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The Apprentice – La recensione del nuovo controverso film su Donald Trump! (2024)

“The Apprentice – Alle origini di Trump” è un film diretto da Ali Abbasi (Holy Spider, The Last of Us episodi 1×08-1×09): presentato in anteprima al 77° Festival di Cannes, è uscito nelle sale il 17 ottobre. Noi di Nerd Al Quadrato l’abbiamo visto e siamo qui per dirvi la nostra!

La recensione di “The Apprentice – Alle origini di Trump” sarà strutturata in queste parti: recensione no-spoiler (per chi vuole un primo parere sul film, ma non l’ha ancora visto), recensione spoiler, analisi del finale e concludendo con l’opinione finale riassuntiva.

The Apprentice - La nostra recensione (2024)
Banner ufficiale di “The Apprentice – Alle origini di Trump”.

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Recensione no-spoiler di “The Apprentice – Alle origini di Trump”

The Apprentice – Alle origini di Trump vede nel cast principale Sebastian Stan (Captain America: The Winter Soldier, Fresh, Pam & Tommy) nel ruolo di Donald J. Trump, Jeremy Strong (The Big Short, Succession) nella parte dell’avvocato Roy Cohn e Maria Bakalova (Bodies Bodies Bodies, Guardiani della Galassia vol. 3, Borat 2), la quale interpreta la prima moglie dell’ex-presidente USA Ivana Trump.

Il film percorre una decina di anni dal primo incontro tra Donald Trump e Roy Cohn, illustrando la scalata al potere del primo grazie all’aiuto del secondo, quest’ultimo suo rappresentante legale. I cardini del progetto sono i due attori Sebastian Stan e Jeremy Strong, i quali sorreggono la pellicola con due grandi interpretazioni: Stan nel ruolo di Trump dimostra efficacemente la sua abilità attoriale in una parte più drammatica, passando da un ingenuo e incompetente all’uomo che tutti oggi, nel bene e nel male, conosciamo in maniera assolutamente credibile.

La vera punta di diamante nella pellicola è però Jeremy Strong, il quale nel ruolo di Roy Cohn offre una performance magistrale e multi-sfaccettata: qualunque sia il contesto nel film, Strong lo eleva grazie al suo carisma e al suo talento, passando dalla spietatezza e determinazione a una vulnerabilità la quale rende il personaggio accattivante e impossibile da ignorare; una prova davvero memorabile anche in ottica Oscar. Maria Bakalova nei panni di Ivana Trump è ottima nonostante uno screen-time ridotto, infondendo nella sua prova attoriale un lato comico e fragilità inaspettati.

La regia di Abbasi riesce a ritrarre un’America in perfetto stile anni ’70 e ’80, con scelte stilistiche creative e ricreando i contrasti politici e sociali che hanno da sempre caratterizzato la patria della Grande Mela. La pellicola è inoltre retta da un’ottima sceneggiatura scritta da Gabriel Sherman, il quale documentò come giornalista la campagna elettorale di Donald Trump nelle elezioni del 2016.

The Apprentice – Alle origini di Trump è un biopic atipico, il quale viene sorretto da Sebastian Stan e Jeremy Strong in maniera eccellente: offre uno sguardo inedito e scomodo (forse troppo) su uno degli uomini di potere più controversi di tutta la storia americana, con un lato tagliente e ironico non troppo marcato il quale però, quando colpisce, è sempre a segno.

Voto: 8.5/10

Voto:

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Jeremy Strong (a sinistra) nel ruolo di Roy Cohn e Sebastian Stan (a destra) nel ruolo di Donald Trump in “The Apprentice – Alle origini di Trump”.

Recensione spoiler di “The Apprentice – Alle origini di Trump”

Avviso: la seguente recensione comprende riferimenti a violenza sessuale.

In un’America spaccata da un confronto serratissimo tra Donald Trump e Kamala Harris (vice-presidente dell’uscente Joe Biden) alle presidenziali del prossimo 5 novembre, l’uscita nelle sale di The Apprentice – Alle origini di Trump sembra quasi una calcolata mossa politica. Tuttavia, a prescindere dal contesto storico e culturale del momento, se c’è una cosa sulla quale si può stare certi è che Donald Trump ha sempre qualcosa da dire (clicca qui per leggere l’articolo in lingua inglese): specialmente quando si tratta di una parte della sua vita della quale lui stesso forse si vergogna o, quantomeno, vuole tenere nascosta.

