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The Summer Book – La nostra recensione del nuovo film con Glenn Close al TFF 42! (2024)

“The Summer Book”, diretto da Charlie McDowell, è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo del 1972 di Tove Jansson, considerato uno dei capolavori della letteratura finlandese. Presentato fuori concorso al 42 TFF, il film racconta di un’estate cruciale per Sophia, una bambina di otto anni, vivace e curiosa, che trascorre il tempo con suo padre, ancora immerso nel lutto per la perdita della moglie, e con sua nonna, un’anziana donna caparbia che cerca di riscoprire la vitalità proprio mentre sente avvicinarsi la fine.

McDowell traduce con delicatezza l’atmosfera sospesa e malinconica del romanzo, lasciando spazio a una narrazione che celebra l’amore, la perdita e la natura ciclica della vita. Noi di Nerd Al Quadrato l’abbiamo visto e siamo qui per dirvi la nostra!

La recensione di “The Summer Book” sarà strutturata in queste parti: recensione no-spoiler (per chi vuole un primo parere sul film, ma non l’ha ancora visto), recensione spoiler, analisi del finale e concludendo con l’opinione finale riassuntiva.

The Summer Book
“The Summer Book”

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Recensione No-Spoiler di “The Summer Book”

Se volessimo paragonare il libro con il film, rimarremmo sicuramente soddisfatti: le vicende di Sophia e della sua famiglia, frammentate in piccole novelle in ogni capitolo del romanzo, sono trasposte con cura sullo schermo, mantenendo intatta l’essenza poetica e riflessiva dell’opera originale.

La sceneggiatura di Robert Jones rispetta pienamente lo stile di Tove Jansson, con quei dialoghi brevi, a volte ironici, altre volte drammatici, sempre lasciati alla libera interpretazione dello spettatore, ma con un profondo significato dietro. McDowell, dal canto suo, offre una regia essenziale, pulitissima, che esalta la natura: non è solo uno sfondo, non è solo un contorno, ma una parte viva, pulsante, che riflette e accompagna i personaggi, la storia, le emozioni.

Il muschio, il pioppo che cresce, il fuoco scoppiettante, la tempesta. Ogni elemento è lì, convive con i protagonisti, li rappresenta. Ma non solo metaforicamente: una delle scene più emozionanti è quella in cui i sospiri della nonna, interpretata magnificamente da Glenn Close, si fondono con il ritmo delle onde, come se fossero un tutt’uno, come se lei fosse già parte della natura stessa.

Ma la natura non è il centro, è solo il mezzo. Il centro sono loro: i tre protagonisti, ciascuno con una lotta interna che si porta dietro, che tenta di risolvere, a volte coinvolgendo gli altri, a volte isolandosi. E lavorano, lavorano tanto, come se il lavoro fosse l’unico modo per andare avanti, per sentirsi vivi.

Il rapporto che si va a creare tra la nonna e Sophia è particolarmente interessante per studiare i pensieri e le visioni di un anziano verso un giovane, e viceversa (ma tutte le relazioni che si instaurano nel corso del film, in generale, sono interessanti). Il confronto con “The Substance” mi è venuto naturale mentre si esplorava la loro relazione: tra Sparkle e Sue c’era caos, invidia, ossessione, odio; qui, invece, c’è quiete, accettazione, c’è l’ammissione della propria età e della propria vita.

Un’opera che merita di essere vista per immergersi in un mondo di leggerezza e quiete che McDowell riesce a raccontare perfettamente, insieme alla vita, la perdita, l’amore, quel legame radicato e indissolubile che abbiamo con la natura.

Voto: 8/10

The Summer Book
“The Summer Book”

Recensione Spoiler di “The Summer Book”

“The Summer Book” è uno dei rari film recenti che non punta ai giovani, ma si rivolge agli adulti, anzi, agli anziani. La storia non si concentra tanto su ciò che Sophie vive, ma su ciò che la nonna dolce e saggia le insegna, su quei frammenti di saggezza che trasmette, sulla malinconia dell’età avanzata, sulla consapevolezza che tutto sta per finire, che ciò che è stato non tornerà mai più.

Avete presente quel momento in cui si sta piangendo ma, per non far rumore, ci si trattiene, inspirando dal naso e producendo quel suono tremolante e bagnato? Ecco, durante la proiezione, la sala era piena di quel rumore. Ho capito che il motivo per cui io non fossi altrettanto commosso era semplice: io non sono la nonna. Quei giornalisti che non riuscivano a smettere di piangere, loro invece sì. Loro sono le persone a cui manca la giovinezza, i ricordi più belli, e che ora accettano in silenzio la triste, inevitabile fine del ciclo della vita.

