Wolfwalkers: Il popolo dei lupi – La nostra recensione del film di Tom Moore! (2024)
Oggi, 30 ottobre, ricorre il quarto anno dall’uscita nelle sale cinematografiche di “Wolfwalkers – Il popolo dei lupi”, terzo film per la regia di Tom Moore, prodotto dal suo piccolo studio di animazione indipendente Cartoon Saloon. Arrivato in Italia solamente l’11 dicembre 2020 su Apple TV+, il lungometraggio, “Wolfwalkers”, è stato candidato agli Oscar nella categoria miglior film d’animazione, dove si è dovuto arrendere al “Soul” di Pete Docter. In occasione della ricorrenza, noi di Nerd Al Quadrato siamo qui per dirvi la nostra!
La recensione di “Wolfwalkers: Il popolo dei lupi” sarà strutturata in queste parti: recensione no-spoiler (per chi vuole un primo parere sul film, ma non l’ha ancora visto, essendo un film piccolo e sconosciuto ai più), recensione spoiler e analisi del finale, concludendo con l’opinione finale riassuntiva.
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Recensione No-Spoiler di “Wolfwalkers – Il popolo dei lupi”
Tom Moore e Ross Stewart ci presentano una versione seicentesca della cittadina irlandese di Kilkenny, caduta da poco sotto il protettorato inglese. Superstizione, magia, giustizia arbitraria e un profondo sentimento antinglese sono, quindi, all’ordine del giorno; inoltre l’ambientazione storica coincide con il periodo del puritanesimo, per cui, nei territori sotto la corona inglese, la vita è dominata dall’austerità, dal lavoro e dalla preghiera.
La famiglia Goodfellowe ha recentemente subito una grave perdita, quella della madre della piccola Robyn. La bambina, perciò, cresce seguendo le orme del padre, Bill, un cacciatore di alto profilo. Quando il Lord Protector chiede all’uomo di sterminare la popolazione di lupi che abita i boschi vicino Kilkenny, lui non può che accettare. Così, padre e figlia si trasferiscono nel villaggio rurale della campagna irlandese.
Un giorno, Robyn sceglie di seguire furtivamente il padre in una battuta di caccia nella foresta. Lì si imbatte per la prima volta in Mebh, una wolfwalker: una bambina che da sveglia possiede sembianze umane, mentre diventa un lupo quando si addormenta. Tra le due, presto, nascerà una fortissima complicità, che le permetterà di compiere grandi avventure.
La regia minuziosa e impeccabile di Moore e Stewart, supportata dalla scrittura di altissimo livello di Will Collins, trasporta perfettamente lo spettatore nell’Irlanda seicentesca, in un paesaggio a dir poco suggestivo, dove la natura e i suoi colori fanno da padrone. Si tratta di una natura che rimanda fortemente a quella dell’amato regista giapponese Hayao Miyazaki: selvaggia, intrisa di elementi folkloristici e simbolo di libertà e purezza. A essa si contrappone una città claustrofobica, con una vita fatta di chiusure mentali e di regole che stanno strette, che sanno di prigione. Di questo discorso ne parleremo meglio nella parte spoiler.
L’animazione è sensazionale, splendida. I disegni realizzati a mano già di per sé hanno una grande magia, una grande forza evocativa, ma nelle mani di Moore e Stewart diventano un gioiello prezioso, in grado di suscitare terrore, sgomento, tristezza e felicità. In generale c’è un’attenzione scrupolosa verso qualsiasi cosa, persino gli stati d’animo dei personaggi, la cui incertezza, per esempio, viene resa perfettamente tramite una leggera diminuzione del frame rate.
Non saranno lo Studio Ghibli e Hayao Miyazaki, ma Tom Moore e il suo Cartoon Saloon hanno trovato il modo per raccontare delle storie semplici in modo fresco e nuovo, rendendo originali diversi stilemi classici, creando delle opere profonde con dei forti messaggi di critica sociale adatti a tutti le età, e per questo meritano decisamente più visibilità.
Voto: 10/10
Recensione Spoiler di “Wolfwalkers – Il popolo dei lupi”
“Perché vuoi tanto essere un’umana? Essere un lupo è molto meglio” dice Mebh, la bambina co-protagonista del film, all’amica Robyn. Nessuna frase potrebbe descrivere meglio il contenuto del film di Tom Moore e Ross Stewart.
L’ambientazione seicentesca di “Wolfwalkers” viene, infatti, sfruttata dai due registi per creare un parallelismo efficace tra la nostra società e quella del diciassettesimo secolo. Le domande che sorgono da questo paragone sono diverse, una su tutte: chi è realmente peggio? In questi quattrocento anni di distanza, da un lato abbiamo superato la religione e la superstizione grazie a un enorme progresso tecnologico, dall’altro, però, fondamentalmente continuiamo a comportarci come i nostri antenati, nonostante in coscienza sappiamo che le nostre azioni siano sbagliate: continuiamo a disboscare ettari su ettari di boschi; cacciamo animali solo per il gusto di farlo; causiamo l’estinzione di altre specie e spesso sminuiamo la figura della donna.