Il film rivela le sue intenzioni già a partire dal suo titolo: Trump è “l’apprendista”, come se avesse imparato da qualcuno ad essere la persona che oggi noi tutti, indirettamente, crediamo di saper conoscere. Dopo un opening che ambienta lo spettatore nella realtà statunitense degli anni ’70 in piena disparità sociale, The Apprentice – Alle origini di Trump si sposta subito su un giovane Donald Trump (Sebastian Stan), offrendo però un ritratto diverso da ciò che ci si potesse immaginare: è insicuro, balbetta ed è a disagio con ciò che lo circonda.

The Apprentice - La nostra recensione (2024)
Donald Trump (Sebastian Stan) in “The Apprentice – Alle origini di Trump”.

Un Trump lontano anni luce da con chi abbiamo a che fare oggi, in grado però di attirare l’attenzione di Roy Cohn (Jeremy Strong): un individuo il quale già dalle prime battute è in grado di far percepire la sua sicurezza e ambizione, oltre che spietatezza. Strong già dai primi secondi nei quali è in scena catalizza l’attenzione dello spettatore tramite il suo magnetismo, rendendosi il personaggio più interessante nella stanza.

L’azienda di famiglia di Trump è nel settore immobiliare e al momento sotto processo per le accuse di discriminazione verso i clienti neri: nel presentare la famiglia Trump, Abbasi con delicatezza riesce a veicolare le dinamiche tossiche che pervadono il rapporti famigliari, soprattutto tra Fred Trump (Martin Donovan) e i figli Donald e Fred Jr.

Dopo essersi offerto per aiutare Fred Trump nel processo, Roy Cohn riesce a difendere con successo il suo cliente ricattando il giudice tramite foto di natura compromettente: Donald è attratto dal successo e potere politico detenuto dall’avvocato e, nella ripetuta mancanza di riconoscimenti e forse affetto famigliare, lo considera come il padre che non ha mai avuto.

Cohn insegna tutto al giovane Trump, cosa dire e non dire al momento opportuno, l’apparire in pubblico e soprattutto le sue tre regole principali: attaccare sempre, mai ammettere di aver sbagliato e reclamare sempre di aver vinto anche nella sconfitta. Nell’entrare nella cerchia esclusiva di Cohn, Trump vede anche ciò che non dovrebbe dietro la facciata del potente avvocato, come la sua omosessualità gelosamente nascosta.

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Roy Cohn (Jeremy Strong) in “The Apprentice – Alle origini di Trump”.

Nel portare avanti i suoi progetti, Donald Trump si serve sempre dell’aiuto di Cohn tramite minacce e manipolazioni per ottenere agevolazioni a livello di tasse: nella costruzione della Trump Tower al posto dell’abbandonato Hotel Commodore riesce ad evitare un pagamento di oltre 160 milioni di dollari a discapito delle persone povere della zona.

La relazione già tesa col padre, ora malato di demenza, si incrina ancora di più, in quanto il figlio è colpevole di non averlo consultato per il progetto della Trump Tower: il punto di rottura definitivo arriva però quando Fred Jr., afflitto da gravi problemi di alcolismo, viene a mancare e Donald Trump cerca di appropriarsi della parte di eredità spettante ai fratelli per pagare i debiti accumulati nel tempo a livello immobiliare.

Nel frattempo il giovane Trump conosce Ivana Zelníčková, la sua prima e futura moglie interpretata da Maria Bakalova: l’attrice bulgara ha un ruolo abbastanza ristretto nella pellicola, ma Abbasi riesce a sfruttarla al meglio grazie al carattere forte della parte e specialmente nelle scene assieme a Sebastian Stan.

Dal lavoro di modella passa ad arredatrice di interni, riscuotendo un grande successo in grado di mettere in ombra lo stesso Trump: quest’ultimo comincia ad avere i primi problemi di peso e calvizie e Stan riesce a esprimere l’insicurezza e la gelosia dell’ex-presidente in maniera brillante e cruda, culminando nella scena dello stupro della moglie. Nel passare da uno stato di arrogante sfacciataggine a scatti di isteria e rabbia, il lavoro di Stan è ammirevole e soprattutto curato nella restituzione della personalità frammentata di Donald Trump e della sua evoluzione caratteriale nel corso del film.

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Maria Bakalova nei panni di Ivana Trump in “The Apprentice – Alle origini di Trump”.

