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The Alto Knights – La recensione del nuovo film gangster con Robert De Niro! (2025)

The Alto Knights, diretto da Barry Levinson e scritto da Nicholas Pileggi è il nuovo film con protagonista Robert DeNiro, qui nel doppio ruolo dei due boss più importanti della malavita italo-americana: Vito Genovese e Frank Costello. Una gestazione lunga 30 anni che ha richiesto diversi rinvii, riprese aggiuntive e dei test screening che non hanno funzionato. Dopo diversi anni di pausa dal cinema torna il leggendario regista Barry Levinson con un film sulla fine della mafia americana vecchio stile, ma sarà riuscito a mantenere le aspettative?

Noi di Nerd Al Quadrato l’abbiamo visto e siamo qui per dirvi la nostra!

La recensione di “The Alto Knights” sarà strutturata in queste parti: recensione no-spoiler (per chi vuole un primo parere sul film, ma non l’ha ancora visto), analisi del finale e concludendo con l’opinione finale riassuntiva.

The Alto Knights

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Recensione di “The Alto Knights”

The Alto Knights – I due volti del crimine segue le vicende di due dei più noti boss della criminalità organizzata di New York, Frank Costello (interpretato da Robert De Niro) e Vito Genovese (sempre interpretato da De Niro), intenti a contendersi il controllo delle strade della città. Un tempo migliori amici, piccole gelosie e una serie di tradimenti li mettono su una rotta di collisione mortale, cambiando per sempre il volto della mafia e, di riflesso, l’America stessa.

The Alto Knights è scritto dal candidato all’Oscar® Nicholas Pileggi, celebre per aver sceneggiato il cult “Quei bravi ragazzi”. Alla produzione troviamo il premio Oscar® Irwin Winkler, produttore di film iconici come “Rocky” e lo stesso “Quei bravi ragazzi”. Il progetto rappresenta un ritorno alle origini per alcuni grandi nomi del cinema di genere: Barry Levinson non dirigeva un film per il cinema dal 2015, anno in cui uscì “Rock the Kasbah” con Bill Murray, mentre Pileggi non scriveva una sceneggiatura dai tempi di “Casinò” di Martin Scorsese, che vedeva protagonisti Robert De Niro e Sharon Stone.

The Alto Knights si presenta come un’operazione che strizza l’occhio ai classici gangster movie, un genere che negli ultimi anni sembrava ormai superato, con poche eccezioni come “The Irishman” di Scorsese. Tuttavia, il film non riesce a ritagliarsi un posto di rilievo né tra il pubblico né tra la critica. Gli incassi sono disastrosi e la pellicola faticherà a recuperare terreno nel tempo. Anche dal punto di vista critico, le opinioni sono per lo più negative: il film viene accusato di essere troppo blando, già visto e privo di innovazione.

Tuttavia, sebbene molte di queste critiche siano fondate, The Alto Knights non fallisce completamente. Al contrario, il film riesce a regalare alcuni momenti di grande cinema, soprattutto per gli appassionati del genere. Lo stile ricorda molto il cinema degli anni ’70, un’epoca in cui una pellicola del genere avrebbe probabilmente avuto un impatto ben diverso, forse addirittura diventando un cult.

I problemi del film sono molteplici, in particolare nella prima parte. Il montaggio risulta caotico e poco efficace: molte scene sembrano incollate l’una all’altra senza un filo conduttore chiaro, generando un effetto di disorientamento nello spettatore. Alcuni fermo-immagine risultano non solo inutili ma anche eseguiti in modo piuttosto grossolano. Per non parlare di alcune scritte che compaiono sullo schermo, che sembrano uscite direttamente da una presentazione PowerPoint, togliendo credibilità e qualità visiva al film.

