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The Shrouds – La nostra recensione del provocatorio horror di David Cronenberg! (2025)

“The Shrouds” è l’ultima fatica del maestro dell’horror David Cronenberg: presentato in anteprima al 77° Festival di Cannes, è uscito nelle sale italiane il 3 aprile. Noi di Nerd Al Quadrato l’abbiamo visto e siamo qui per dirvi la nostra!

La recensione di “The Shrouds” sarà strutturata in queste parti: recensione no-spoiler (per chi vuole un primo parere sul film, ma non l’ha ancora visto), recensione spoiler, analisi del finale e concludendo con l’opinione finale riassuntiva.

The Shrouds - La nostra recensione! (2025)
The Shrouds

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Recensione no-spoiler di “The Shrouds”

Scritto e diretto da Cronenberg stesso, oltre che essere prodotto anche da Yves Saint Laurent, il film comprende un cast ristretto: Vincent Cassel “L’odio”, “Irréversible”), Diane Kruger (“Troy”, “Bastardi Senza Gloria”), Guy Pearce (The Brutalist) e Sandrine Holt.

La provocazione è il perno attorno a cui ruota il film, in una riflessione su tematiche macabre e trattate da Cronenberg con la sua terribile eleganza: una regia calibrata e lenta e una fotografia sontuosa, in netto contrasto con le atmosfere opprimenti e oscure del prodotto, elevano The Shroudsa un’esperienza visiva tra le migliori nella filmografia del regista.

Il cast è perfettamente in parte e offre prove decisamente sufficienti: Vincent Cassel e Diane Kruger divengono nelle mani di Cronenberg i suoi veicoli credibili nell’esprimere il lutto e l’impossibilità di ricongiungersi con la persona amata, mentre Guy Pearce ogni volta che è sullo schermo ruba la scena col suo carisma.

Al netto di tutti i pregi tecnici e attoriali, il ritmo del film rimane o molto lento, forse troppo: i beat emotivi nella storia sono minimi e gestiti in maniera non sempre ottimale, rischiando di far perdere lo spettatore in un’atmosfera opprimente, sino a diventare quasi noiosa.

“The Shrouds” è un passo in avanti nella giusta direzione rispetto al precedente e sottovalutato “Crimes of the Future”, un buon drama horror decisamente stratificato e sostenuto in gran parte da Cassel e Kruger, sebbene non esente da alcuni problemi di gestione del ritmo e della storia.

Voto: 8/10

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Recensione spoiler di “The Shrouds”

Nessuno conosce il corpo umano a livello filmico quanto David Cronenberg: che siano trasformazioni dolorose o perversioni al limite dell’impensabile, il regista canadese ha sempre saputo giocare con lo spettatore con la maestria di pochi, creando un genere cinematografico come il body-horror che ha saputo regalare film recenti di altissimo livello come The Substance.

“The Shrouds” è un film decisamente personale per Cronenberg, il quale riflette nel protagonista Karsh (Vincent Cassel) ciò che ha provato realmente nel perdere la moglie Carolyn nel 2017. Un prodotto che, seppur terapeutico per il regista, mette in scena concetti delicati come il lutto e la morte tramite il caratteristico charme cronenberghiano impossibile da replicare.

Karsh, dopo la perdita di sua moglie Becca (Diane Kruger), non riesce a elaborarne la tragica scomparsa e crea GraveTech, un’azienda la quale progetta e costruisce delle sorte di tombe virtuali: attraverso uno schermo e un’applicazione per cellulare, i cari possono vedere i corpi dei loro defunti avvolti in sontuosi sudari, mentre vanno decomponendosi col tempo.

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Il cast e David Cronenberg all’anteprima mondiale di “The Shrouds” al Festival di Cannes.

È presente in questo contesto una forte ironia che rasenta il macabro, data soprattutto dalla presenza di un ristorante (il quale proprietario è Karsh stesso) che dà su questo cimitero virtuale: la spettacolarizzazione della morte è portata a un nuovo estremo soprattutto dall’occhio voyeuristico per il perverso, dal quale è impossibile staccare lo sguardo e ne rimane ipnotizzato.

Una fascinazione macabra la quale però per il protagonista va ben oltre la presenza della moglie in una delle sue tombe tecnologiche: Karsh intrattiene infatti un rapporto stretto con la sorella della moglie, Terry (Diane Kruger), identica a Becca nell’aspetto, ma anche con il cognato Maury (Guy Pearce). 

L’ex-marito di Terry, oltre ad aver aiutato Karsh nella progettazione delle tombe a livello informatico, ha anche creato l’intelligenza artificiale Hunny (doppiata da Diane Kruger), la quale gestisce la tecnologia di Karsh tramite voce e fattezze digitali di Becca: per il protagonista è impensabile elaborare la morte della donna non tanto per la natura tragica dell’evento, quanto perché è lui stesso il primo a mettersi in quella posizione perché ne ha reso il suo motivo di vita.

L’impossibilità di andare oltre alla perdita della persona amata sfocia nell’ossessione perversa, uno spettacolare dito medio al “Finché morte non ci separi” dettato dalla tragica necessità di ricomporre un legame ormai perduto. Una decomposizione metafisica la quale stona con la raffinatezza tecnologica e soprattutto con la fotografia patinata di Douglas Koch, immergendo il film in un’atmosfera mortifera e opprimente come i sudari stessi utilizzati per i defunti.

