radice, similmente al concetto originale di uccidere Sarah Connors, sembra a tratti interdetto.
Ciò che la macchina ci vuole far domandare, ciò che vuole che riconosciamo è proprio il dubbio morale: l’umanità ha veramente dei valori tali da meritare la Terra e meritare di sopravviere?
Come viene detto dalla serie, Skynet è creata dall’uomo, quindi come esso è fallace, limitata e influenzata dai concetti e i difetti degli esseri umani e destinata a fare errori perché basata su costrutti condizionali dettati dalle esperienze dell’uomo, mentre a Kokoro è stato dato da subito libero arbitrio, così come per Misaki, per le quali è stato lasciato scegliere da solo il proprio nome.
Il nome è ciò con cui ci identifichiamo, uno dei pochi elementi così cui veramente possiamo distinguerci dagli altri, il gesto di Malcom di lasciar loro decidere il proprio nome per non influenzarli è una scelta decisamente brillante.
Ugualmente affascinante è la scelta delle “donne” per il nome, entrambi con un profondo significato biblico e spirituale.
Paradossalmente, in pochi minuti la serie giustifica il motivo alla base delle origini della cattiveria di Skynet meglio di tutti i film.
Alla base, le radici sono già marce, infangate dai preconcetti e dal fatto che la macchina apprende dall’uomo, naturalmente evolutosi per distruggere, conquistare ed autodistruggersi.
Per questo, è ovvio che l’unica conclusione plausibile per Skynet, per salvaguardare il futuro e la Terra, si quello di distruggere l’umanità.
Il concetto del viaggio nel tempo che crea paradossi e che quindi porta alla continua creazione di nuove linee temporali, ogni qualvolta si effettui un viaggio, condannando di fatto all’immutabilità delle cose, per quanti sacrifici si facciano, è forse una delle spiegazioni quantisticamente e anche cinematograficamente più interessanti sul tema.
Unita alla seconda condanna, la bolla temporale in cui Eiko scopre che tutti loro si trovano, garantisce che, nel caso di un eventuale rinnovo, è possibile che la trama della serie rimanga abbastanza indipendente da qualsiasi altra strada si voglia percorrere con la saga, in quanto i protagonisti viaggiano su una strada propria, che dipende ed è collegata alla trama dell’universo espanso solo per alcuni punti cardine.
Analisi del finale di “Terminator Zero”
La conclusione è gratificante: allo stesso tempo è una chiusura che porta i nodi al pettine e permette anche una piccola apertura per un potenziale seguito.
Nelle prossime eventuali stagioni è plausibile che si vedano le evoluzioni dei bimbi al nuovo mondo, probabilmente aiutati da Eiko che nel frattempo li addestrerà per l’inevitabile futuro incombente, infatti, sembra che la scelta di Kenta non abbia posto immediatamente fine alla guerra, ma piuttosto potrebbe aver dato il via ad una lenta controffensiva che potrebbe vincere Skynet o soccombere lasciando il “destino oscuro” intatto.
Come già anticipato, l’idea di un loop temporale è molto divertente, soprattutto detto da uno che ha amato il film “Predestination” (2014 con Ethan Hawke), di cui la serie ricalca a grandi linee la struttura circolare di un serpente che si morde la coda ed i protagonisti che interagiscono con il proprio sé del passato per farli diventare il sé del futuro che devono essere.
Questa osservazione intricata perché, secondo il mio parere, il padre di Malcolm è suo figlio, Kenta. Questo perché, quando Kenta si trova nella città dei Gatti e segue la voce della sorella per poi essere catturato dal Terminator, in uno degli specchi distorcenti viene visto il suo riflesso, che risulta essere fin troppo simile ad un giovane Malcom, non credo che sia una coincidenza.
Opinione finale con voto
Complice anche il fatto che la durata di ogni episodio si assesta mediamente intorno ai 30 minuti, “Terminator Zero” è una bella ventata di aria fresca per il franchise, capace di soddisfare i veterani quanto i nuovi fan che si incuriosiscono per la prima volta a questo universo.
Questa serie, inoltre, dimostra che l’animazione per adulti è un settore su cui si può e si deve ancora investire tanto, in quanto, se sfruttata come si deve, può sfornare prodotti con un buonissimo livello di qualità ed intrattenimento.
La serie, in breve, ha molti punti di forza ed i punti negativi sono fastidiosi, ma non rovinano l’intera esperienza, per quanto irritanti comunque, è un buon revival ed è un ottimo starting point per nuovi fan della saga e per abbracciare una fetta di pubblico più ampio, amante del genere d’animazione.
In conclusione, mi sento di promuoverla e sono molto soddisfatto anche del finale che, per quanto possa dispiacere un’eventuale cancellazione, risulta comunque gradevole presa a sé stante.
Voto: 8/10
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