Anche la sceneggiatura presenta diversi problemi. In alcuni punti il film si perde in dialoghi eccessivamente logorroici, sovraccaricati di informazioni che, sebbene interessanti per il contesto storico, rallentano il ritmo della narrazione. Alcuni passaggi risultano poco incisivi e sembrano distaccarsi troppo dalla trama principale, rendendo difficile per lo spettatore rimanere coinvolto nella storia.

Tuttavia, The Alto Knights ha anche i suoi punti di forza. Uno dei suoi elementi più riusciti è la doppia interpretazione di Robert De Niro, che riesce a dare sfumature diverse ai due personaggi principali, confermando ancora una volta il suo talento straordinario. Inoltre, Levinson dimostra in più occasioni di saper ancora dirigere scene di grande impatto visivo ed emotivo, rendendo giustizia ai migliori momenti della sceneggiatura di Pileggi. Alcune sequenze, infatti, risultano particolarmente coinvolgenti e affascinanti, restituendo l’atmosfera dei grandi gangster movie del passato.

Un altro aspetto interessante del film è la costruzione dei personaggi, che appare ben definita e coerente. Pur seguendo una narrazione simile a quella di “Quei bravi ragazzi”, il film riesce comunque a differenziarsi in alcuni punti ben piazzati, offrendo una variante su una storia che, per quanto classica, avrebbe potuto risultare ancora più interessante con una realizzazione più curata.

Un altro dei problemi principali di The Alto Knights è il suo tempismo. Il film esce dopo “The Irishman”, che molti considerano la chiusura definitiva del genere gangster grazie alla sua potenza narrativa e alla regia magistrale di Scorsese. Inoltre, esce in un’epoca in cui il pubblico sembra meno interessato a questo tipo di storie. Se fosse stato rilasciato negli anni ’90 o nei primi anni 2000, probabilmente avrebbe avuto un’accoglienza ben diversa. Questo non significa che il film sia completamente da scartare, ma è evidente che il progetto avrebbe funzionato meglio in un periodo più propizio per il genere.

Levinson aveva già esplorato il mondo della criminalità organizzata con “Bugsy”, mentre De Niro aveva affrontato lo stesso tema con i film di Scorsese e De Palma. The Alto Knights non riesce però a imporsi come un’opera imprescindibile nel panorama del cinema gangster. Il film non lascerà il segno nella storia del cinema, rimanendo un’operazione nostalgica ma difettosa, con diverse imperfezioni che ne limitano il potenziale.

La colonna sonora di David Fleming, che si dimostra efficace in più momenti della narrazione, è uno dei punti positivi del film, contribuendo a creare l’atmosfera giusta per il film. Anche il finale è ben realizzato: elegante e diretto, lascia una buona impressione, facendo rimpiangere il fatto che l’intero film non sia stato scritto con la stessa cura e incisività.

In definitiva, The Alto Knights è un’occasione parzialmente mancata. Non è un completo fallimento, ma neanche un film che verrà ricordato come un caposaldo del genere. Per gli appassionati dei gangster movie e per chi ama il cinema di Levinson, potrebbe comunque valere la visione, soprattutto per alcuni momenti in cui il film riesce a brillare. Tuttavia, nel complesso, il risultato finale non è all’altezza delle aspettative e dimostra quanto sia difficile oggi realizzare un gangster movie che riesca a imporsi con la stessa forza dei classici del passato.

Voto: 6,5/10

The Alto Knights

Analisi del finale di “The Alto Knights”

Barry Levinson si presenta con un’opera che richiama i toni e le atmosfere del passato, offrendo al pubblico un’interpretazione in chiave vecchio stile del mondo mafioso. Il film si distingue per la volontà di rievocare quell’epoca d’oro dei gangster movie, dove la narrazione era scandita da dialoghi intensi e da un ritmo narrativo che sapeva alternare tensione e riflessione. In quest’opera, il regista si cimenta in un approccio nostalgico, cercando di restituire quella carica emotiva e quella profondità dei personaggi che avevano fatto la storia del cinema dedicato alla mafia americana.

