EL CONDE – LA NOSTRA RECENSIONE! (2023)
Presentato in anteprima a Venezia 80, “El Conde” è il nuovo film di Palbo Larraìn (Spencer, Jackie) dove Augusto Pinochet non è morto. In realtà è sempre stato un vampiro e oggi, per la prima volta, comincia a sentire il peso dell’età e della responsabilità per le atrocità commesse. Dopo 250 anni, Pinochet ha finalmente deciso di passare a miglior vita una volta per tutte. Un film con un soggetto veramente interessante ma non viene sfruttato al meglio. Scoprite con noi di NerdAlQuadrato il motivo per cui El Conde è un film tanto interessante quanto difettoso nella nostra recensione!
Chi ci segue sa già che la recensione di “El Conde” sarà divisa in diverse categorie: la parte no-spoiler, la parte spoiler,la parte dedicata ai personaggi e al cast, un ulteriore paragrafo dedicato all’aspetto tecnico e infine l’opinione finale con voto.
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Recensione No-Spoiler di El Conde
Il film si apre con un prologo che ci presenta il dittatore come un vampiro in piena regola: gli dà origini francesi e lo segue attraverso i secoli, sempre in cerca di soldi, potere e belle donne. Arrivati a questo è chiaro che Larraìn ha un feticismo per gli spettri del passato, Jackie Kennedy in Jackie, Pablo Neruda in Neruda e Lady D in Spencer, spettri che sono un tassello fondamentale della narrazione.
Qui però decide di cambiare il suo schema narrativo sperimentando sull’horror gotico, ed è proprio qui che il film inizia a mostrare i suoi difetti, la sceneggiatura scritta insieme a Guillermo Calderon è più un regalo che si è fatto Larraìn per sè che per il suo pubblico, infatti la poca familiarità con questo genere si inizia a percepire dai toni del film non sempre ben gestiti. Personalmente le battute sono poco incisive, troppo articolate e fin troppo prolungate.
Due elementi hanno sempre contraddistinto i film di Larraìn; la capacità di esplorare il soggetto, senza mai essere banale, non dimenticando mai nulla esplorando per bene tutte le sfumature ma senza far mai rivelare un parere personale su quest’ultimo; e il suo splendido e curatissimo lato tecnico. Il problema è che in El Conde il primo vacilla quasi sempre, mentre il secondo resta tale e quale, ma per lo spettatore resta solo quello. Il bianco e nero di Ed Lachman è un ottima scelta per raccontare questa storia, buona anche la messa in scena dettagliata con vari richiami a Nosferatu,Vampyr e La passione di giovanna d’arco.
Tutti richiami che affascinano ma per il resto, il nulla. Il problema di El Conde è che non funziona nella sua totalità, non succede mai nulla di interessante, il finale prova a salvarsi, creando una specie di situazione tutti contro tutti, ma fallisce miseramente. L’idea di base è molto interessante, pensare che l’allegoria del vampiro e del mostro sia non solo simbolo di una forza che succhia linfa vitale dagli altri per diventare più forte ma soprattutto emblema di un’immortalità data dall’impunità di Pinochet, ma non è sviluppata bene. Avrebbe potuto approfondire i temi del potere, della memoria, della politica e della famiglia.
Voto: 6/10
Recensione Spoiler di El Conde
Quando raggiunge i duecentocinquant’anni di vita, Pinochet decide di smettere di nutrirsi di sangue e cuori e abbandonare così l’immortalità: non sopporta più di essere ricordato come un furfante e un assassino. Sulla sua isola si presentano i suoi figli, ansiosi di mettere le mani sulle immense ricchezze segrete che Pinochet ha sottratto alla legge (e che credevano di non poter mai ereditare: i figli, a differenza del protagonista, non sono dei vampiri e quindi non hanno il dono della vita eterna, anche se sono dei ‘succhiasangue’ avidi di denaro nel senso più dispregiativo del termine) ma con loro arriva anche una giovane suora inviata dalla Santa Chiesa.
La ragazza ha il compito di eliminare Pinochet, ma la satira di Larrain non risparmia nemmeno la chiesa e nel corso della storia anche la suora si innamorerà del dittatore vampiro (e dei suoi soldi), scatenando un finale tutti contro tutti in cui l’autore coinvolgerà anche Margaret Tatcher: a sorpresa, infatti, nel mondo di El Conde la Tatcher è la madre di Pinochet, metafora di come il governo Tatcher in passato si sia schierato a difesa di Pinochet.
Personaggi e Cast
I personaggi sono sì ben fatti nel loro insieme ma sono abbastanza dimenticabili tranne alcuni che si contano sulle dita di una mano. Nota a favore però per Jaime Vadell che nei panni di Pinochet è perfetto. La suora di Paula Luchsinger, con gli occhi da folle (la più invasata di tutti, che ricorda moltissimo Renée Falconetti la Giovanna d’Arco del film di Dreyer), è inquietante quasi quanto Pinochet.
Ottimi anche Gloria Münchmeyer nel ruolo della moglie Lucia,colei che, come scopriamo nel film, in realtà gli ha dato tutte le idee più sanguinose, e Alfredo Castro nei panni del torturatore di professione Fyodor Krassnoff. I figli sono personaggi praticamente inutili , con o senza, il film sarebbe andato avanti lo stesso, certe volte sono molto irritanti e le loro azioni sono insensate.
Aspetto tecnico
El Conde è un film che si distingue per il suo aspetto tecnico, in particolare per la fotografia, il montaggio e gli effetti speciali. La fotografia di Edward Lachman, noto per le sue collaborazioni con Todd Haynes, crea un’atmosfera cupa e spettrale, giocando con le luci e le ombre, i colori e i contrasti.
Il montaggio di Sofía Subercaseaux, abituale collaboratrice di Larraín, incrocia le scene presenti con i flashback che rievocano la storia del conte fino ai giorni nostri, mostrando i suoi crimini. Il montaggio usa anche dei tagli netti e improvvisi per creare degli effetti comici o sorprendenti.
Gli effetti speciali di Juan Cristóbal Hurtado rendono credibili e impressionanti le scene di violenza e di trasformazione del protagonista, che si nutre di sangue umano e assume sembianze mostruose. Gli effetti speciali sono realizzati con una combinazione di tecniche digitali e pratiche, usando il trucco, il sangue finto, le protesi e le lenti a contatto.
Opinione finale con voto
El Conde, escludendo il ben fatto prologo ha ben poco da offrire. La narrazione procede senza una direzione precisa, riducendo il male a una forza debole, innocua e banale, in contrasto con lo stile di Larraìn. Questo fa perdere interesse per un prodotto che ha solo parzialmente raggiunto il suo potenziale, basato su una sceneggiatura che parte da un’ottima idea ma che non la sviluppa o approfondisce come dovrebbe.
Per quanto sia uno dei film più tranquilli e divertenti di Pablo Larraìn è uno dei suoi prodotti meno riusciti. Non riesce mai a raccontare e a plasmare personaggi profondi e contesti politici in bilico. Resta l’amaro in bocca per le quasi 2 ore di durata che non si fanno sentire, ma lasciando un profondo vuoto a fine visione. Azzarderei dire che una durata ridotta (massimo 1 ora e 20 o e 30) avrebbe giovato alla pellicola.
Resta comunque un ottimo prodotto sul lato visivo dal bianco e nero, alle scene di volo e le location angoscianti e grottesche nel loro insieme, ma pomposo in certi punti, ottimo nell’intento citazionista ma in certi sembra viaggiare su un altro piano rispetto alla trama del film.
Voto: 6/10
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