A questo punto, viene quasi da chiedersi se ci sia davvero stata un’evoluzione dell’uomo. Insomma, sono aumentate la consapevolezza e la conoscenza degli argomenti, ma le barbarità e gli errori continuano a ripetersi. “La foresta sta diventando sempre più piccola“ dice Robyn a Mebh, una frase che sicuramente continuano a ripetersi con sconforto gli indigeni dell’Amazzonia e alcune tribù africane nel 2024.
Per il resto, la storia raccontata è abbastanza semplice e dalla struttura narrativa forse troppo classica; tuttavia, essa possiede una forza di impatto straordinaria. La scrittura è profonda, toccante e in grado di suscitare tante riflessioni interessanti su temi importanti (discorso che vale anche per il pubblico di piccola età). Il punto di forza del racconto sono sicuramente i personaggi, in particolare le due protagoniste: Robyn e Mebh, due bambine adorabili, che simboleggiano la purezza dell’animo infantile e il suo ardore, il suo coraggio, che viene spesso e volentieri sottovalutato dagli adulti.
Decisamente ottima è anche la caratterizzazione del Lord Protector (che sarebbe poi Oliver Cromwell), un personaggio malvagio, schietto e dalla personalità ben definita; le sue sequenze sono spesso accompagnate dall’uso di un rosso intenso, specie per le fiamme, che evoca un forte senso di paura e di pericolo.
Questa scrittura di buon livello viene supportata da una regia visionaria e unica. Particolarmente degne di nota sono le meravigliose sequenze in soggettiva della versione animalesca di Robyn, che mettono in risalto le profonde differenze tra la percezione della realtà da parte dei lupi e da parte degli umani. Un altro esempio della potenza registica e visiva di “Wolfwalkers – Il popolo dei lupi” si riscontra verso il finale, quando le due anime, le due essenze di Mebh e Robyn trascendono in una dimensione onirica e, per mezzo della magia, quasi si fondono, dando vita all’incantesimo che salverà la vita della madre di Mebh.
Si tratta, infine, di una regia molto attenta nei confronti delle emozioni e degli stati d’animo dei personaggi della storia, che riesce a farne trasparire pienamente le incertezze nei movimenti, le insicurezze e le angosce, permettendo allo spettatore – piccolo o grande che sia – di empatizzare al massimo con i protagonisti della materia narrata.
Analisi del finale di “Wolfwalkers – Il popolo dei lupi”
Anche il finale di “Wolfwalkers – Il popolo dei lupi” presenta dei significati simbolici e delle metafore nascoste, ma andiamo con ordine.
L’ultimo atto ha inizio con una presa di potere da parte del Lord Protector, a seguito della fuga di Robyn e della madre della di Mebh. Questi prende il suo esercito, munito di cannoni, e inizia a marciare minacciosamente verso la foresta. Nel disperato tentativo di salvare sua figlia, Bill finisce per uccidere la mamma di Mebh, peggiorando ancor di più le cose. Robyn, infatti, sceglie di “trasformarsi” e seguire il branco nelle profondità della foresta. Incredulo, il padre si accascia a terra, con il corpicino della figlia tra le braccia.
Per questa esitazione e per la “mancanza di coraggio”, Cromwell lo incatena, rendendolo di fatto inutile, e continua a bruciare il bosco, albero dopo albero, fino a giungere alla tana dei lupi. Lì avviene un durissimo scontro con Robyn, da cui la ragazzina esce dolorante. Ancora una volta, spinto dall’amore paterno e dalla volontà di non perdere la sua prole, Bill dà il tutto per tutto, finendo persino per diventare un wolfwalker. Si accende, così, un duello all’ultimo sangue, da cui Goodfellowe ne esce vincitore, divenendo in seguito parte integrante del branco.
Questa conclusione di “Wolfwalkers” può essere letta come un’allegoria della natura e della libertà che vincono sull’umanità avida e deplorevole. Oppure, potrebbe essere vista come lo scontro tra due diverse concezioni dell’umanità: da una parte, una versione che, prima che sia troppo tardi, prende coscienza degli errori compiuti, si risveglia dal sonno della cupidigia e cerca di rimediare ai propri sbagli, mentre dall’altra abbiamo una versione reazionaria, che vede il genere umano come la specie dominatrice del globo terracqueo, con tutto il diritto di costruire, sterminare, bruciare e dominare.
Opinione finale con voto
Riassumendo il tutto, “Wolfwalkers – Il popolo dei lupi“ è un film dalla storia semplice, ma ricco di profonde riflessioni, metafore e parallelismi. Come spesso accade, è un film animato per bambini, ma con una simbologia e una poetica più vicina alla comprensione degli individui adulti.
I disegni in 2D e la grafica sono stupendi, nonché dotati di una grande forza evocativa che viene lavorata da Tom Moore e Ross Stewart, oltre chiaramente al team di animatori, per produrre un’opera dalla bellezza visiva stupefacente. Le emozioni e i sentimenti vengono esasperate da un eccellente uso del colore e dalla fluidità dell’animazione.
Riprendendo la visione selvaggia e vivida della natura del maestro Hayao Miyazaki e dello Studio Ghibli, Tom Moore e Cartoon Saloon criticano l’umanità capitalistica e avida, anche se in modo meno acceso, in pieno stile irlandese e con un tono fresco, che rinnova e ammoderna il 2D.
Voto: 10/10
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E voi avete visto “Wolfwalkers – Il popolo dei lupi”? Fateci sapere nei commenti cosa ne pensate!