Uno degli aspetti più rilevanti del film è il gran ritorno di uno sceneggiatore che ha contribuito a plasmare il genere dei gangster movie, capace di infondere autenticità e rigore narrativo ad un’epoca ormai lontana. La scelta di far interpretare a Robert De Niro un doppio ruolo, strumento che lo ha reso celebre in tutto il mondo, rappresenta un omaggio alle sue imprese cinematografiche passate. De Niro, con la sua presenza carismatica, riesce a trasmettere la complessità dei personaggi, alternando la spietatezza e il carisma in una doppia interpretazione che, sebbene non raggiunga il livello di perfezione di alcuni suoi lavori precedenti, offre comunque numerosi spunti di riflessione sul destino e la redenzione.

Una delle scene più toccanti del film è quella ambientata in prigione, in cui Frank Costello e Vito Genovese trascorrono un breve periodo insieme nella stessa cella. Questa scena è particolarmente significativa perché, nonostante i loro retaggi di nemesi storiche, i due personaggi non si mostrano come acerrimi oppositori, bensì come esseri umani segnati da una vita di eccessi, ambizioni e tradimenti.

Il confronto in quella ristrettezza simbolica diventa il luogo in cui il tempo si dilata e dove si manifesta la fragilità di chi, una volta, ha dominato il mondo del crimine organizzato. La convivenza forzata in quel microcosmo carcerario consente agli spettatori di intravedere l’umanità dietro le maschere di potere, mettendo in luce come, al di là delle rivalità, esista un legame di destini incrociati e di storie parallele che hanno plasmato il volto della mafia americana.

Il climax del film si sviluppa nel finale, in una sequenza densa di simbolismi e di riflessioni esistenziali: vediamo Frank Costello, ormai anziano, che ha fatto arrestare tutti i boss mafiosi, incluso il leggendario Vito Genovese, e che trascorre le giornate in una casa modesta. In questa fase tardiva della vita, Costello si dedica a una lenta revisione del passato: osserva le vecchie fotografie, ciascuna testimone silenziosa di un’epoca in cui il potere, la violenza e la lealtà si intrecciavano in un gioco crudele.

È in quel momento che il suo racconto giunge al termine, simboleggiando la chiusura di un capitolo della storia del crimine organizzato. La scena è un invito a meditare sul prezzo del potere e sulla consapevolezza che, nonostante i fasti del passato, il tempo inesorabile è sempre destinato a livellare ogni gloria.

Ma cos’è, in realtà, The Alto Knights? Il titolo stesso si riferisce a un bar, luogo fondamentale che fu nella realtà e che nel film diventa il fulcro della vita di Costello e Genovese, un luogo in cui si sono consumati incontri, alleanze e tradimenti, e che ha visto nascere e morire le ambizioni di chi lo frequentava.

La scelta di dare il titolo del film al nome di questo bar non è casuale: esso simboleggia il ciclo della vita, l’inevitabile conclusione di ogni grande storia. Nel dialogo scritto da Pileggi, il personaggio di Costello afferma che “tutte le cose arrivano ad una fine”, una frase che si erge come una sorta di epitaffio per il genere stesso. In questo contesto, il bar non è soltanto un’ambientazione fisica, ma diventa il microcosmo in cui si riflette la caducità di ogni impero, anche quello costruito sulla violenza e sul potere.

L’opera si presenta, dunque, come l’ultimo atto di una lunga serie di film e produzioni televisive che hanno raccontato la storia della mafia americana. C’è una consapevolezza intrinseca nel film: esso sa di essere l’ultima opera di un genere che ha vissuto momenti di grande esplosività creativa, ma che oggi rischia di aver esaurito il proprio linguaggio narrativo per un pubblico contemporaneo.