Ma la nonna non si arrende. Gli ultimi mesi della sua vita vuole viverli, e viverli intensamente: vuole fumare, vuole tuffarsi in mare, scolpire il legno con coltelli più grandi di lei, esplorare le isole vicine (anche se private) come fosse ancora bambina, ma soprattutto vuole stare con Sophie, la sua nipotina, quella piccola incarnazione della giovinezza che sembra quasi il suo riflesso più giovane.

Il tema della scoperta è centrale per il suo personaggio: attraverso di esso, vediamo la sua lotta contro la depressione legata alla vecchiaia. Una donna che, per provare ancora qualcosa di autentico, si è ritirata su un’isola, allontanandosi dalla frenesia della società, ma che ora si rende conto di non riuscire più a vivere quelle sensazioni che un tempo le riempivano la vita. Sophie diventa così il suo testimone, il suo tramite per rivivere, in parte, quelle emozioni.

L’isolamento, però, non riguarda solo lei. Anche il padre di Sophie incarna questa caratteristica, un ruolo minore ma che Anders Danielsen Lie riesce a rendere indimenticabile, con una forza silenziosa e commovente. Quando scopriamo che il vero motivo della visita alla nonna è elaborare il lutto per la moglie, l’isola si trasforma: diventa un rifugio, un luogo di introspezione, una sorta di paradiso naturale dove i personaggi (e noi spettatori) possono lasciarsi andare, sfogarsi, accompagnati da una colonna sonora delicata, quasi cullante.

Ogni scena, ogni storia, ogni intreccio arricchisce il film: dal gatto Moppy regalato dall’enigmatico Erikkson, alla visita al faro abbandonato, alle barche intagliate, fino all’intrusione sull’isola dei Malander. L’arcipelago diventa una terapia, un balsamo per l’anima, con la natura che ora accoglie e consola, ora scuote e mette alla prova. Il mare, sempre presente, sembra essere un personaggio a sé, onnisciente e onnipresente.

The Summer Book
“The Summer Book”

Analisi del finale di “The Summer Book”

Sophie e suo padre lasciano l’isola, segno che il loro percorso di guarigione è completo. Ora possono tornare alle loro vite, andare avanti. Durante l’estate, il padre ha realizzato una raccolta di disegni che racconta il loro soggiorno: un montaggio veloce e commovente ci mostra queste immagini, un tributo a ciò che è stato, un “The Summer Book” tangibile.

La nonna, invece, comprende che il suo percorso è davvero giunto alla fine. Non c’è paura, non c’è tristezza, solo accettazione. Quando sente quello che sembra essere il motore della barca di Erikkson, spera quasi di poterlo rivedere, ma si rende conto che quel suono non è altro che il battito accelerato del suo cuore. Sugli scogli, tra muschio e alghe, esala il suo ultimo respiro, felice di sapere di aver dato tutto ciò che poteva a Sophie, lasciandole non solo ricordi materiali, ma anche quelli immateriali: i tuffi, i fiori, la “foresta magica”.

Durante i titoli di coda, vediamo dei video reali d’archivio di Tove Jansson: lei è sull’isola, che porta i panni in casa, accende il fuoco, cammina sugli scogli, ammira il mare. Una sequenza inaspettata che ci ricorda il profondo legame tra l’autrice e i temi del suo libro, la sua gioia nel luogo che le ha dato l’ispirazione e la forza per scrivere questo libro.

Opinione finale con voto

“The Summer Book” è un film apparentemente leggero ma ricco di significato tra le sue righe, che parla di vita, natura, ricordi, famiglia. McDowell dirige con intelligenza e sensibilità, regalandoci un’opera commovente, piena di simbolismi e personaggi indimenticabili. Un’ode alla bellezza della vita e al legame indissolubile con la natura.

Voto: 8/10

“The Summer Book”

E voi vedrete “The Summer Book”? Fateci sapere nei commenti cosa ne pensate!

Ward

Nel tempo libero recito il ruolo di critico cinematografico per NerdAlQuadrato. Attore di teatro, doppiatore, nerd a 359° ma soprattutto, fin da bambino, amante del cinema. Sono onnivoro di generi, è facile accontentarmi ma difficile farmi cambiare idea da quanto son testardo. L'egocentrismo del cinefilo alla fine presuppone che abbiam ragione su tutto. P.S. Non son cristiano, ma le sceneggiature di Tarantino son la mia Bibbia.

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