Nell’era reaganiana, Trump è all’apice del suo potere e si fa strada nei suoi progetti con ambizione e spacconeria, oltre che minacce politiche: Roy Cohn è sempre più messo in disparte da Trump stesso, considerandolo inutile ormai al suo scopo. L’avvocato viene poi radiato dall’ordine e contrae l’AIDS, ma pubblicamente continua a negare sia il contagio che la sua omosessualità: nei continui rifiuti da parte di Trump delle sue richieste d’aiuto, il loro rapporto è sempre più deteriorato per arrivare al punto di non ritorno in un confronto pubblico.

È interessante come Abbasi metta in parallelo due trasformazioni completamente diverse nel tempo a livello fisico dei due personaggi: se Donald Trump ingrassa e perde capelli, Roy Cohn al contrario dimagrisce e diventa sempre più emaciato a causa dell’avanzare della malattia; ancora una volta Jeremy Strong cattura lo spettatore tramite una vulnerabilità che spezza in due il personaggio, scoprendone un lato fino ad ora nascosto e che si rivela in una delle scene finali.

Anche a livello tecnico il regista segna il passaggio tra anni ’70 e ’80 mediante dettagli stilistici creativi: se nella parte ambientata negli anni ’70 il film sembra essere girato in pellicola a 16 mm, con l’avanzare della durata il prodotto assume gradualmente un aspetto sempre più analogico fino alla parte ambientata negli anni di Reagan, dove ormai la tv e i media sono ampiamente diffusi e documentano qualsiasi cosa (clicca qui per leggere l’intervista in lingua inglese a Kasper Tuxen, direttore della fotografia del film).

Analisi del finale di “The Apprentice – Alle origini di Trump”

Dopo la morte del partner di Cohn a causa di AIDS, Donald Trump invita Roy in Florida per festeggiarne il compleanno, regalandogli due gemelli di diamanti Tiffany: tuttavia a cena, Ivana rivela all’ex-avvocato che in realtà sono dei zirconi, pietra molto simile al diamante ma di gran lunga meno preziosa.

In uno dei momenti più tristi della pellicola, all’arrivo della torta di compleanno Roy Cohn comincia a piangere consapevole della velata umiliazione da parte di Trump, il quale lo osserva indecifrabile: l’interpretazione di Strong è potente e tragica ma allo stesso tempo contenuta, in un momento di vulnerabilità emotiva espresso in maniera toccante.

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“The Apprentice – Alle origini di Trump”

Cohn muore poco tempo dopo, ma Trump non partecipa al funerale a causa di un intervento di liposuzione e per ridurre la calvizie: nell’incontro finale con il ghostwriter incaricato di redigere la sua autobiografia, alla domanda di elencare le sue regole di vita Donald risponde citando le tre stesse identiche regole di Roy Cohn. Non c’è mai stata una crescita e una maturazione, ma soltanto emulazione da parte di un uomo che maschera la sua profonda insicurezza attaccando sempre per primo, non ammettendo mai i suoi errori e reclamare la vittoria nonostante la sconfitta.

L’inquadratura finale ritrae lo skyline di New York riflesso nell’occhio di Trump, quasi assorto nell’osservare il risultato delle sue vittorie ottenute tramite corruzione, sotterfugi e ricatti: in basso a sinistra la bandiera statunitense è alzata nel vento, in una sorta di monito per l’America contemporanea su chi potrebbe essere davvero Donald Trump (escludendo drammatizzazioni filmiche). In un clima così teso a livello politico, solo il popolo americano può decidere chi sia la persona migliore per guidare il Paese tra i due candidati attuali, sperando nella scelta migliore possibile per tutti.

Opinione finale con voto

The Apprentice – Alle origini di Trump decostruisce il genere del biopic, restituendo l’ex-presidente Trump in una chiave atipica e senza mai sbilanciarsi esplicitamente: la regia di Ali Abbasi e le performance di Sebastian Stan, Maria Bakalova e soprattutto Jeremy Strong elevano il film rendendolo necessario e allo stesso tempo scomodo anche grazie a un’ottima sceneggiatura, la quale al netto di qualche leggero problema di ritmo riesce comunque a colpire al momento giusto quando occorre.

Voto: 8.5/10

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“The Apprentice – Alle origini di Trump”

E voi avete visto “The Apprentice – Alle origini di Trump”? Fateci sapere nei commenti cosa ne pensate!

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