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“Quanto sei disposta ad andare in fondo?”, chiesto da Karsh alla donna con la quale intraprende un appuntamento al buio, suona come un monito ma allo stesso tempo una provocazione irresistibile di Cronenberg verso lo spettatore: è a circa metà film che il mistero si infittisce dopo che alcune specifiche tombe vengono vandalizzate da uno sconosciuto, trasformandosi in un thriller pieno di teorie cospiratorie.

Se da una parte tutti i corpi dei defunti delle tombe distrutte presentano protuberanze sospette le quali all’inizio vengono scambiate per polipi, in realtà sono dei minuscoli trasmettitori di segnale: la trama comincia a ingrossarsi e le teorie sono molteplici. L’oncologo di Becca e suo ex, Eckler, avrebbe potuto usarla a sua insaputa come cavia umana per esperimenti; i sudari fabbricati in Cina potevano essere in realtà una maniera per trafugare i dati dei defunti e renderli informazioni vendibili. 

Aleggia nell’aria opprimente una mercificazione della morte, dove carcasse in lenta decomposizione si uniscono a una tecnologia all’avanguardia, un connubio strano e affascinante quanto terribile: eppure il ritmo decisamente lento sembra un riflesso dell’immobilità del protagonista nelle sue decisioni e azioni, così come nelle relazioni con altre persone.

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Entra in gioco infatti Soo-Min (Sandrine Holt), moglie di un ricco cliente ungherese il quale è anch’esso in fin di vita: Karsh si trova quindi diviso tra un potenziale futuro con Soo-Min dalle basi macabramente discutibili (entrambi legati dalla morte di qualcuno a loro vicino) e un passato che continua a ritornare sia nella realtà con Terry che nell’onirico con Becca, sempre più mutilata nel corpo a ogni sogno.

Tuttavia anche nelle brutali alterazioni corporee e nelle cicatrici di Becca, Cronenberg non esita a raffigurare la donna alla pari di un’inquietante Beatrice dantesca, rendendola irraggiungibile nella sua imperfezione fisica ma comunque bellissima. Terry non può nulla al suo confronto, seppur Karsh intrattenga di buon grado una relazione con lei ma basata su un amore prettamente fondato sulla somiglianza con la moglie morta.

L’uomo e la donna sono comunque legati dalla morte di Becca, in una dinamica sessuale perversa la quale per Karsh ha richiami hitchcockiani, mentre per Terry è in pieno fascino cronenberghiano: la psiche gioca infatti in The Shrouds un ruolo importante, agendo da catalizzatore per mettere a nudo le anime malate, o meglio tormentate, dei due protagonisti.

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Analisi del finale di “The Shrouds”

Le sottotrame si fanno sempre più intricate, in un vortice di rivelazioni che Karsh accoglie con una freddezza e passività inattese: non gli interessa nemmeno più ciò che lo circonda, ma tutto quello che ruota attorno alla GraveTech diventa un pretesto di trama che ricerca il colpo di scena ma senza riuscirci completamente.

Si viene a scoprire dal radiologo di Becca, il dottor Zhao, che i suddetti trasmettitori in realtà sono ritocchi grafici inseriti nelle restituzioni digitali delle salme da qualcuno di molto bravo con l’informatica: il collegamento con Maury è lampante, specie dopo che Terry rivela a Karsh che dietro Hunny non c’è un’intelligenza artificiale ma lo stesso Maury, il quale ha manipolato tramite l’avatar e le sue risposte il protagonista fino a quel momento.

Nell’ultimo incontro con il collega informatico, questo rivela al protagonista che la ragione per cui i cinesi sono interessati in GraveTech e nella produzione dei sudari sta nella costruzione di un sistema di sorveglianza globale tramite i cimiteri. Rivelazione che Karsh accoglie con freddezza, quasi con divertimento mentre le racconta a Terry con una complicità carica di una seduzione malata.

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Karsh ritorna nel cimitero dopo che le tombe vandalizzate sono state riparate: nella tomba di Becca si accende il pannello dedicato alla visuale del suo futuro sudario e, con orrore, si accorge che è presente un modello in computer grafica di Eckler. Un ultimo scherzo forse di Maury, in una persecuzione psicologica del protagonista che decide di lasciarsi alle spalle tutto per trasferirsi a Budapest con Soo-Min.

Nel viaggio in aereo, Karsh si risveglia e si ritrova davanti la donna mutilata allo stesso modo di Becca: per quanto lui cercherà di andare avanti, non riuscirà mai a liberarsi del peso opprimente nel proprio cuore causato dalla perdita della moglie, accettando l’eterno fardello. Karsh e Soo-Min si baciano in un quadro macabro e allo stesso tempo tenero, con la consolazione che verranno seppelliti assieme nel nuovo stabilimento della GraveTech.

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Opinione finale con voto

“The Shrouds” è un’interessante e provocatoria riflessione sul lasciar andare il proprio amato e come fare i conti con il lutto, con al suo interno una moltitudine di tematiche approfondite a dovere in pieno stile cronenberghiano. Vincent Cassel e Diane Kruger sorreggono una pellicola registicamente pulita e dal reparto tecnico ottimo, ma una lentezza a tratti esasperante e alcuni difetti di trama a livello gestionale frenano il prodotto dall’essere un grande film.

Voto: 8/10

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