The Alto Knights
The Alto Knights

In un’epoca in cui i modelli di consumo culturale sono cambiati radicalmente, dove la velocità dell’informazione e l’immagine predominano sullo sviluppo lento e meditativo di una trama, The Alto Knights si erge come un monumento nostalgico a tempi che non torneranno più. La sua narrazione, pur non raggiungendo l’intensità emotiva e la raffinatezza di opere come The Irishman, cerca comunque di offrire un’ultima parola sul tema della mafia, proponendo una riflessione che va oltre il semplice intrattenimento e che tocca corde profonde legate all’identità, alla memoria e al senso del destino.

Il film, dunque, si caratterizza per una duplice dimensione: da un lato c’è il richiamo alle atmosfere e ai codici del passato, dall’altro una consapevolezza amara del fatto che il mondo del crimine organizzato, con tutte le sue violenze e i suoi eccessi, non può più trovare riscontri autentici nella realtà contemporanea. Questa doppia lettura si traduce in una narrazione che, pur mantenendo un ritmo incalzante e momenti di grande cinema, non sfugge alla tristezza di un genere destinato a diventare un ricordo, un’eco lontano di un’epoca ormai passata.

L’analisi di alcuni passaggi chiave del film rivela ulteriormente la complessità della narrazione: la scena in prigione, ad esempio, non è solo un espediente narrativo per mostrare la caducità del potere, ma diventa un momento di intimità tra due figure storiche, in cui il confronto si trasforma in una sorta di rito di passaggio. Costello e Genovese, nonostante la loro antica rivalità, sembrano accettare la realtà del loro destino, riconoscendo nei volti segnati dal tempo le tracce di una vita spesa a inseguire un’illusione di eternità.

Tale scena è una testimonianza della capacità del regista di trasformare il conflitto in una meditazione sulla condizione umana, sottolineando come la violenza e il potere, per quanto abbagliano nei momenti di gloria, siano destinati a svanire sotto il peso dell’ineluttabile tempo.

L’opera, consapevole del proprio destino, si rivolge a un pubblico che, pur nutrendo una certa nostalgia per quei tempi lontani, è chiamato a riconoscere che il mondo si evolve e che ogni grande epoca, per quanto memorabile, deve fare i conti con il passare del tempo. In questo senso, “The Alto Knights” non è solo un film, ma una riflessione sul ciclo della vita e sulla capacità dell’arte di raccontare, in modo sublime e commovente, la caducità dell’eroismo e del potere.

Barry Levinson ci regala con “The Alto Knights” un’opera che, pur non raggiungendo le vette narrative di alcuni capolavori recenti, riesce comunque a lasciare un’impronta indelebile.

The Alto Knights
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Opinione finale con voto

Barry Levinson torna con un’operazione vecchio stile, arricchita dal gran ritorno di uno sceneggiatore dell’epoca d’oro dei gangster movie. De Niro riprende a interpretare un doppio ruolo che lo ha reso celebre in tutto il mondo, sebbene il risultato complessivo non raggiunga livelli eccezionali. Sicuramente poteva andare peggio, ma è innegabile che, con una sceneggiatura più solida e un montaggio generale più curato, questo progetto avrebbe potuto trasformarsi in una vera perla del genere.

The Alto Knights non verrà ricordato come altri film del suo stesso filone, ma offre numerosi momenti di grande cinema e, per la maggior parte della sua durata, riesce a intrattenere e coinvolgere lo spettatore. È il figlio di un’epoca che non lo accoglie appieno e, se fosse uscito nel periodo giusto, oggi sarebbe ricordato con più affetto di quanto lo sarà nel 2025.

Voto: 6,5/10

The Alto Knights
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E voi avete visto “The Alto Knights”? Fateci sapere nei commenti cosa ne pensate!

Cliff

Amante della settima arte, cinefilo in tutto e per tutto ma sempre disposto a conoscere cose nuove. Amo particolarmente il cinema di James Gray e ascolto Taylor Swift, i cinecomic Marvel sono la mia kryptonite 👀

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